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Il “mostro” che arriva di notte imprevedibile ma pronosticabile

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Mi sono sempre chiesto perché assai spesso il "mostro" arrivi di notte. O all'alba. Quasi che il terremoto abbia una sua crudele intelligenza, in grado di "capire" il momento in cui agitarsi per provocare il maggior numero di vittime. Cogliendole nel sonno.

Ricordo che all’Aquila (dove la terra tremò mentre gli orologi segnavano le tre e venti, praticamente come è avvenuto da Amatrice a a Pescara del Tronto) arrivai quattro ore dopo la scossa devastante: i palazzi “moderni” accartocciati, il centro storico devastato, la polvere che ancora saliva dalle case sbriciolate invadendoti i polmoni, le famiglie spossate terrorizzate e al riparo nelle auto, una madre che gridava il nome della figlia studentessa introvabile, che era anche il nome di una delle mie figlie.

Tutte le immagini del disastroso sisma che ha colpito il centro Italia sono angosciosamente sovrapponibili a quelle della devastazione che sette anni fa sconvolse il capoluogo abruzzese, e molti paesini attorno, letteralmente scomparsi. Poi, di altri terremoti che ho dovuto raccontare e di cui ho visto sul posto le tragiche conseguenze (dal Friuli alle Marche all’Umbria), o di quelli che mi hanno sorpreso in casa come avvenne per quello in Emilia (anche quello nel buio della notte), mi ha sempre colpito la cattiva bizzarria dei loro imprevedibili percorsi: da una parte i cumuli delle macerie, e magari lì a fianco una casa misteriosamente e miracolosamente rimasta in piedi.

Sì, sono tante le bizzarrie del “mostro”, che parte dalle viscere della terra e lascia città e paesi come se invece fossero stati bombardati dal cielo. E naturalmente è imprevedibili. Lo è ovunque, anche nel Giappone che i suoi terremoti li studia da decenni, nel tentativo di trovare un sistema che allarmi la popolazione anche solo qualche minuto, qualche secondo prima che si scateni l’inferno. Non sono prevedibili, eppure sono pronosticabili. Anche in Italia, anzi soprattutto in Italia.

Un paese, infatti, dove oltre il 50 per cento del territorio è scientificamente classificato a rischio sismico alto o medio-alto. Dove un terremoto devastante colpisce di media ogni 5 anni. Dove si registra il primato europeo dei terremoti. Dove si calcola che in mezzo secolo sono stati spesi (sovente sperperati) cinquanta miliardi di euro per le ricostruzioni. E dove, ancora mentre si fa la conta delle vittime e dei danni, puntualmente si ripete la litania sulla scandalosa assenza di prevenzione. Anche, e soprattutto, in quella larga striscia (in rosso sulle mappe di territorio ad alto rischio) che scende lungo gli Appennini, e poi lungo la Calabria fino a riemergere in Sicilia.

Eppure si calcola che nella Penisola (oltretutto regno delle abitazioni abusive) ben il settanta per cento delle costruzioni non rispetta le regole antisismiche. Non le abitazioni costruite prima delle normative di messa in sicurezza varate una ventina di anni fa; ma nemmeno quelle più recenti, per cui vi sarebbe l’obbligo della costruzione con regole anti-sismiche. Anche quando (ancora troppo sporadicamente) i fondi assegnati per procedere ci sarebbero. Soprattutto per scuole ed ospedali.

Così, per esempio, oggi stringe il cuore ma fa anche rabbia apprendere che proprio Amatrice risulta nella lista delle città a cui è stato assegnato il miliardo di euro varato dopo il terremoto dell’Aquila, per mettere in sicurezza gli edifici pubblici e co-finanziare quelli privati: fondi per sei milioni di euro mai spesi, rimasti nel cassetto, congelati a causa di pratiche burocratiche, mancato coordinamento fra Comune e Regione, o – peggio ancora – destinati ad altro, anche a causa di Comuni lasciti senza risorse, con le casse vuote. E quando qualcosa (300.000 euro) è stato speso, è andata anche peggio: per esempio, si è sbriciolata anche la scuola, messa in sicurezza tre anni fa: calcoli sbagliati, materiale a basso costo, verifiche superficiali? Anche per tutto questo Amatrice “non c’è più”, per usare la sconsolata ammissione del suo sindaco, mentre nella non lontana Norcia, dove i fondi sono stati utilizzati e bene, quasi tutta la città ha resistito alla violenta scossa.

È giusto sottolineare che nel momento della tragedia, della devastazione, del doloroso bilancio delle vittime, del rinnovato smarrimento di fronte alla violenza del “mostro” non è il caso di fare subito polemica. Persino apprezzabile che un giornale berlusconiano come “Il Giornale” titoli addirittura “Forza Italia, forza Renzi”, e scriva di voler collaborare col governo nella difficile opera di ricostruzione. Ma dire le cose come stanno non è fare polemica. È soltanto un atto di verità. Fin troppe volte ripetuto. E fin troppe volte inutilmente. In attesa della successiva tragedia.

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