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Nuovi accordi Svizzera-UE: il dilemma di due partiti

persone davanti a una telecamera
Alla ricerca della posizione giusta: la nuova leadership del PLR si presenta ai media. Keystone / Gian Ehrenzeller

Il Centro e il Partito liberale radicale stanno cercando di posizionarsi rispetto agli accordi con l'Unione Europea. Per entrambi la posta in gioco è alta: il loro peso politico. Eppure il dibattito sull'UE potrebbe rivelarsi un'opportunità per le due compagini. Analisi.

Siamo a metà legislatura. Da giugno si conosce il contenuto dei nuovi accordi con l’Unione Europea. Ciò vuol dire che ci stiamo avvicinando al momento della verità sui futuri rapporti della Svizzera con Bruxelles. La fase di consultazione si concluderà alla fine di ottobre, termine entro il quale i partiti potranno esprimersi sul dossier europeo.

È un compito relativamente semplice per i partiti che da tempo hanno una posizione chiara sul tema, come l’Unione democratica di centro che da sempre è contraria, o come i Verdi e i Verdi liberali che sono favorevoli ai cosiddetti bilaterali III.

persone con t-shirt con la croce svizzera
Per l’UDC la posizione è molto più chiara: suoi esponenti durante una manifestazione contro i trattati con l’UE. Un partecipante indossa una maschera che raffigura il ministro degli esteri Ignazio Cassis. Keystone / Alessandro Della Valle

La situazione è più complessa per il Partito socialista. Dopo le iniziali riserve legate alla protezione dei salari, i sindacati hanno deciso di sostenere l’intesa, facilitando così il compito del PS, ora favorevole agli accordi. Tuttavia, la base del partito e del movimento sindacale non ha probabilmente dimenticato le voci critiche sul dumping salariale che i trattati potrebbero comportare. Ciò significa che internamente ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere.

Le difficoltà di PLR e Centro

PLR e Centro non sanno invece bene che pesci pigliare. Entrambi i partiti sono divisi sulla questione dei nuovi bilaterali. La decisione è complessa anche perché in gioco ci sono le prossime elezioni federali. Gli accordi con l’UE potrebbero fare da ago della bilancia e decidere quale sarà la terza forza politica in Svizzera, visto che tra i due la differenza percentuale è minima.

È però chiaro che non si può restare alla finestra a guardare. “La questione è troppo importante per non esprimersi in merito”, dice Sean Müller, professore di scienze politiche all’Università di Losanna.

L’evoluzione delle relazioni bilaterali tra la Svizzera e l’UE è importante per gli svizzeri all’estero. Riguarda oltre 460’000 svizzere e svizzeri all’estero che vivono in un paese dell’UE. Gli accordi bilaterali garantiscono diritti fondamentali come la libera circolazione delle persone, facilitano l’accesso alle assicurazioni sociali e assicurano il riconoscimento dei diplomi.

Se però il proprio elettorato di riferimento è diviso su un dossier centrale come quello europeo, la difficoltà è ancora maggiore. Le elezioni federali del 2027 sono dietro l’angolo e prendere una posizione chiara potrebbe scontentare quella parte di elettrici ed elettori contraria ai trattati con l’UE. Non esporsi sulla questione rischia, d’altra parte, di allontanare chi chiede una linea precisa sulla via bilaterale della Svizzera con l’Unione Europea.

Per il PLR e il Centro si tratta ora di scegliere il male minore, limitando i danni collaterali.

Come affronta il PLR la questione europea?

Finora il PLR ha mantenuto una linea prudente, ossia studiare a fondo i trattati prima di prendere una decisione. L’ultimo documento programmaticoCollegamento esterno del partito sull’Europa risale al 2022, quando Berna e Bruxelles stavano ancora negoziando.

Dallo scorso anno, però, una commissione interna si occupa del dossier. Il gruppo è composto da sei membri contrari e sei favorevoli agli accordi. Una scelta che è stata subito interpretata come un ulteriore segnale delle divisioni interne al PLR.

“Sono ancora indeciso”

Ora è il momento di decidere. In ottobre, il partito sceglierà la nuova presidenza, molto probabilmente una co-presidenza, formata dalla consigliera nazionale Susanne Vincenz-Stauffacher e dal consigliere agli Stati Benjamin Mühlemann. La prima è favorevole agli accordi, mentre il secondo si dice “ancora indeciso”.

Una frase che fotografa lo stato attuale del PLR: sospeso a metà tra il sì e il no. Per la politologa dell’istituto demoscopico gfs.bern Cloé Jans, “la co-presidenza deve trovare in fretta una linea comune, così da indicare la direzione da seguire anche alla base”.

La Neue Zürcher Zeitung, quotidiano zurighese osservatore di lungo corso del PLR, sintetizza così il dilemma: il partito cerca “una posizione comune, abbastanza netta da essere compresa e abbastanza sfumata da non accentuare ulteriormente le divisioni interne”.

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Voci forti in entrambi i campi

Questa indecisione non sorprende. Anche l’economia elvetica, di cui il PLR è tradizionalmente portavoce, è divisa sui nuovi accordi con l’Unione europea. I settori orientati all’esportazione sottolineano la necessità di un accesso al mercato senza intoppi, mentre gli ambienti finanziari e dei servizi mettono sul piatto della bilancia anche considerazioni di natura istituzionale.

Entrambi gli schieramenti possono contare su voci influenti: da una parte Economiesuisse, favorevole agli accordi, e dall’altra la rete Kompass-Europa, contraria.

Secondo il politologo Sean Müller, la questione europea rappresenta al tempo stesso una grande opportunità per il PLR. “Può profilarsi come il vero e pragmatico difensore dell’economia”, sostiene Müller, sottolineando come questo ruolo, che ben si addice al partito, sia al momento ancora vacante nel panorama politico in Svizzera e potrebbe essere occupato in maniera credibile dalla co-presidenza. “Se saprà anche dimostrare una sensibilità sociale, farsi portavoce dell’uguaglianza di genere e diventare il punto di riferimento in materia di sicurezza, credo che il PLR potrebbe sfruttare tutto il suo potenziale”.

I dazi di Donald Trump potrebbero rivelarsi l’elemento determinante sulla decisione dei delegati del PLR nella prossima assemblea. Infatti, il 39% imposto sulle esportazioni verso gli Stati Uniti ha reso più attrattivo e fondamentale il mercato dell’UE.

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Da decenni, il PLR soffre di un costante calo elettorale. È stato così anche alle federali del 2023, quando ha perso due seggi in Parlamento. Da allora, anche a livello cantonale, ha visto scemare la percentuale di consensi, con la perdita complessiva di 11 seggi nei legislativi.

Come affronta il Centro gli accordi con l’UE?

Il Centro ha meno da perdere. Con un po’ di fortuna e abilità politica potrebbe perfino conquistare un secondo seggio in Consiglio federale nel 2027, a scapito del PLR. Alle federali del 2023 lo scarto di voti tra i due partiti è stato minimo: i liberali-radicali hanno ottenuto il 14,3% dei consensi, mentre il Centro il 14,1%.

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Un’ala del Centro sostiene ampiamente i trattati. Una voce influente è quella della consigliera nazionale Elisabeth Schneider-Schneiter, esponente dell’economia basilese e membro del comitato direttivo di Economiesuisse. Sul fronte opposto c’è invece l’ala più conservatrice, legata al mondo agricolo e alle aree rurali, che guardano con scetticismo all’apertura verso l’Unione Europea e al suo mercato. In prima fila, vi è il gruppo riunito attorno al presidente dell’Unione svizzera dei contadini Markus Ritter.

Pronti per la campagna elettorale

Con l’inizio della seconda parte della legislatura, il Centro ha scelto un nuovo presidente: un segnale inequivocabile che il partito è entrato in modalità campagna elettorale.

Philipp Matthias Bregy solleva una scultura raffigurante una testa di mucca
Philipp Matthias Bregy solleva una scultura raffigurante una testa di mucca dopo la sua elezione a presidente del partito del Centro, 28 giugno 2025. Keystone / Anthony Anex

Sulla questione europea, il nuovo presidente Philipp Mathias Bregy non ha ancora scoperto le sue carte. “Il futuro della nostra economia dipende dalla stabilità delle nostre relazioni con l’Unione Europea”, ha affermato, definendo al contempo alcune condizioni per accettare i trattati: “Chiediamo chiarezza in materia di salari, assicurazioni sociali e questioni istituzionali”, ha aggiunto, precisando che una decisione andrà presa solo dopo un’approfondita discussione con la popolazione.

Sulle colonne della Neue Zürcher Zeitung ha poi chiarito che il partito si esprimerà sul dossier soltanto dopo un dibattito sull’attuazione dei trattati a livello nazionale. Una strategia che lascia alla direzione del partito ancora un po’ di tempo per riflettere e, forse, per tastare l’opinione dell’elettorato elvetico o almeno della sua base.

Perfetto per il compromesso

Secondo il politologo Sean Müller, anche per il Centro, ancora attendista, la questione europea potrebbe essere un’opportunità. Il dibattito, osserva, è meno polarizzato di quanto si pensi. “Nessuno vuole rinunciare alle relazioni con l’UE e nessuno vuole aderirvi”, sottolinea Müller. Tra il bianco e il nero ci sono ancora molte sfumature di grigio e un grande bisogno di risposte differenziate, anche da parte dell’elettorato.

“Il pacchetto di accordi con l’UE è un grande compromesso, osserva Müller. E chi, meglio dei partiti del centro, potrebbe difendere un compromesso?”.

Articolo a cura di Samuel Jaberg / Marc Leutenegger

Traduzione di Luca Beti

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