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Renzi e “la madre di tutte le manovre”

Ansa

Di Aldo Sofia

Di destra o di sinistra? Qualcuno ha salomonicamente decretato che è semplicemente democristiana, e non dispiacerà certo all’ex boy scout Matteo Renzi. “Superespansiva” (36 miliardi di euro,invece dei 20 inizialmente ipotizzati), la Legge di stabilità messa sul tavolo dal più giovane premier italiano della storia repubblicana è anche quella che prevede il taglio delle tasse più forte (18 miliardi). Insomma, “la madre di tutte le manovre”.

Così l’ex sindaco toglie a un’opposizione in evidente difficoltà (Grillo contestato nella “sua” Genova messa in ginocchio dall’ennesima prevedibilissima alluvione, e Berlusconi che in questi giorni fa parlare di sé soprattutto per la cena con Luxuria) uno dei suoi argomenti preferiti: quello di un centro-sinistra “eterno partito delle tasse”.

Naturalmente, e di nuovo, di fronte a cifre così imponenti si discuterà a lungo. E’ chiaro a tutti che il “pacchetto” sia ambizioso. Che sia anche realistico e realizzabile, saranno solo i fatti a poterlo dire. C’è l’eterno problema delle “coperture” (su cui giocano gli avversari); una parte della manovra ancora teorica (come quella di scommettere su un inasprimento della lotta all’evasione fiscale che dovrebbe fruttare quasi 4 miliardi di euro); o ancora il fatto che l’incisivo taglio a Regioni e Comuni (per oltre 6 miliardi) dovrà essere probabilmente “compensato” da nuove imposte locali per trasporti, assistenza sociale, asili nido e soprattutto sanità. Ma intanto “turbo-Renzi” lancia tre messaggi indubbiamente “forti”.

Il primo alle imprese. Eliminato l’articolo 18, cancellata la contestata tassa Irap sul lavoro (con un guadagno di 800 euro l’anno per lavoratore), varati sconti contributivi per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro: “Imprenditori, non avete più alibi, se non assumerete”, ha pubblicamente ammonito il premier rivolto a un mondo che ha sempre imputato alla rigidità delle leggi sul lavoro e alla tassazione delle imprese la mancanza di nuovi investimenti e il ristagno produttivo.

Secondo messaggio, all’Europa: a cui viene promesso il rispetto del famoso tetto del 3 per cento sul debito, nella speranza di convincere Bruxelles a non bocciare (calcolati effetti, concreta fattibilità e serietà della manovra) questa Finanziaria chiudendo un occhio sul problema irrisolto del deficit strutturale. La verifica europea non sarà certo un “esame” facile, un “nyet” non è affatto da escludere, ma è un’Italia apparentemente più disciplinata della Francia quella che Renzi porta al tavolo dei rigoristi di Bruxelles.

Il terzo messaggio Renzi lo lancia all’elettorato. La manovra conferma gli 80 euro in più nella busta paga di circa dieci milioni di italiano a basso salario, concede per 3 anni la possibilità di ritirare in anticipo una parte dei propri versamenti pensionistici, concede qualche ammortizzatore sociale in più per i nuovi disoccupati, consente l’assunzione di 185 mila precari della scuola. Insomma, sulla carta non è certo una manovra tipo “lacrime e sangue”, del resto inimmaginabile in un Paese già fortemente provato dalla crisi, che non esce dalla recisione, e con un prodotto interno lordo tornato ai livelli di 15 anni fa.

Mega-manovra sostenibile? O miracolistico libro dei sogni, destinato al naufragio? Si vedrà, e si capisce che la scommessa é ad altissimo rischio. La delusione potrebbe provocare una spettacolare caduta. Ma in attesa del riscontro dei fatti, Renzi non perde di vista il consenso e il consolidamento del suo elettorato. Quindi, una manovra che è anche politica. E che i principali rivali, i Grillo, i Berlusconi, continuino pure ad avvitarsi nella crisi dei loro partiti.

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