L’antisemitismo avanza, sulla scia delle teorie complottiste
Nel 2022 sono aumentati i casi di discriminazione contro la comunità ebraica nella Confederazione, favoriti anche dalla diffusione incontrollata dei social media.
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tvsvizzera.it/spal con Keystone-ATS
L’ultima riferita allo scorso anno, pubblicata martedì, indica che si sono verificati 910 episodi, di cui la stragrande maggioranza sul web (853, +6%). Altri 57, contro i 53 del 2021, si sono invece verificati nella vita reale.
Dal rapporto odierno emerge come il 75% (+24%) degli episodi osservati online siano da far risalire al servizio di messaggistica Telegram, il social preferito dai complottisti antisemiti e in forte crescita.
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Le ragioni di tale incremento sono da un lato la mancanza di moderazione e sanzioni da parte dei gestori della piattaforma, carenze già criticate negli anni precedenti. Dall’altro, a colpire è l’attività senza pause degli autori indefessi di queste discriminazioni sulla rete sociale.
Il contributo della pandemia
In passato si era già giunti alla conclusione che la pandemia avesse dato una spinta alle teorie cospirative antisemite (come quella nota del Protocollo dei Savi di Sion, rivelatosi un clamoroso falso architettato durante la Russia zarista.
Gli analisti si sono accorti che dal terreno di coltura dell’opposizione alle misure statali anti-Covid, in Svizzera è nata un’ideologia ispirata a teorie cospirative di ogni genere, un fenomeno che la guerra in Ucraina non ha fatto altro che alimentare.
Secondo l’indagine, ciò che accomuna i membri di questi gruppi è la persuasione che dietro a tutto ci sia un potere segreto che vuole dominare, schiavizzare o sterminare l’umanità. Tale potere segreto viene inteso come una piccola élite politica e finanziaria dai molti volti e viene subito fatto il collegamento con gli “ebrei”, spiegano gli autori. Una trama purtroppo già vista nel secolo scorso.
Meno casi nella vita reale
Nel mondo reale la situazione e differente, con poco più di un episodio antisemita alla settimana, che in genere assume la forma di dichiarazioni xenofobe, insulti o diffamazioni.
Per la prima volta dal 2018 è però stata segnalata pure un’aggressione fisica (per fortuna dalle conseguenze circoscritte): in febbraio, a Zurigo, un uomo ebreo che indossava la kippah – il copricapo circolare distintivo della religione – si è visto lanciare alle spalle un vasetto di yogurt da quattro giovani.
Gli estensori del rapporto chiedono poi un coinvolgimento dello Stato nel monitoraggio di antisemitismo e razzismo. A loro giudizio infatti questi compiti non possono essere di esclusiva responsabilità di organizzazioni e associazioni non governative.
Concretamente, andrebbero esaminati gli strumenti legali per censire e contenere i discorsi d’odio. I politici dovrebbero influenzare social media e piattaforme, Telegram su tutti, per impedire la diffusione di questi messaggi contro le minoranze. Inoltre, il Parlamento dovrebbe mettere al bando i simboli nazisti.
Da notare come il sondaggio, condotto dalla Federazione svizzera delle comunità israelite e dalla Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo, si sia concentrato sulle regioni tedescofone, italofone e romance (simili a quella ladina) del Paese. Per la Romandia, una statistica a parte è invece stata confezionata dal Coordinamento intercomunitario contro l’antisemitismo e la diffamazione (CICAD), che riferisce di 562 casi nel 2022.
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