Oggi in Svizzera
Care svizzere e cari svizzeri all’estero,
I residenti in prossimità della centrale nucleare di Mühleberg, spenta nel dicembre 2019, possono tirare un sospiro di sollievo.
Tutti gli elementi di combustibile esaurito, ha fatto sapere l’azienda elettrica BKW, sono stati trasferiti nel centro di stoccaggio di Würenlingen (Argovia).
Questo significa che nella zona non vi è più alcun rischio nucleare per la popolazione e la radioattività è stata ridotta di oltre il 99%. Ora si potrà quindi procedere alla seconda fase che consiste nello smantellamento completo dell’impianto.
Per le altre notizie di giornata dalla Confederazione vi rimando alla nostra consueta selezione, buona lettura.
Passo decisivo verso la messa fuori servizio di 25 dei 96 Leopard 2 di cui dispone l’esercito svizzero, allo scopo di consentirne la vendita alla Germania, come prevede il diritto elvetico.
La Commissione della politica di sicurezza della Camera alta ha infatti dato il via libera all’operazione con 9 voti a 3 (e un’astensione) e il previsto voto in autunno del plenum dovrebbe essere a questo punto solo una formalità.
Sulla questione si era già pronunciato favorevolmente il Consiglio Nazionale, con 132 voti contro 59, questi ultimi provenienti dai banchi della destra (UDC e qualche liberale radicale). Anche oggi la minoranza ha (vanamente) ribadito l’esigenza, sulla scia degli accadimenti nell’Europa dell’Est, di disporre di una riserva sufficiente di carri armati.
La ministra della Difesa Viola Amherd ha in proposito precisato che Berlino ha assicurato che i blindati non verranno impiegati in Ucraina ma resteranno a disposizione delle forze armate tedesche, in sostituzione dei carri armati consegnati a Kiev. Una volta dismessi i 25 Leopard saranno quindi venduti alla Germania, attraverso il costruttore Rheinmetall.
- L’articolo di tvsvizzera.it sul voto della competente commissione degli Stati.
- Sulla vicenda un approfondimento di tio.chCollegamento esterno.
- Un’altra spinosa questione che riguarda 95 Leopard 1 fermi a Gorizia e che coinvolgono Berna, in un servizio di wired.it.Collegamento esterno
Le sanzioni internazionali contro oligarchi e aziende russe si stanno rivelando una spina nel fianco per la piazza finanziaria elvetica, secondo quanto riporta oggi swissinfo.ch.
Alcuni documenti (ad esempio il rapporto sulla ricchezza mondiale del Boston Consulting Group) indicano infatti un esodo importante di patrimoni russi dall’Europa al Medio Oriente, come dimostrerebbe l’incremento dell’afflusso di capitali, pari a 100 miliardi di dollari, nelle banche degli Emirati Arabi l’anno scorso. Intanto però Stati Uniti e alcune organizzazioni internazionali sollevano dubbi sul reale impegno degli istituti di credito elvetici nello scovare beni riconducibili a personaggi e società russe sanzionate.
Il settore bancario elvetico non vede di buon occhio l’obbligo di dichiarare i depositi superiori a 100’000 dollari per russe e russi privi di passaporto di un paese europeo (UE/AELS) o che non risiedano in uno di essi. Preferirebbe, in particolare, che la Confederazione, anziché subire le sanzioni decise da altri, partecipasse alla definizione delle misure punitive. USA e UE (ma non la Svizzera) ad esempio collaborano già nell’ambito del Russian Elites, Proxies and Oligarchs (REPO).
Finora Berna ha congelato beni riferibili a società e cittadini e cittadine russe sanzionate per 7,5 miliardi di franchi. L’Associazione svizzera dei banchieri stima un totale di circa 150 miliardi di franchi – su 2,2 triliardi di franchi in beni offshore gestiti da istituti finanziari elvetici – riconducibili a cittadini russi e russe.
- L’articolo del collega di Swissinfo Mattew Allen sull’impatto delle sanzioni in Svizzera.
- La Svizzera è parte del problema, secondo l’attivista britannico Bill Browder di cui riferisce tvsvizzera.it.
- La serie pubblicata da swissinfo.ch sulle sanzioni alla Russia.
Un gruppo di esperti ed esperte incaricato dal Governo federale ha presentato oggi la sua ricetta per evitare il ripetersi di gravi crisi nelle grandi banche di rilevanza sistemica (“too big to fail”), come avvenuto nel 2008 per UBS e più recentemente per Credit Suisse, che possono mettere a repentaglio la stabilità della piazza finanziaria svizzera.
Tra le quattro raccomandazioni enunciate nel documento, che con la sparizione di Credit Suisse finiscono per riguardare unicamente UBS, figura innanzitutto l’invito a rafforzare la collaborazione tra Dipartimento federale delle finanze (DFF), Banca nazionale (BNS) e autorità di sorveglianza (FINMA).
Viene inoltre proposto di ampliare, in caso di necessità, la liquidità della banca attraverso aiuti straordinari della BNS o i crediti con garanzia statale in vista di ristrutturazione.
Viene inoltre suggerito di estendere i poteri di vigilanza da parte della FINMA, in particolare delineando misure di intervento prima che si verifichi il rischio di insolvenza della banca. Non da ultimo il gruppo di esperti ed esperte ha lamentato il deficit di trasparenza nell’ottenimento dei capitali, su cui occorrerebbe agire in futuro.
- La notizia riportata da tio.chCollegamento esterno.
- La nota esplicativa pubblicata dal sito della ConfederazioneCollegamento esterno, con i dettagli del rapporto degli esperti.
- La regolamentazione vigenteCollegamento esterno adottata dopo la crisi del 2008 per prevenire le crisi bancarie di rilevanza sistemica.
Domani, 2 settembre 2023, ricorre il 25° anniversario del più grave incidente della storia dell’aviazione svizzera, vale a dire lo schianto di un MD-11 della Swissair ad Halifax, in Canada, in cui morirono tutte le 229 persone che si trovavano a bordo.
I piloti del volo Swissair SR 111, decollato in orario dall’aeroporto John F. Kennedy di New York in direzione di Ginevra, notarono dopo un’ora di viaggio del fumo nella cabina. L’altitudine era troppo alta per un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Halifax e i piloti fecero quindi un giro per scaricare il carburante in mare e poi volare verso Halifax. Ma all’improvviso il sistema elettrico andò fuori uso e i piloti persero il controllo dell’aereo che si schiantò in mare a Peggy’s Cove.
Secondo il rapporto, presentato quattro anni dopo dal Canadian Transportation Safety Board (TSB), l’incidente è stato causato da un cortocircuito, probabilmente innescato dalla rottura dell’isolamento di un cavo di rame. Le scintille elettriche hanno incendiato i tappetini isolanti combustibili nella cabina di pilotaggio (all’epoca sugli MD-11 non c’erano rilevatori di fumo o dispositivi di spegnimento). Il cavo apparteneva probabilmente al sistema di intrattenimento di bordo che Swissair aveva adattato alla prima classe
Oggi, due monumenti in granito commemorano la tragedia di Halifax sulla costa rocciosa non lontano da Peggy’s Cove. Entrambi recano un’iscrizione in inglese e francese che commemora le vittime.
- Un articolo del 2018 di swissinfo.ch ricostruisce il disastro aereo di Halifax.
- La rievocazione dell’incidente su rsi.chCollegamento esterno.
- Il filmCollegamento esterno sulla vicenda disponibile gratuitamente su +Play Suisse.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative