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Fiducia a Conte ma niente maggioranza assoluta

Il premier Giuseppe Conte durante il dibattito a Palazzo Madama.
Il premier Giuseppe Conte durante il lungo dibattito a Palazzo Madama. Lapresse

Il governo incassa la fiducia anche al Senato con 156 voti contro 140 e 16 astensioni (Italia Viva), dopo una seduta fiume.

In Senato si è consumato il duello Conte-Renzi, all’origine della crisi che ha visto occupate le Camere in questi giorni. Dopo il via libera di lunedì a Montecitorio, lo scontro si è spostato a Palazzo Madama, dove i numeri per l’esecutivo si presentavano più problematici.

Scontata la fiducia, dopo l’astensione annunciata da giorni dalla pattuglia renziana (Italia Viva), la partita verteva sulla consistenza reale del sostegno dei senatori al governo, che avrebbe potuto tradursi in scenari diversi per il Conte-bis.

Essendo fuori portata la maggioranza assoluta di 161 senatori, il confronto era sulla soglia ritenuta accettabile per la coalizione M5S-Pd-Leu, da molti indicata tra i 153 e i 155 voti. Alla fine, dopo oltre 11 ore di dibattito (e la suspense del Var sulla decisione dei senatori Ciampolillo e Nencini), si sono avuti 156 sostegni all’esecutivo e 140 voti contrari (e 16 astensioni dei renziani).

Nel corso del dibattito si è avuta una riedizione, con toni più accesi rispetto alla vigilia, dello scontro Conte-Renzi. Di nuovo il premier ha chiesto a esponenti del centro, chiamati di volta in volta costruttori, responsabili o volenterosi, di appoggiare il suo programma con l’obiettivo evidente di rendere la maggioranza autonoma dal gruppo di Italia Viva, che aveva innescato la crisi e di conseguenza ritenuto inaffidabile.

Operazione riuscita a metà (gli astenuti renziani sommati all’opposizione raggiungono la medesima cifra – 160 – della maggioranza). Ma la prospettiva di Giuseppe Conte andava oltre il voto di fiducia: l’idea resta quella di costituire un gruppo omogeneo allargato e stabile da coinvolgere nell’area di governo – formato da fuoriusciti di Forza Italia, socialisti, ex dem, liberali – che lo metta al riparo dagli umori di singoli parlamentari.

Per il momento è quindi scongiurata la necessità di un nuovo esecutivo, da costruire all’interno del perimetro dell’attuale coalizione o con altre maggioranze. In estate scatterà poi il semestre bianco, in vista della designazione parlamentare del nuovo capo dello Stato, e sembrano definitivamente escluse elezioni anticipate.

Renzi, che ha perso la presa sul governo, è stato neutralizzato ma visti gli attuali numeri l’esecutivo, che a questo punto potrebbe anche concludere la legislatura, appare indebolito agli occhi di più di un osservatore. Già da mercoledì però, con il voto sullo scostamento di bilancio, si potranno avere conferme o smentite sul nuovo corso della politica romana.

Nel servizio il commento de corrispondente della Radiotelevisione svizzera da Roma:

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