Tre anni di Governo Meloni, una stabilità inedita ma qualche ombra
Se vi è un argomento "italiano" che domina questa settimana sulla stampa della Svizzera francese e tedesca, sono i tre anni di Governo a guida Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. I media elvetici sottolineano la stabilità inedita, ma sollevano interrogativi sulla tenuta democratica.
Meloni, tre anni al potere: stabilità, rigore e ambiguità
I tre anni di Governo di Giorgia Meloni sono ampiamente analizzati questa settimana dalla stampa della Svizzera tedesca e francese. La leader di Fratelli d’Italia – osservano in sostanza i media elvetici – si conferma un’eccezione di stabilità in un’Italia storicamente segnata da Esecutivi effimeri. “Solo Berlusconi era riuscito a restare così a lungo”, nota Le TempsCollegamento esterno. La premier domina una coalizione che controlla saldamente, grazie a un consenso che resta intorno al 30% e a un’opposizione giudicata “troppo a sinistra o incoerente”, scrive il giornale.
Sul piano economico, il Governo ha ridotto il deficit sotto il 3% e la disoccupazione al 6%. Tuttavia, la crescita è stagnante (+0,5%) e l’Italia resta “più indebitata della Francia”, osserva la Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTSCollegamento esterno. L’inflazione erode i salari e 156’000 giovani hanno lasciato il Paese nel 2024.
Meloni ha mantenuto una linea di rigore: tagli alla spesa pubblica, abolizione del reddito di cittadinanza e privatizzazioni. Ma ha anche introdotto sgravi fiscali per ceti medi e piccoli imprenditori. “Il Governo è stato più realista del re”, ha commentato l’economista Francesco Saraceno, interpellato dal portale BluewinCollegamento esterno. Il tutto sostenuto da 140 miliardi di fondi europei, “senza i quali l’Italia sarebbe già in recessione”, sottolinea la Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno.
Politicamente, Meloni gioca su due tavoli: “amica di Trump ma saldamente nella NATO”, “critica verso Bruxelles ma con un profilo istituzionale rassicurante”, rileva Le Temps. Questo doppio registro le consente di rassicurare i partner occidentali e galvanizzare la base sovranista. “Non c’è politica più pragmatica di lei”, osserva il politologo Marco Tarchi, citato dal portale RepublikCollegamento esterno.
Ma crescono i timori per la tenuta democratica. Secondo Republik, l’Italia è tra i “cinque distruttori dello Stato di diritto” in Europa. Meloni vuole rafforzare il potere esecutivo e limitare l’autonomia della magistratura. “Quando si rompe l’equilibrio tra i poteri, si rompe anche la democrazia”, avverte nell’articolo di Republik l’ex magistrato Armando Spataro.
Meloni resta popolare, ma il suo progetto divide. “La sua idea è fare ciò che ha fatto l’Ungheria”, afferma lo storico Tomaso Montanari, citato ancora da Republik. E se dovesse ottenere un secondo mandato, “il rischio sarebbe enorme”.
Ogni settimana proponiamo un riassunto dei temi che riguardano l’Italia di cui si è occupata la stampa della Svizzera tedesca e francese. Se vi interessa riceverla comodamente nella vostra casella di posta elettronica, potete abbonarvi alla nostra newsletter gratuita “La selezione della settimana”.
Uccel di bosco da 29 anni arrestato a Bari
La notizia diramata lunedì dell’arresto eseguito al largo delle coste di Bari dalla Guardia di finanza italiana è rimbalzata anche sui media elvetici. La ragione è semplice: la persona arrestata è di nazionalità svizzera. Contro di lui la giustizia statunitense aveva emesso ben 26 anni fa un mandato d’arresto per associazione a delinquere finalizzata alla frode su titoli finanziari e riciclaggio dei proventi illecitamente acquisiti. “Il danno stimato è di 20 milioni di dollari e il ginevrino rischia fino a 25 anni di carcere”, rileva Le Matin. Collegamento esterno
Il Blick Collegamento esternoha da parte sua scavato su internet per cercare le tracce online del 59enne: “Sebbene il banchiere d’investimento ginevrino fosse un uomo ricercato, continuava a postare allegramente su diverse piattaforme social, offrendo così uno sguardo sulla sua vita da jet set”. Ad esempio, in una foto del maggio 2024 lo si vede seduto in un ristorante elegante, con occhiali da sole, vestito in smoking e un ampio sorriso stampato sul volto mentre una bella donna lo bacia sulla guancia. Altre immagini lo ritraggono su uno yacht o su una spiaggia. La fotografia più sorprendente – scrive il Blick – è però quella “del ricercato ginevrino in una località sciistica”.
Come e perché lo svizzero sia arrivato a Bari a bordo di un catamarano è per il momento poco chiaro. L’uomo viveva apparentemente sull’isola caraibica francese di Saint-Barthélemy. “Lo conferma un commento pubblicato su Facebook nel maggio 2024, nel quale esprimeva il suo amore per la sua nuova patria”, rileva il Blick. Scrutando il suo profilo su Linkedin, il giornale ha potuto constatare che l’uomo ha aperto almeno due aziende negli ultimi anni. “Una di esse è stata creata dopo il 1999, mentre l’altra è oggetto di un avviso da parte dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari”.
Mussolini muratore a Rapperswil? Un mito senza prove
È un piccolo capitolo di storia locale, ma è una vicenda curiosa che merita di essere raccontata, quella di cui scrive questa settimana la Linth-ZeitungCollegamento esterno. Quest’anno a Rapperswil si celebra il 120esimo anniversario dell’inaugurazione della scuola elementare Herrenberg. Questa ricorrenza ha fatto riemergere un vecchio mito: Benito Mussolini avrebbe lavorato come manovale al cantiere dell’edificio.
Il futuro dittatore arrivò in Svizzera nel 1902, visse a Losanna e fu attivo come giornalista e sindacalista. Nel 1904, anno d’inizio dei lavori della scuola, Mussolini frequentava l’università nel capoluogo del Canton Vaud. “Esiste un piccolo, ipotetico, intervallo nell’estate 1904 in cui avrebbe potuto lavorare al cantiere”, spiega alla Linth-Zeitung lo storico Martin J. Bucher, “ma non ho trovato alcuna prova concreta”.
Al centro del mito c’è una fotografia conservata nell’archivio cittadino, che mostrerebbe Mussolini tra operai italiani. Ma l’analisi con software di riconoscimento facciale smentisce l’identificazione: “L’uomo con la giacca chiara non è Mussolini”.
Anche la datazione dell’immagine è dubbia: aprile 1904 è troppo presto (il vecchio edificio era appena stato demolito), aprile 1905 troppo tardi (Mussolini era già tornato in Italia per il servizio militare).
La conclusione dello storico è netta: “Mussolini non era tra gli operai dell’Herrenberg, né vi ha tenuto discorsi. Il mito sopravvive, ma mancano prove solide”.
Il sarto dei papi
Le Temps Collegamento esternodedica un ritratto a Filippo Sorcinelli, 50 anni, che da “25 anni ha vestito tre Papi, decine di cardinali e un numero incalcolabile di personalità religiose nel mondo”. La sua carriera è iniziata per caso nel 2001, quando un amico gli chiese un abito per l’ordinazione. “Dopo otto anni di lavoro per piccole parrocchie, ho ricevuto una telefonata dal Vaticano”, racconta.
Le sue creazioni, che costano tra 600 e 7’000 euro, uniscono tessuti preziosi e tecnologie moderne ispirate al Medioevo. “Mi ispiro al Medioevo, ma uso il laser e il trasferimento d’oro e argento sui tessuti”, spiega. Ha anche un laboratorio di profumi e un atelier a Santarcangelo di Romagna. Tra le creazioni di cui va più fiero vi è il primo vestito indossato da Papa Francesco durante la prima messa che ha celebrato dopo la sua ascensione al soglio di Pietro. Ma il pezzo più difficile da realizzare è stato un altro, per un vescovo “molto meno conosciuto”, che esercita il suo ministero nell’Italia meridionale. “Voleva un talare decorato con coralli marini recuperati nella sua regione, non lontano da Napoli. Il corallo è un materiale molto fragile e difficile da lavorare. Abbiamo impiegato quasi cinque mesi per completare quell’ordine con il mio team”, ricorda.
Nel 2013, una lettera anonima rivelò la sua omosessualità al clero. “Tutti hanno ricevuto la stessa lettera: ‘Il vostro sarto è gay’. Ma nessuno mi ha discriminato. I clienti hanno risposto: ‘E allora?’”. Pur essendo omosessuale, si definisce conservatore: “L’evoluzione della Chiesa è lenta, ma non si può pretendere che cambi al ritmo della vita umana”. E conclude: “Ho avuto più difficoltà a essere accettato nella comunità LGBT che nella Chiesa”.
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