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Svizzera-Ue, sì all’accordo se non si toccano i salari

Mentre si profila all'orizzonte un duro braccio di ferro tra Svizzera e Ue riguardo alle nuove intese che dovrebbero semplificare le loro relazioni, gli abitanti della Confederazione in buona parte non intendono minimamente rinunciare alla tutela dei loro salari per favorire un accordo con Bruxelles.

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Lo conferma un sondaggioCollegamento esterno online condotto nei giorni scorsi dal gruppo editoriale Tamedia, poco prima che scoppiasse la vertenza tra il ministro Schneider-Amman e i sindacati riguardo proprio questo tema.

Dall’inchiesta emerge che il 38% degli interpellati si dice fermamente contrario a indebolire le misure d’accompagnamento, vale a dire il pacchetto di provvedimenti adottato per rafforzare i salari minacciati dall’entrata in vigore dell’accordo di libera circolazione con l’Ue. A questa quota si aggiunge un altro 20% di svizzeri disponibili a meri adeguamenti tecnici che non mettano però in discussione il livello delle remunerazioni in uso nella Confederazione.

Sul fronte opposto un altro 20% di partecipanti al sondaggio è favorevole a un compromesso con l’Unione Europea – anche a costo di alcune rinunce – che sblocchi l’attuale situazione di stallo mentre il 5% si oppone addirittura alle vigenti misure di accompagnamento, poiché le ritiene nocive per il mercato del lavoro (il 17% del campione non si è invece espresso o non sa).

A livello di partiti il 72% degli elettori dell’UDC (destra) è intransigente nei confronti di Bruxelles mentre tra i simpatizzanti delle formazioni di centro (PLR e PPD) prevale l’idea del compromesso con i paesi vicini (il 27% del PLR e il 23% del PPD sono invece contrari ad ogni modifica delle misure collaterali).

A sinistra la base del PS sembra più disposta a compromessi rispetto a quanto hanno ribadito anche nelle ultime ore i dirigenti socialisti e i sindacati. Solo il 18% degli elettori del PS e dei Verdi è infatti dell’avviso che non debbano essere fatte concessioni di natura salariale.

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