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Ammuina-Italicum, tutti in movimento per creare confusione

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"Fare ammuina", in napoletano, significa fare intenzionalmente confusione, mettere disordine, non fare assolutamente nulla pur muovendosi in tutte le direzioni, in un apparente fervore creativo.

La bizzarra norma fu addirittura emanata dalla Real Marina nel 1841: “All’ordine tacite ammuina, tutti chilli che stanno a prora vann’a poppa, e chilli che stanno a poppa vann’a prora….”, recitava il testo dell’ordine. Serviva a confondere le idee, dando l’impressione di un vivace impegno da parte dell’equipaggio, in occasione di visite a bordo da parte delle più alte autorità del Regno.

Ciò che sta avvenendo in questi giorni sul bastimento della politica italiana a proposito dell’Italicum (una riforma già da riformare prima che entri in vigore) corrisponde esattamente alla logica dell’ “ammuina”: tutti in movimento, per eludere le vere intenzioni di ciascuno, e soprattutto per rinviare qualsiasi decisione. Così, il premier, che dell’Italicum fece una pietra angolare del suo rinnovamento, manda avanti i suoi parlamentari per stanare le vere intenzioni dei suoi avversari; la minoranza dem che l’aveva inizialmente votata e poi bocciata, ora non vota la sua revisione; i grillini, che oggi sulla carta sarebbero i grandi beneficiari di un nuovo sistema che prevede il doppio turno, avanzano a sorpresa l’inverosimile proposta di votare col proporzionale (un puro ritorno al passato); così, Berlusconi – che teoricamente dovrebbe essere meno ostile a una riforma che ripercorre alcune sue proposte del passato – manda all’offensiva le sue truppe pur sapendo che affondare Renzi non gli consentirebbe affatto di tornare come protagonista sulla scena nazionale.

E come se non bastasse, ci si mette anche la Corte Costituzionale: aveva promesso di volersi esprimere ad inizio ottobre sulla costituzionalità della riforma del Senato e ora annuncia il rinvio della decisione. La Corte sostiene di non volere creare ulteriore confusione nell’acceso dibattito politico sulla consultazione a cui Renzi diceva di voler affidare la sorte sua e del suo governo. Ma si fa fatica a capire: i verdetti dell’alta Corte non dovrebbero essere neutrali rispetto al momento politico? Da quando il suo parere sulla correttezza e sull’accettabilità di una legge dipende dagli sviluppi sull’agone politico? Insomma, si direbbe che fanno “ammuina” anche gli alti ufficiali della nave eternamente ancorata sulla banchina dell’immobilismo, o prigioniera delle secche in cui si è infilata.

Spettacolo davvero poco edificante. Così come in parte è lo stesso “Italicum”. Varato in fretta e furia dal premier e segretario del PD subito dopo il quaranta per cento ottenuto nel voto europeo, quando sembrava che la sua ascesa fosse irresistibile. Una riforma che sembrava un abito fatto su misura: in vista del monocameralismo, il passaggio ad una premiership che avrebbe garantito ampi poteri al capo del governo (Renzi, naturalmente). Ma con due vistosi difetti: candidati per lo più scelti non dagli elettori ma dal vertici dei partiti, e uno spropositato premio di governabilità, tanto che anche uno schieramento al 25/30 per cento potrebbe beneficiare della maggioranza assoluta.

Il problema (o il non problema) è che Renzi è ormai lontano da quel quaranta per cento dei consensi su cui aveva disegnato l’ “Italicum”, il quale oltretutto prevede un doppio turno che (nell’attuale sistema tripolare: PD, Cinque Stelle, centro-destra) favorirebbe l’elettorato grillino, come confermato dalle recenti elezioni comunali, e come continuano a ripetere i sondaggi nonostante il disastroso debutto dei Cinque Stelle alla guida del Comune di Roma. Il premier si è dunque convinto che l'”Italicum” va cambiato. Ma non sa bene come e fino a che punto, anche per non perdere la faccia. Così come bene non lo sanno nemmeno i suoi rivali dell’opposizione.

Così, in attesa che dalle segrete stanze, e dai contatti sottotraccia, esca una soluzione, che si fa? “Ammuina”, appunto.

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