Stangata sulla Svizzera, Trump alza i dazi al 39%

Niente accordo con Berna: il presidente statunitense ha firmato un decreto che impone dazi del 39% a partire dal 7 agosto alla Svizzera.
L’ottimismo espresso un mese fa dalle autorità elvetiche è scoppiato come una bolla d’acqua. “Anche se nulla è ancora definitivo, sono ottimista”, aveva dichiarato a fine giugno la direttrice della Segreteria di Stato dell’economia Helene Budliger Artieda, aggiungendo di aspettarsi dazi forfettari del 10% circa.
Nella notte tra giovedì e venerdì è invece arrivata la mazzata. Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone ad alcuni Paesi tariffe doganali ancora più alte rispetto a quelle previste inizialmente. Per le merci svizzere, dal 7 agosto dovrebbe entrare in vigore un dazio del 39%, ovvero dell’8% superiore a quanto indicato dal presidente statunitense in aprile.
>>> Cronaca e analisi nell’edizione odierna del TG della RSI:
Sola la Serbia tassata di più in Europa
La Svizzera è il Paese europeo più pesantemente tassato, davanti alla Serbia (35%), mentre l’Unione Europea, come il Liechtenstein, il Giappone e la Corea del Sud, è soggetta a un dazio del 15%.
Le reazioni nella Confederazione non si sono naturalmente fatte attendere.
Il Consiglio federale ha appreso “con grande rammarico” dei dazi supplementari imposti dagli Stati Uniti.
Le tariffe doganali del 39% decise dal presidente Donald Trump si scostano nettamente dalla bozza di dichiarazione d’intenti congiunta che le parti avevano concordato, ha indicato Pascal Hollenstein, responsabile della comunicazione del Dipartimento federale delle finanze (DFF), all’agenzia stampa Keystone-Ats. Tale documento era il risultato di intense discussioni tra la Svizzera e gli Usa negli ultimi mesi, ha precisato il portavoce.
>>> Le reazioni in Svizzera dopo l’annuncio dell’accordo sui dazi tra Unione Europea e Stati Uniti:

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Alla ricerca comunque di una soluzione negoziata
Secondo Hollenstein, il Consiglio federale analizzerà ora la nuova situazione e deciderà come procedere. Berna rimarrà in contatto con l’amministrazione statunitense: cercherà di trovare una soluzione con Washington che sia “compatibile sia con l’ordinamento giuridico elvetico che con gli obblighi esistenti”. L’aumento dei dazi doganali colpirà pesantemente le aziende esportatrici e i loro fornitori: per preservare i posti di lavoro si ricorrerà alle compensazioni previste dal sistema del lavoro ridotto, ha spiegato l’addetto stampa.
Poche ore prima dell’annuncio di Trump, la presidente della Confederazione e responsabile del DFF Karin Keller-Sutter aveva annunciato su X di non aver raggiunto un accordo con Trump durante “l’ultimo incontro” prima della scadenza del termine di negoziazione inizialmente fissato alle ore 6 (ora svizzera) del primo agosto. Keller-Sutter ha sottolineato che il “deficit commerciale resta al centro delle priorità” del presidente statunitense.
Oggi ho avuto un colloquio con il presidente Trump prima della scadenza del termine per i dazi 🇺🇸. Per il presidente il deficit commerciale resta una priorità. Durante il colloquio non è stato possibile raggiungere un accordo sulla dichiarazione d’intenti negoziata tra 🇨🇭 e 🇺🇸.
— Karin Keller-Sutter (@keller_sutter) July 31, 2025Collegamento esterno
Le reazioni dei partiti
I partiti svizzeri sono dal canto loro unanimi nel criticare la misura imposta dall’inquilino della Casa Bianca, ma sono divisi sulle soluzioni per far fronte alla situazione
Il fatto che le tariffe statunitensi siano così alte per la Svizzera è la conseguenza “dell’atteggiamento irresponsabile e arrogante del centro-sinistra”, ha indicato stamani l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) Il partito cita il ministro della difesa Martin Pfister, che ha chiesto che solo il 10% degli armamenti provenga dagli Stati Uniti, e il co-presidente del Partito socialista Cédric Wermuth, che in qualità di alto esponente di un partito di governo ha insultato il presidente degli Stati Uniti con l’espressione “Fuck you Mr Trump”.
L’UDC chiede al governo di ridurre “in modo massiccio” l’onere per l’economia, con tagli alle imposte e ai regolamenti. Secondo i democentristi allinearsi all’Ue e alla sua “mostruosa burocrazia” sarebbe invece “la cosa più stupida che la Svizzera potrebbe fare”. Il paese dovrebbe invece proseguire sulla strada degli accordi di libero scambio.
A sinistra, il Partito socialista ritiene che l’annuncio dei dazi statunitensi dimostri ancora una volta che la Confederazione non deve isolarsi sulla scena internazionale: la cooperazione con l’Unione Europea è più importante che mai, viene affermato. Secondo il consigliere nazionale Eric Nussbaumer forse ora ci si rende davvero conto di quello che ha davvero un effetto stabilizzante sul commercio estero della Svizzera.
Il Partito liberale radicale (PLR) parla di “una catastrofe e un attacco diretto alla prosperità” del paese. La politica doganale di Trump rappresenta una rottura con l’affidabilità, il libero scambio e i valori liberali. Secondo il partito il Consiglio federale deve adottare misure “rapide e determinate” per sostenere la competitività delle aziende elvetiche e attenuare i danni economici.
Il consigliere nazionale ed ex presidente del partito di Centro Gerhard Pfister scrive su X che l’unica opzione rimane l’impegno per una cooperazione con altri paesi basata su valori e legittimata democraticamente. La consigliera agli Stati del Centro Andrea Gmür rivolgendosi all’UDC si chiede se non sia giunto il momento di concludere nuovi accordi con l’UE, i “partner più vicini, autentici e affidabili”.
Per Lisa Mazzone, presidente dei Verdi, inginocchiarsi davanti al presidente americano sarebbe “decisamente sbagliato”: a suo avviso ora è necessaria una stretta collaborazione con l’UE. Le aziende tecnologiche statunitensi dovrebbero essere tassate e la Svizzera dovrebbe annullare l’acquisto dei velivoli F-35 dagli Stati Uniti. Mazzone ha anche chiesto di cancellare il pacchetto di risparmi federali per attutire l’impatto dei dazi.
Secondo Jürg Grossen, presidente dei Verdi Liberali e consigliere nazionale bernese, Trump sta giocando al gatto e al topo con la Svizzera. È urgente tornare al tavolo dei negoziati.
“Un forte svantaggio competitivo” per l’economia elvetica
Le reazioni dal mondo economico sono naturalmente contrassegnate da grande preoccupazione.
Le tariffe annunciate sono “enormemente più alte”, soprattutto rispetto a quelle dell’UE (15%) e del Regno Unito (10%): “ciò comporta un forte svantaggio competitivo rispetto ai Paesi vicini”, scrive EconomiesuisseCollegamento esterno, la federazione delle aziende elvetiche. “I nuovi dazi statunitensi renderanno più costose le esportazioni svizzere, indeboliranno la competitività delle imprese e influiranno negativamente sul clima degli investimenti: rappresentano quindi un onere molto grave per le ditte esportatrici”.
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“Da un punto di vista economico, l’aliquota base del 39% non è giustificata”, prosegue l’organizzazione. La Confederazione non ostacola l’importazione di prodotti statunitensi con tariffe o altre barriere. Inoltre, la Svizzera è il sesto investitore straniero più importante negli Stati Uniti, con aziende elvetiche all’origine di circa 400’000 posti di lavoro.
“È molto deplorevole che la Svizzera non sia ancora riuscita a raggiungere un accordo per la riduzione dei dazi”, si legge ancora nella nota. Con tariffe così elevate, Washington mette a rischio le buone relazioni commerciali fra le due parti.
“Sono esterrefatto”, afferma Stefan Brupbacher, direttore di Swissmem, l’associazione del comparto metalmeccanico ed elettrotecnico elvetico. “Queste tariffe non hanno alcuna base razionale e sono arbitrarie – dichiara Brupbacher, citato in un comunicatoCollegamento esterno. La decisione mette a rischio decine di migliaia di posti di lavoro nel settore”. Non è però solo l’industria tecnologica a risentirne, ma anche tutti gli altri rami orientati all’export. “Insieme essi costituiscono il pilastro centrale della prosperità svizzera”, viene argomentato.
Nelle ultime settimane, il Consiglio federale e l’amministrazione federale hanno fatto tutto il possibile per raggiungere un risultato positivo e sembravano aver negoziato un accordo. La Svizzera è stata però ostacolata dalla decisione erratica del presidente Donald Trump. Secondo Swissmem si deve ora continuare a trattare mantenendo la calma: sarebbe inoltre sbagliato introdurre contromisure contro gli Usa.
Per Swissmem è invece giusto e importante che la Confederazione, nel giorno della festa nazionale, rimanga unita e che le condizioni quadro vengano rapidamente e radicalmente migliorate a favore dell’industria dell’esportazione. “Dopo tutto, la Svizzera guadagna un franco su due dal commercio estero”, viene fatto notare. Concretamente si tratta di migliorare l’accesso ad altri mercati, di sottoscrivere gli accodi con l’Ue, che con gli eventi odierni assumono un’importanza ancora maggiore, di allentare come previsto la legge sull’esportazione di materiale bellico e, più in generale, di evitare nuovi costi e oneri alle imprese.

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