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Mattarella convoca Mario Draghi al Quirinale

Sergio Mattarella
Keystone / Alessandro Di Meo / Pool

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato per mercoledì mattina al Quirinale il professor Mario Draghi. Lo ha detto il portavoce del presidente della Repubblica, Giovanni Grasso.

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha dunque fatto appello alle forze politiche perché conferiscano la fiducia ad un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica. E a capo di questo governo, il presidente della Repubblica vorrebbe l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi.

No se possibile alle elezioni anticipate

“Ci troviamo nel pieno della pandemia. Va ricordato – ha sottolineato Mattarella – che le elezioni non consistono solo nel giorno in cui ci si reca a votare ma includono molte e complesse attività precedenti. Inoltre la successiva campagna elettorale richiede incontri, assemblee, comizi” dove “è impossibile mantenere i necessari distanziamenti”.

In altri Paesi – ha aggiunto il presidente della Repubblica – in cui si è votato obbligatoriamente si è verificato un grave aumento dei contagi, e questo fa riflettere se pensiamo a tante vittime che ancora oggi continuiamo a registrare”. Per Sergio Mattarella dunque le elezioni anticipate non è la migliore opzione.

Tutto questo dopo che il Presidente della Camera Roberto Fico, al termine del colloquio con Sergio Mattarella, ha confermato che allo stato attuale permangono distanze alla luce della quali non non è possibile per dare vita alla maggioranza. 

Ecco il discorso del presidente della Repubblica:

“Ringrazio il presidente della Camera dei deputati per l’espletamento impegnato, serio e imparziale del mandato esplorativo che gli avevo affidato. Dalle consultazioni al Quirinale era emersa come unica possibilità di governo a base politica quella della maggioranza che sosteneva il governo
precedente. La verifica della sua concreta realizzazione ha dato esito negativo”. 

“Vi sono adesso due strade fra loro alternative: dare immediatamente vita a un governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti, sanitaria, sociale, economica-finanziaria, ovvero quella di immediate elezioni anticipate. Questa seconda strada va attentamente considerata perché le elezioni rappresentano un esercizio di democrazia. Di fronte a questa ipotesi ho il dovere di porre in evidenza alcune circostanze che oggi devono fare riflettere sull’opportunità di questa soluzione”.

“Ho il dovere di sottolineare come il lungo periodo di campagna elettorale e la conseguente riduzione dell’attività di governo coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia”. 

“Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti. Questo richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni, per adottare i provvedimenti via via necessari, e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale. Lo stesso vale per lo sviluppo decisivo della campagna di vaccinazione, da condurre in stretto coordinamento fra lo Stato e le Regioni”.

“Sul versante sociale, fra l’altro, a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti, e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale”.

“Entro il mese di aprile va presentato alla Commissione europea il piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei ed è fortemente auspicabile che questo avvenga prima di quella data di scadenza, perché quegli indispensabili finanziamenti vengano impegnati presto. E prima si presenta il piano, più tempo si ha per il confronto con la Commissione. Questa ha due mesi di tempo per discutere il piano con il nostro Governo, con un mese ulteriore per il Consiglio europeo per approvarlo. Occorrerà quindi successivamente provvedere tempestivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli”.

“Un governo dall’attività ridotta non sarebbe in grado di farlo. Per qualche aspetto, neppure potrebbe e non possiamo permetterci di mancare questa occasione fondamentale per il nostro futuro”.

“Va ricordato che dal giorno in cui si sciolgono le Camere, a quello delle elezioni, sono necessari almeno 60 giorni. Successivamente ne occorrono poco meno di 20 per proclamare gli eletti e riunire le Camere. Queste devono nei successivi giorni nominare i propri organi di presidenza. Occorre quindi formare il Governo e questo per operare a pieno ritmo deve ottenere la fiducia di entrambe le Camere. Deve inoltre organizzare i propri uffici di collaborazione nei vari ministeri. Dallo scioglimento delle Camere nel 2013 sono trascorsi quattro mesi, nel 2018 sono trascorsi cinque mesi. Si tratterebbe di tenere il nostro Paese con un Governo senza pienezza di funzioni per mesi cruciali, decisivi per la lotta alla pandemia, per utilizzare i finanziamenti europei e per far fronte ai gravi problemi sociali. Tutte queste preoccupazioni sono ben presenti ai nostri concittadini, che chiedono risposte concrete e rapide ai loro problemi quotidiani”. 

“Credo che sia giusto aggiungere una ulteriore considerazione. Ci troviamo nel pieno della pandemia, il contagio del virus è diffuso e allarmante, e se ne temono nuove ondate nelle sue varianti. Va ricordato che le elezioni non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare ma
includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature. Inoltre, la successiva campagna elettorale richiede inevitabilmente tanti incontri affollati, assemblee, comizi. Il ritmo frenetico elettorale è pressoché impossibile che si svolgano con i necessari distanziamenti”.

 “In altri Paesi, in cui si è votato obbligatoriamente perché erano scadute le legislature dei parlamenti o i mandati dei presidenti, si è verificato un grave aumento dei contagi. Questo fa riflettere, pensando alle tante vittime che purtroppo continuiamo ogni giorno, anche oggi, a registrare. Avverto pertanto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica. Conto quindi di conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato”. 

Solo dopo il discorso, Sergio Mattarella ha convocato Mario Draghi.
          

Quattro giorni non sono bastati a Fico l’esploratore per rimettere insieme la maggioranza del governo giallorosso. “Permangono distanze alla luce della quali non ho registrato unanime disponibilità per dare vita alla maggioranza”, è costretto a riconoscere. Si consuma definitivamente in un vertice fra big la rottura, ed è sui “nomi”, esplicita Matteo Renzi. Non che sui temi si sia trovata l’intesa, tutt’altro. Le responsabilità vengono rimpallate: Italia Viva le addossa al Pd e 5S e dice che ora non resta che affidarsi “alla saggezza del Capo dello Stato”. I Dem al contrario caricano sulle spalle di Renzi il peso della crisi: “Inspiegabile”, il suo atteggiamento. Voleva solo le “poltrone”, accusa il M5s.

La rottura viene consumata durante un vertice virtuale tra Renzi e gli alleati: Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza cercano l’intesa con il leader di Iv. La richiesta del senatore di Rignano è di sostituire Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina, entrambi 5s: ma il Movimento è irremovibile, il responsabile della Giustizia e della Scuola non si toccano. Nel mirino anche Arcuri e Parisi, e ad aumentare la tensione c’è il niet degli alleati a lasciare la guida del delicato dicastero del Lavoro a Teresa Bellanova. E ancora prima si era registrato il no sempre M5S all’ingresso di Maria Elena Boschi al governo.

Sono diverse le geometrie che si tentano di costruire ma di veto in veto i vecchi alleati non trovano modo di disegnare il volto del Conte ter. Circondato dai sospetti Renzi giura, anche nel corso di una riunione lampo con i suoi, di lavorare “all’intesa fino all’ultimo” e scarica sugli ex alleati le responsabilità della rottura delle trattative: “Non stanno concedendo nulla” e men che meno “vogliono mettere nulla per iscritto”, dice. E in effetti non ci sarà a sera neanche un “verbale” che renda conto delle posizioni di vari partiti. 


tvsvizzera.it/fra con ATS e ANSA


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