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Malnate, il dna del cane incastrerà chi sporca

Prelevare il DNA ai cani, per identificare i padroni indisciplinati che non ne raccolgono i "bisognini". È il progetto di Malnate, comune di 17 mila abitanti a otto chilometri dal confine con la Svizzera, dove i cani censiti sono circa 1400 e una campagna di sensibilizzazione degli scorsi anni, spiega il sindaco Samuele Astuti, "ha portato qualche risultato ma non ha risolto il problema" degli escrementi sui marciapiedi e negli spazi verdi.

“Per i cittadini non ci sarà nessun aggravio”, puntualizza Astuti. “Il costo delle analisi, che si aggira attorno ai 20 euro per animale, sarà ripagato dalla società che si occupa della pulizia delle strade, che avrà meno lavoro da fare poiché ci saranno meno padroni maleducati che lasciano le deiezioni sui marciapiedi”.

Il prelievo del DNA non è ancora iniziato: “Una volta chiusi gli accordi con i laboratori per le analisi, i cittadini avranno circa sei mesi di tempo per portare il cane dai nostri veterinari e prelevare il tampone” di saliva.

La vera domanda è come, da un punto di vista giuridico, il Comune possa imporre ai proprietari la schedatura del DNA dei loro animali. La Lega Antivivisezioni sezione di Varese, che ha definito il progetto di Malnate “spropositato rispetto alla supposta gravità del problema”, sostiene che non possa esservi obbligo. Il sindaco non ha ancora una risposta definitiva: “Sul nostro regolamento di igiene urbana stiamo proprio studiando questa parte”.

Il prelievo del DNA ai cani non è un’idea di Malnate: progetti analoghi sono stati attivati in altre regioni d’Italia, nel Regno Unito e in Spagna.

Al sindaco Astuti non sarebbe dispiaciuta, al posto della schedatura, un’azione dimostrativa come quella di #cacaexpress a BruneteCollegamento esterno, Madrid: una ventina di volontari avvicinava i padroni indisciplinati, chiedeva il nome e la razza del cane, e con questi dati –attraverso i registri comunali- risaliva all’indirizzo del proprietario per recapitargli a casa l’escremento “dimenticato”. “Sarebbe stato un bel deterrente”, osserva il sindaco, “ma la privacy ci avrebbe sicuramente dato qualche problema in più in Italia”.

Più semplice sarà invece scoprire se in Città, oltre ai 1400 cani conosciuti, ce ne sono altri non dotati di chip valido: “L’ATS” (Agenzia per la tutela della salute, che ha preso il posto delle ASL) “fornirà al Comune un apparecchio per verificarlo”.

Ma se la polizia locale dovrà impiegare del tempo a controllare i chip (e a raccogliere campioni di eventuali deiezioni abbandonate), non ci sarà comunque un costo? “Ci avvarremo soprattutto delle guardie ecologiche volontarie, un corpo che abbiamo istituito qualche anno fa per aiutarci sul tema della pulizia e del controllo dei boschi ma anche per realizzare questo progetto che abbiamo in mente da tempo”.

Del resto, osserva il sindaco, non è solo una questione di costi-benefici: gli escrementi abbandonati in parchi e spazi pubblici costituiscono un problema igienico-sanitario, specie nelle aree frequentate da bambini.

Ancora da definire è la sanzione per chi dovesse incastrato dal test del DNA. “Ci sono i sostenitori di multe altissime, mentre altri credono che sia sufficiente l’umiliazione di riceverne una. Potrebbe ammontare a qualcosa come 250 o 500 euro.”

Le installazioni, assicura Astuti, non mancano: “abbiamo aumentato di parecchio il numero di cestini e il proprietario del cane è obbligato per legge ad andare in giro con il suo sacchettino” (cfr. Ordinanza sindacale n.7/2013Collegamento esterno). “Dopo qualche multa, anche i padroni incivili si sono dotati del sacchetto, ma non sempre lo hanno usato”.

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