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Sei giorni che cambiarono il mondo

Il 5 giugno del 1967, alle 7.45 del mattino, l’aviazione israeliana sferra senza preavviso un attacco contro le basi aeree egiziane e siriane, annientando quasi completamente l’aviazione dei due paesi. È l’inizio della Guerra dei sei giorni, le cui conseguenze si fanno sentire ancora oggi.

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Per gli arabi i sei giorni di guerra che contrapposero Israele a Egitto, Siria e Giordania sono passati alla storia come An-Naksah, “la sconfitta”, un termine che la dice tutta sul peso che questo conflitto ha per la regione.

Bastano alcune cifre per rendersi conto dell’entità della disfatta subita dalle forze armate dei tre paesi. Nello spazio di poche ore, l’aviazione egiziana vide distrutti 286 dei 420 aerei da combattimento di costruzione sovietica. I quattro paesi arabi persero 21’000 uomini, altri 45’000 furono feriti e 6’000 fatti prigionieri, stando a delle stime. Secondo i dati ufficiali, Israele perse invece appena 679 uomini. Davide aveva vinto contro Golia.

Ma soprattutto il giovane Stato israeliano era riuscito a triplicare il suo territorio, conquistando le alture del Golan, il Sinai, la striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme-Est. 

Moshe Dayan e Yitzak RAbin attraversano la Porta dei Leoni per entrare nella città vecchia di Gerusalemme.
Una delle immagini simbolo della Guerra dei sei giorni: il brigadiere Uzi Narkiss (a sinistra), attraversa la Porta dei Leoni per entrare nella città vecchia di Gerusalemme accompagnato dal ministro della difesa Moshe Dayan (al centro) e dal capo di Stato maggiore Yitzak Rabin. Keystone


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