Minacce, insulti e aggressioni, la pressione sui politici svizzeri aumenta

In Svizzera, quasi tutti i parlamentari hanno vissuto episodi di ostilità legati al loro ruolo politico. Minacce e insulti non sono più eccezioni, ma parte della quotidianità, a tutti i livelli istituzionali. Una realtà preoccupante fotografata da uno studio dell’Università di Zurigo.
La democrazia svizzera, spesso celebrata per la sua stabilità e il suo modello di consenso, si confronta con una sfida crescente: le manifestazioni di ostilità contro i suoi rappresentanti politici.
Un studioCollegamento esterno pubblicato martedì commissionato dal Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGPCollegamento esterno) e condotto dall’Istituto di Sociologia dell’Università di Zurigo ha rivelato una realtà preoccupante. Minacce, denigrazioni e aggressioni fanno ormai parte della quotidianità di numerosi membri del Parlamento svizzero. La ricerca, basata su un’ampia indagine online che ha coinvolto 3’532 parlamentari a livello federale, cantonale e comunale, delinea un quadro non rassicurante sulla diffusione e le conseguenze di questi fenomeni.
Una diffusione capillare, un problema sistemico
I risultati dello studio sono chiari: le ostilità si manifestano in modo diffuso a tutti i livelli della politica svizzera. Nel periodo 2023–2024, quasi tutti i membri del Parlamento federale hanno dichiarato di aver subito atti ostili. Questa percentuale elevata, rilevano i ricercatori, indica che il problema non è episodico, ma sistemico e radicato nella sfera politica federale. A livello cantonale, circa tre quarti dei parlamentari riferiscono esperienze simili. Anche a livello comunale, dove ci si potrebbe aspettare una maggiore vicinanza con la cittadinanza e un minore grado di polarizzazione, quasi la metà dei membri dei parlamenti locali ha subito ostilità.
Questi dati evidenziano una problematica trasversale che coinvolge tutti i livelli della politica svizzera, suggerendo un ambiente politico sempre più aspro e conflittuale. Le ostilità, secondo lo studio, comprendono azioni verbali o fisiche dirette a persone in funzione politica o legate all’esercizio del loro mandato, che avvengono offline o online e sono giuridicamente perseguibili o percepite come trasgressive da chi le subisce.
Le ostilità si manifestano in molteplici forme, con una predominanza di denigrazioni verbali, tra cui insulti, diffamazioni e discorsi d’odio. I membri del Parlamento nazionale risultano particolarmente esposti a minacce e stalking, che comportano un potenziale rischio fisico.
Lo studio evidenzia inoltre la natura interconnessa delle diverse forme di ostilità: una diffamazione online può sfociare in discorsi d’odio e, in casi estremi, motivare atti di violenza fisica.
Le ostilità si diffondono attraverso diversi canali. A livello nazionale, le minacce provengono prevalentemente da sconosciuti e si manifestano tramite e-mail, lettere o commenti sui social media. A livello locale, invece, è più frequente che provengano da membri di altri partiti o avvengano in contesti di interazione diretta, suggerendo una dinamica più personale e visibile
Chi è maggiormente colpito?
Lo studio mostra che alcune categorie di parlamentari sono più frequentemente bersaglio di ostilità. Tra queste, i membri dei partiti agli estremi dello spettro politico risultano particolarmente esposti. Secondo i ricercatori, ciò è dovuto al fatto che tendono a sostenere posizioni più polarizzanti, che generano reazioni più forti da parte degli altri schieramenti. La cosiddetta polarizzazione affettiva – ovvero l’antipatia tra gruppi politici opposti – contribuisce a creare un terreno fertile per l’escalation delle ostilità. Un esempio significativo è la frequenza con cui i membri dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e dei Verdi subiscono attacchi, quasi alla pari, nonostante le loro posizioni diametralmente opposte.
Un’altra categoria particolarmente vulnerabile è quella delle donne, dei membri di minoranze e degli esponenti della sinistra, soprattutto a livello comunale. Le donne, in particolare, sono più spesso vittime di discorsi d’odio, in linea con altre ricerche, che evidenziano una maggiore esposizione delle politiche a forme di violenza verbale e sessista. I membri di minoranze – definite in base a etnia, religione, origine migratoria, disabilità o orientamento sessuale – subiscono ostilità in misura significativamente maggiore rispetto alla popolazione maggioritaria.
Visibilità mediatica e temi controversi
Chi ha una forte presenza mediatica o si esprime su temi controversi come migrazione, parità di genere o politica dei trasporti è più esposto alle ostilità. L’esposizione pubblica e l’impegno su questioni sensibili aumentano il rischio di diventare bersaglio di attacchi. La visibilità, pur essendo essenziale per l’attività politica, comporta quindi un lato oscuro: una maggiore vulnerabilità a denigrazioni e minacce.
Le conseguenze delle ostilità: ritiro e silenzio
Le ostilità non si limitano a generare disagio immediato, ma hanno un impatto profondo sulla vita personale e professionale dei parlamentari, fino a minacciare la loro partecipazione alla vita politica. Le donne e i membri di minoranze, in particolare, ne avvertono il peso in modo più acuto e tendono più frequentemente a ritirarsi dalla sfera pubblica e mediatica.
Questo fenomeno, noto come silencing, rappresenta una minaccia per la democrazia, poiché porta all’autocensura e alla riduzione della rappresentanza di voci importanti nel dibattito pubblico. Quando i parlamentari si sentono costretti a limitare la propria visibilità o a evitare certi temi per timore di ritorsioni, ne risente la pluralità delle opinioni e la qualità del confronto democratico, sottolineano i ricercatori zurighesi.
La voglia di ritirarsi dalla vita politica è particolarmente frequente tra coloro che subiscono discorsi d’odio, ondate di ostilità (shitstorms) o attacchi provenienti dal proprio ambiente privato o politico immediato. Ciò indica che la pressione esercitata può essere talmente intensa da spingere alcuni rappresentanti eletti a valutare l’abbandono del mandato.
Richieste di intervento e misure
Di fronte a questa situazione, la maggior parte dei parlamentari riconosce la necessità di intervenire. Due terzi degli intervistati – in particolare a livello nazionale e tra gli esponenti della sinistra – si dichiarano favorevoli all’adozione di misure contro le ostilità. Questo consenso evidenzia l’urgenza percepita all’interno della classe politica.
Lo studio non si limita a descrivere il problema, ma propone un pacchetto di misure multidimensionali, basato sull’analisi di contromisure già adottate in Svizzera e all’estero. Innanzitutto, le autorità penali, sottolineano i ricercatori, sono chiamate a svolgere un ruolo centrale. Lo studio raccomanda di sensibilizzare e formare specialisti all’interno della polizia e delle procure, e di garantire un perseguimento penale sistematico.
Anche parlamenti, partiti e associazioni hanno la responsabilità di offrire supporto confidenziale e attività di sensibilizzazione rivolte ai propri membri. Infine, i parlamentari stessi sono invitati a sviluppare competenze per affrontare le ostilità e contribuire alla costruzione di una cultura del dibattito basata sui fatti.
Una democrazia sotto pressione
Lo studio evidenzia una problematica di ampia portata che mette sotto pressione la democrazia svizzera. La normalizzazione delle ostilità, il ritiro dalla vita pubblica di gruppi vulnerabili e la possibile riduzione della partecipazione politica sono segnali d’allarme che richiedono un’azione coordinata.
Le proposte di intervento delineate offrono una via per affrontare questa sfida, ma il successo dipenderà dall’impegno congiunto di tutte le parti coinvolte – istituzioni, partiti, media e cittadini – per promuovere un ambiente politico più sicuro e rispettoso. Solo così, conclude lo studio, sarà possibile preservare la vitalità e l’inclusività del dibattito democratico in Svizzera.

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