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Il Salmo svizzero, un inno tra fede e identità nazionale

Suonatori del corso delle Alpi e una grande bandiera svizzera.
KEYSTONE/Ti-Press/Elia Bianchi

Dall'abbazia cistercense di Wettingen, nel Canton Argovia, alle polemiche del XXI secolo: la storia dell'inno nazionale svizzero, o meglio del salmo svizzero, è un viaggio affascinante attraverso 180 anni di tensioni tra tradizione e modernità.

Quando nel 2016 solo venti comuni su 2’300 accettarono di cantare un nuovo testo proposto dalla Società svizzera di utilità pubblicaCollegamento esterno, si riaccese un dibattito che affonda le radici nel 1841 e che riflette le sfide di un paese plurilingue alla ricerca della propria identità sonora. Un percorso tortuoso che racconta molto più di un semplice canto: rivela il complesso rapporto tra istituzioni e cittadini in una delle democrazie più antiche del mondo, dove ogni simbolo nazionale diventa terreno di confronto tra visioni diverse del passato e del futuro della Confederazione. 

>>Il servizio di Falò della RSI sul salmo svizzero, tra il serio e il faceto:

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Le origini monastiche di un inno nazionale

La storia del Salmo svizzeroCollegamento esterno inizia nel 1841, sette anni prima della nascita dello Stato federale. In un’abbazia cistercense di Wettingen, il monaco Alberik ZwyssigCollegamento esterno (1808-1854) adattò un suo precedente canto liturgico “Diligam te Domine” alla poesia patriottica dello zurighese Leonhard Widmer. Nasceva così un’opera che fondeva spiritualità e amor patrio, dipingendo una Svizzera mistica dove le Alpi diventavano altari naturali. 

La diffusione del Salmo fu inizialmente spontanea. Venne eseguito in occasione di eventi nazionali. Fin dall’inizio, dovette competere però con “Ci chiami o Patria” di Johann Rudolf Wyss, cantato sulla melodia dell’inno britannico “God Save the King”. Questa rivalità avrebbe segnato per oltre un secolo il dibattito sull’identità musicale elvetica. (Curiosamente l’inno del Principato del Liechtenstein continua a basarsi sulla melodia britannica). .

Un secolo di resistenze istituzionali

Il percorso verso l’ufficializzazione fu straordinariamente lungo. Nel 1894, alla prima richiesta formale di riconoscimento, il Consiglio federale rispose che l’adozione di un inno non poteva essere imposta dall’alto, ma doveva essere rimessa al “gusto del popolo”. Questa posizione, apparentemente democratica, nascondeva un immobilismo istituzionale che sarebbe durato ottant’anni. 

Nel frattempo, “Ci chiami o Patria” continuava a essere utilizzato nelle cerimonie ufficiali, nonostante il crescente imbarazzo per la melodia condivisa con l’inno britannico. Con l’intensificarsi delle relazioni internazionali, questa sovrapposizione diventò sempre più problematica. 

Nuovi tentativi di ufficializzazione si susseguirono: nel 1933 con una petizione di 250 delegati dell’Associazione federale dei cantori, nel 1941 in occasione del centenario del Salmo, e ancora negli anni Cinquanta con l’intervento parlamentare del consigliere Gotthard Egli. Ogni volta, il Consiglio federale ribadì la sua non competenza in materia. 

Solo nel 1961 si giunse a una soluzione pragmatica: il Salmo svizzero fu adottato “provvisoriamente” come inno nazionale. Questa provvisorietà sarebbe durata vent’anni. 

Troppo religioso, troppo complesso

Le resistenze al Salmo non erano solo istituzionali. Due critiche principali attraversavano il dibattito pubblico: il carattere eccessivamente religioso del testo e la presunta complessità della melodia. 

Italiano:

Quando bionda aurora il mattin c’indora
l’alma mia t’adora re del ciel!
Quando l’alpe già rosseggia
a pregare allor t’atteggia;
in favor del patrio suol,
in favor del patrio suol,
cittadino Dio lo vuol,
cittadino Dio, si Dio lo vuol.

Tedesco:

Trittst im Morgenrot daher,
Seh’ich dich im Strahlenmeer,
Dich, du Hocherhabener, Herrlicher!
Wenn der Alpenfirn sich rötet,
Betet, freie Schweizer, betet!
Eure fromme Seele ahnt
Eure fromme Seele ahnt
Gott im hehren Vaterland,
Gott, den Herrn, im hehren Vaterland.

Francese:

Sur nos monts, quand le soleil
Annonce un brillant réveil,
Et prédit d’un plus beau jour le retour,
Les beautés de la patrie
Parlent à l’âme attendrie;
Au ciel montent plus joyeux
Au ciel montent plus joyeux
Les accents d’un coeur pieux,
Les accents émus d’un coeur pieux.

Romancio:

En l’aurora la damaun ta salida il carstgaun,
spiert etern dominatur, Tutpussent!
Cur ch’ils munts straglischan sura,
ura liber Svizzer, ura.
Mia olma senta ferm,
Mia olma senta ferm Dieu en tschiel,
il bab etern, Dieu en tschiel, il bab etern.

Fonte: Biblioteca nazionale svizzeraCollegamento esterno.

La prima obiezione nasceva da una concezione laica dello Stato che mal tollerava i continui riferimenti a Dio in un simbolo nazionale. I sostenitori del Salmo rispondevano che anche il preambolo costituzionale iniziava con “In nome di Dio Onnipotente!”, rendendo coerente l’ispirazione religiosa dell’inno. 

Quanto alla complessità melodica, il compositore Gustave DoretCollegamento esterno la difese con un paragone provocatorio: “La Francia ha forse mai pensato di rinnegare la Marsigliese, opera geniale ma la cui difficoltà d’esecuzione non è neppure comparabile con l’elementare coro di Zwyssig?”. 

La questione linguistica complicava ulteriormente il quadro. Nato in tedesco, Charles Chatelanat aveva curato la traduzione francese, Camillo Valsangiacomo quella italiana e Gion Antoni Bühler quella romancia con Alfons Tuor che aveva realizzato una versione in sursilvano (1871-1904). Ogni traduzione rappresentava un compromesso tra fedeltà al testo originale e adattamento alle specificità linguistiche e culturali delle diverse regioni.

L’ufficializzazione definitiva

Il primo aprile 1981, dopo vent’anni di “provvisorietà”, il Salmo svizzero divenne ufficialmente l’inno nazionale. La decisione, presa dal Consiglio federale senza consultazioni popolari dirette, ratificava una situazione di fatto: il Salmo era diventato inno non per decreto, ma per consuetudine. 

Lo spartito del Salmo svizzero
Lo spartito del Salmo svizzero custodito alla Biblioteca nazionale a Berna. Biblioteca nazionale svizzera

La data, che potrebbe sembrare ironica per la sua coincidenza con il pesce d’aprile, fu in realtà scelta per ragioni puramente amministrative. Nelle procedure burocratiche svizzere, molte decisioni ufficiali entrano infatti in vigore all’inizio dei trimestri (primo gennaio, primo aprile, primo luglio e primo ottobre), e il primo aprile 1981 era la data più prossima disponibile per formalizzare la decisione che era già stata presa dal governo. La decisione segnò la fine di una delle più lunghe controversie della storia istituzionale svizzera. 

L’atto stabilì anche le versioni ufficiali nelle quattro lingue nazionali, riconoscendole come ugualmente valide e rappresentative dell’identità plurilingue svizzera.  

Il tentativo di rinnovamento

Quarant’anni dopo l’ufficializzazione, il Salmo è tornato al centro del dibattito. Il primo gennaio 2014, la Società svizzera di utilità pubblica (SSUP) lanciò un concorso per modernizzare il testoCollegamento esterno, mantenendo però la musica di Zwyssig, constatando che molti svizzeri non ne conoscevano le parole. L’ex consigliere federale Moritz Leuenberger confessò di aver spesso “solo mosso le labbra, non avendo memorizzato i versi ridondanti”. 

Il concorso raccolse 208 proposte in tutte le lingue nazionali. Una giuria di 30 persone selezionò sei semifinalisti, i cui testi furono sottoposti al voto online degli internauti. 

Il 12 settembre 2015, alla Festa federale della musica popolare di Aarau, fu proclamato vincitore Werner Widmer, economista con formazione musicale. Il suo testoCollegamento esterno sostituiva i riferimenti religiosi con valori costituzionali moderni e includeva una strofa multilingue che simboleggiava l’unità nella diversità: 

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Il testo vincitore recitava, in italiano: “Croce bianca: unità, campo rosso: libertà, simboli di pace e d’equità. Forti se aiutiamo i deboli, servi della libertà, liberi. Siamo aperti al mondo, siamo aperti al sogno: La bandiera svizzera, segno della nostra libertà.”  

Una rivoluzione concettuale rispetto al Salmo tradizionale. 

Nonostante il sostegno di personalità come l’ex sciatrice Maria Walliser e l’ex consigliera federale Ruth Metzler-Arnold, l’iniziativa si scontrò con l’indifferenza popolare. Quando la SSUP invitò i comuni a cantare il nuovo testo durante la Festa nazionale del primo d’agosto, solo una ventina su 2’300 accolse la proposta. 

Verso una soluzione istituzionale

Il fallimento pratico del “nuovo inno” ebbe conseguenze politiche. Il 26 settembre 2018, il Consiglio degli Stati approvò una mozione del senatore indipendente sciaffusano Thomas Minder che proponeva di affidare al Parlamento, e indirettamente al popolo attraverso il referendum, la competenza di designare l’inno nazionale. 

Minder sottolineava un paradosso: mentre l’aspetto della bandiera svizzera “è stabilito al millimetro” per legge, l’inno rimane in una zona grigia istituzionale. La sua preoccupazione era che “chiunque potesse cambiarlo o sceglierne uno nuovo”, trasformando un simbolo nazionale in oggetto di contesa permanente. 

La mozione rappresentava un’evoluzione nella concezione democratica svizzera: non più un generico appello al “gusto del popolo”, ma procedure costituzionali precise per garantire la partecipazione cittadina alle decisioni sui simboli nazionali. 

Un simbolo in continua evoluzione

La storia del Salmo svizzero rivela le peculiarità del sistema politico elvetico, dove il consenso prevale sulla decisione e la gradualità sulla rivoluzione. La resistenza del Consiglio federale a imporre dall’alto una scelta simbolica riflette una concezione profonda della democrazia come processo dal basso. 

Il caso del “nuovo inno” della SSUP dimostra che l’eccellenza tecnica e l’approvazione delle élite non bastano a creare un simbolo nazionale, che vive nella memoria collettiva, si radica nell’esperienza condivisa, resiste ai cambiamenti proprio perché rappresenta continuità in un mondo in trasformazione. 

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