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Capricchia, la frazione di Amatrice ripopolata dopo il terremoto

uomo mostra con la mano una casa
A Capricchia il terremoto del 24 agosto 2016 non ha fatto vittime e neanche troppi danni. Tuttavia le case, anche se rimaste in piedi, sono state subito dichiarate inagibili. tvsvizzera

A sei chilometri da Amatrice c’è un borgo - Capricchia - che dopo il terremoto del 24 agosto 2016 ha aumentato il numero di residenti: prima del sisma ci vivevano in 13, oggi sono in 23. 

Capitare per caso a Capricchia, a 1’100 metri di altitudine, è improbabile: oltre questa frazione non c’è niente, soltanto una stradina, oggi dissestata, che porta all’imbocco dei sentieri che s’inerpicano su per i Monti della Laga e verso il Sacro Cuore di Gesù. Una grande statua in bronzo che sovrasta una piccola cappella dove sono contenute le spoglie di Padre Adolfo Catena, un francescano originario di Capricchia vissuto nel ‘900. 

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“Alcuni dicono che abbia fatto anche dei miracoli – racconta Roberto Guerra, ex presidente della Pro Loco che in paese tutti chiamano ‘Bibbi’ per distinguerlo dall’omonimo successore – In un certo senso anche noi stessi di Capricchia siamo stati miracolati. Qua la scossa del 24 agosto non ha fatto vittime, nella montagnetta lì davanti a noi ci sono stati tanti morti… Se ci pensi, qualcosa c’è stato”. I morti, quella notte, furono 299. 

A Capricchia invece non c’era quasi nessuno: “La sera del 23 la frazione era in festa, eravamo stati invitati ad Amatrice per partecipare alla sagra del paese, ‘Borghi in movimento’, con il nostro piatto tipico, la panonta”, ricorda Bibbi.

Quella devastante scossa delle 3 e 36 del mattino che ha distrutto Amatrice e diversi altri paesi della zona, a Capricchia in realtà non fece molti danni. Venne giù solo qualche pagliaio, ricordano oggi. Le case, anche se rimaste in piedi, furono subito definite inagibili: troppo grande il pericolo che potessero crollare, così belle e fragili, fatte di pietre.

Immagine frontale di una casa squarciata; si vedono le pietre all interno dei muri, sotto l intonaco; persiane verdi
“Rimaste in piedi, ma fragili”. tvsvizzera

Anche senza un tetto sotto cui vivere, i capricchiari decisero che non avrebbero abbandonato quel borgo scampato alla tragedia. Il piccolo chiosco della Pro Loco, rimasto l’unico punto di ristoro della zona, sarebbe diventato il fulcro attorno a cui sarebbe gravitata la comunità. Non soltanto quella di Capricchia e degli abitanti della zona, ma anche dei soccorritori, della polizia, dei pompieri. “Eravamo un punto di riferimento anche per loro, aspettavamo il cambio turno e cucinavamo per tutti”, spiega Bibbi.

“Ricordo che il 25 agosto parlai con il sindaco di Capricchia, Sergio Pirozzi – racconta l’altro Roberto Guerra, l’attuale presidente della Pro Loco – Gli dissi di non preoccuparsi per noi, che anzi avremmo potuto dare una mano agli sfollati di altre frazioni costretti a vivere nelle tendopoli. Quando mi disse che avremmo fatto bene a trasferirci pure noi nei campi allestiti dalle istituzioni, gli risposi di scordarselo”.

Capricchia oggi però è pressoché distrutta: colpa dei due terremoti successivi, a fine ottobre e nel gennaio del 2017. Ma quando la terrà tornò a tremare, i capricchiari si erano già attrezzati: vivevano nella sede della Pro Loco grazie alla generosità di associazioni e privati.

“Capisco il dolore e la sofferenza di un evento tragico, comprendo la rabbia degli abitanti, ma Capricchia non è stata abbandonata. Abbiamo offerto ai suoi abitanti esattamente lo stesso supporto fornito a ogni altra comunità colpita dal terremoto”, puntualizza Pierfrancesco Demilito, capo ufficio stampa della Protezione Civile. “Dopo il terremoto del 24 agosto 2016, abbiamo messo a disposizione delle Regioni e dei Comuni colpiti l’Accordo quadro per la fornitura di Sae, le Soluzioni abitative in emergenza”, ovvero le casette di legno provvisorie.

Quelle richieste da Capricchia, nove in totale, sono state consegnate il 12 agosto del 2017, quasi un anno dopo il sisma. Un primo passo verso la normalità, in una regione d’Italia che la normalità stenta a trovarla. “La sequenza sismica che ha interessato l’Appennino centrale non è ancora conclusa”, ha spiegato l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv)Collegamento esterno.

Nell’area, scrivono gli esperti, negli ultimi tre anni sono stati localizzati “più di 110’000 eventi sismici” e “l’area compresa tra Camerino e L’Aquila è ancora oggi interessata da una sismicità persistente che presenta un rilascio di energia maggiore rispetto a quanto accadeva prima del 24 agosto 2016”. Ciò che manca, per molti, è il lavoro: senza di quello, immaginare ricostruzione e futuro richiede ancora più coraggio di quello mostrato finora.


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