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Non è solo il cambiamento climatico a far crollare le montagne svizzere

veduta aerea di un villaggio alpino
Il villaggio svizzero di Blatten nella Lötschental è stato evacuato dopo il crollo di una frana dal monte Kleines Nesthorn, 18 maggio 2025. Keystone / Cyril Zingaro

Sulle Alpi le piccole frane sono in aumento a causa del cambiamento climatico. Il legame con il riscaldamento globale è invece meno evidente per i disastri naturali di grandi dimensioni come quello a Blatten, in Vallese.

Bondo, Brienz, Lostallo, Cevio e ora Blatten. Le popolazioni di questi villaggi alpini svizzeri condividono un destino comune: hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni a causa del pericolo di disastri naturali. Frane e colate detritiche stanno rendendo insicuri dei luoghi abitati da secoli.

A Blatten, nella Lötschental, una valle dell’Alto Vallese, dai 4 ai 6 milioni di metri cubi di materiale si sono staccati negli scorsi giorni dal monte Kleines Nesthorn. Il primo crollo il 17 maggio ha causato una colata di detriti che si è fermata a qualche centinaio di metri dal villaggio.

La parete rocciosa è ancora instabile. I detriti si accumulano sul sottostante ghiacciaio del Birch, trascinandolo a valle. Una grande porzione del ghiacciaio è crollata il 28 maggio e la massa di detriti ha raggiunto l’abitato, seppellendo parte del villaggio.

“È stato un evento abbastanza imprevedibile”, ha detto a swissinfo.ch Mylène Jacquemart, ricercatrice di glaciologia al Politecnico federale di Zurigo e all’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL), dopo la prima frana.  “I cambiamenti nella roccia sono avvenuti molto rapidamente oppure c’erano già dei movimenti da mesi o anni e nessuno se n’è accorto”. 

>> Guarda le immagini del crollo del ghiacciaio del Birch nel breve filmato seguente: 

Il cambiamento climatico aumenta i pericoli naturali in montagna

Sulle Alpi svizzere ci sono sempre state delle zone caratterizzate da una certa instabilità, ha spiegato l’esperto di pericoli naturali Federico Ferrario alla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana RSICollegamento esterno. Questo è dovuto alle condizioni geologiche, idrogeologiche e ad altri effetti della meteorologia.

“Con il cambiamento climatico, queste instabilità diventano però sempre più importanti anche ad altitudini elevate”, ha detto Ferrario. I ghiacciai e il permafrost – il “collante” delle Alpi – si stanno sciogliendo a causa dell’incremento delle temperature, destabilizzando i pendii. Il rischio di cedimenti lungo i versanti delle montagne cresce.

Uno studioCollegamento esterno recente del WSL conferma che il cambiamento climatico aumenta i pericoli naturali nelle Alpi. In futuro, cadute di massi e crolli di pareti rocciose potrebbero verificarsi più frequentemente nelle regioni alpine con permafrost.

La Svizzera è particolarmente colpita dal cambiamento climatico. Le Alpi sono tra le regioni del pianeta che si stanno riscaldando di più. La temperatura è aumentata mediamente di quasi 3 °C dal periodo preindustriale, circa il doppio rispetto alla media mondiale.

Grandi frane: casi eccezionali o eventi sempre più frequenti?

Tuttavia, ci sono ancora molte incertezze sulle ragioni precise del crollo delle montagne, sottolinea lo studio del WSL sulla base dell’analisi della letteratura scientifica degli ultimi 30 anni. Un legame inequivocabile con il riscaldamento del clima esiste solo per la caduta di massi (quiCollegamento esterno sono spiegate le differenze tra caduta di massi, frana e crollo di pareti rocciose).

Quantificare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle frane e su altri movimenti di massa alpini rimane difficile a causa della complessità del sistema naturale, dei limiti nella disponibilità di dati e delle tecniche di elaborazione statistica esistenti, puntualizza il WSL.

Per le frane di piccole dimensioni, dell’ordine di 100-1’000 metri cubi di materiale, c’è un chiaro legame con il riscaldamento climatico, dice Mylène Jacquemart, coautrice dello studio del WSL.Accadono più spesso, soprattutto ad altitudini elevate”. Queste frane possono bloccare i sentieri escursionistici, danneggiare edifici e rappresentare un rischio per le persone e gli animali che si trovano sul loro cammino.

Tracciare un collegamento tra l’aumento delle temperature e le frane più grandi, come quella attuale a Blatten o quella a Bondo nel 2017, è invece prematuro, secondo Jacquemart. “Le nostre osservazioni sistematiche si estendono su un periodo di una ventina d’anni. È troppo poco per dire se si tratti di eventi eccezionali oppure se sia in atto un cambiamento statistico significativo”, afferma.

parete crollata sulla cima di una montagna
Una parte della cima del monte Kleines Nesthorn, nella Alpi svizzere sopra al villaggio di Blatten, è crollata a valle il 18 maggio 2025. La parete è tutt’ora instabile. Kapo Vs /

“Le nostre montagne non stanno crollando una dopo l’altra”

Le condizioni geologiche locali e la topografia svolgono un ruolo importante, afferma Robert Kenner del WSL. La destabilizzazione delle pareti rocciose è il risultato di un processo che può durare anche migliaia di anni, ma gli eventi meteorologici o il clima possono influenzare il momento in cui si verifica un evento.

Ad esempio, l’acqua di fusione di un ghiacciaio può infiltrarsi nelle fessure della roccia e provocare una disgregazione e un eventuale cedimento del versante quando aumenta di volume congelandosi.

“Le nostre montagne non stanno crollando una dopo l’altra”, ha affermato Kenner a Keystone-ATS.

Per quel che concerne le colate detritiche, cioè le “valanghe” di fango e pietrame, il numero di eventi di precipitazioni intense che possono innescarle è chiaramente cresciuto. “Ma solo la metà degli studi analizzati indica un aumento” delle colate detritiche, afferma Mylène Jacquemart.

Le circa 300 persone sfollate dal villaggio di Blatten questa settimana non sono le uniche ad aver dovuto abbandonare le proprie abitazioni in seguito al pericolo di disastri naturali.

Nel 2024, in Svizzera ci sono stati 1’100 spostamenti forzati a causa di alluvioni e frane, secondo l’ultimo rapporto dell’Internal Displacement Monitoring CentreCollegamento esterno. La cifra si riferisce al numero di volte in cui una persona è stata costretta a trasferirsi altrove in modo temporaneo o definitivo.

Il valore registrato nel 2024 è il più alto dall’inizio dei rilevamenti nel 2008 ed è quasi il triplo di quello nel 2023. La maggior parte delle persone ha potuto fare ritorno a casa. Solo 97 risultavano “sfollate internamente” in Svizzera alla fine del 2024.

A livello mondiale, gli spostamenti a causa di un disastro naturale nel 2024 sono stati 45,8 milioni. Tra i paesi più colpiti ci sono Stati Uniti, Filippine, India, Cina, Bangladesh, Nigeria e Brasile.

Impossibile sorvegliare ogni parete rocciosa in Svizzera

Immagini satellitari, apparecchi radar e sensori nel suolo consentono di monitorare il movimento del terreno lungo i pendii montani. In caso di anomalia, le autorità possono emanare un’allerta di pericolo.

La Svizzera è un Paese pioniere nel monitoraggio delle Alpi, secondo Yves Bühler, esperto di dispositivi di monitoraggio presso l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe. “In Svizzera esiste una collaborazione unica tra le autorità che devono prendere le decisioni, le aziende private che hanno sviluppato e offrono sistemi di monitoraggio ad alta tecnologia e i ricercatori che testano e convalidano i nuovi dispositivi”, ha spiegato alla Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRFCollegamento esterno.

Quando il fenomeno è conosciuto e controllato è possibile intervenire e prevenire disastri, ha affermato Federico Ferrario. Muri in cemento armato e terrapieni possono ad esempio proteggere i villaggi da alluvioni e colate detritiche. Quando però le quantità di materiale sono molto grandi e in zone inaccessibili è molto più complicato intervenire, sia dal profilo tecnico che da quello finanziario, aggiunge.

>> Leggi: Come proteggere persone e villaggi dalle colate detritiche in Svizzera

Nelle Alpi è molto difficile prevedere quale sarà il prossimo punto a cedere, dice Mylène Jacquemart. “Le persone che abitano in montagna e i dati satellitari possono fornire preziose informazioni. Ma è impossibile sorvegliare ogni parete in Svizzera”.

In futuro bisognerà quindi imparare a convivere con il rischio di pericoli naturali. Oppure decidere di abbandonare le zone più a rischio.

A cura di Gabe Bullard/Vdv

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