Eternit, Schmidheiny condannato a quattro anni
Il tribunale di Torino ha condannato a 4 anni di reclusione per omicidio colposo l'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny in uno dei diversi filoni processuali che hanno interessato l'azienda Eternit Italia. "Un primo tassello" per il pubblico ministero, mentre per il difensore dell'elvetico, che ha già annunciato il ricorso, si tratta di "un verdetto scandaloso".
L'accusa era di omicidio colposo in relazione al decesso di due ex lavoratori dello stabilimento di Cavagnolo (Torino) dell'azienda Eternit S.p.a Genova.
Il processo rappresenta il filone torinese di una maxi-inchiesta su 258 casi di morte per amianto che, all'udienza preliminare, era stata spezzata in quattro tronconi diversi di competenza territoriale. Gli atti erano stati trasmessi oltre che a Torino, anche a Vercelli, Reggio Emilia e Napoli.
Immediata la reazione del legale dell'imprenditore svizzero, che definisce la condanna odierna "priva di base giuridica e scandalosa". In una nota inviata alla agenzia ats, l'avvocato Astolfo Di Amato scrive: "Mentre i dirigenti responsabili a livello locale sono stati assolti dallo stesso tribunale per gli stessi procedimenti e per casi analoghi, Stephan Schmidheiny deve andare in carcere per 4 anni. Ovviamente, a Torino la legge non è uguale per tutti".
"Spero che questa sentenza segni il ritorno a una giurisprudenza più attenta alle vittime", ha detto invece il pubblico ministero Gianfranco Colace, che ha definito la condanna come "un primo tassello". Colace ha anche ribadito che a Vercelli, si occupa nel filone locale del processo, si procederà per omicidio volontario.
Prescrizione
L'uomo d'affari nel 2012 era stato condannato, sempre in Italia, a sedici anni di prigione per aver causato la morte di quasi 3'000 persone che lavoravano o vivevano nei pressi degli stabilimenti di Eternit Italia. Nel giugno 2013, in appello, la pena era stata aumentata a 18 anni da trascorrere dietro le sbarre. A ciò si aggiungono le diverse decine di milioni di euro di risarcimento riconosciute a numerose parti civili.
La Corte di Cassazione aveva però annullato la sentenza Link esternodi condanna nel novembre 2014, giudicando i fatti imputati allo svizzero ormai prescritti.
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