“Il grande fallimento di Giorgia Meloni è il crollo delle nascite”
Le misure per rilanciare la natalità in Italia non hanno finora dato nessun esito. La stampa della Svizzera tedesca e francese s’interessa questa settimana anche all’educazione sessuale nelle scuole italiane, a una multinazionale dell’agroalimentare e alla polemica sulla carbonara.
La natalità in Italia (e nei Paesi occidentali) in caduta libera
I dati sono stati pubblicati già un mese fa, ma il tema resta di un’attualità scottante: il tasso di natalità nei Paesi occidentali è in caduta libera e in Italia ha raggiunto il livello storicamente più basso, con un numero medio di figli per donna nel 2024 pari a 1,18. La rivista online Heidi.NewsCollegamento esterno s’interessa da vicino al caso italiano in un articolo intitolato “Il grande fallimento di Giorgia Meloni è il crollo delle nascite”.
Il declino demografico, iniziato negli anni Novanta, è diventato “un incubo” anche per Elon Musk, che su X ha scritto: “L’Italia sta scomparendo”. Nel 2024 si sono registrate solo 369’944 nascite, “uno dei tassi più bassi d’Europa”, mentre la popolazione italiana è destinata a calare del 7% entro il 2050. Giorgia Meloni ha definito la natalità “una priorità assoluta”, ma le misure adottate – qualche bonus, sgravi fiscali e l’aumento del congedo parentale – hanno prodotto “risultati ancora insufficienti”.
Le cause sono strutturali e sociali, rileva Heidi.News: “L’Italia è il Paese più vecchio d’Europa”, con un’età mediana di 44,7 anni. Le donne fanno il primo figlio a 32 anni, spesso “non per scelta”, ma per precarietà, studi lunghi e difficoltà abitative. Mancano servizi: “Assenza di posti in asili nido, scuole aperte solo mezza giornata”. La conciliazione lavoro-famiglia è difficile e “una madre su cinque lascia il lavoro”. Per la politologa Giorgia Serughetti, “serve un piano ampio e ben finanziato, non misure isolate”.
Il problema non è solo “quello delle culle vuote, ma anche quello degli aerei pieni di giovani che partono, avverte l’economista Tommaso Nannicini: in 10 anni l’Italia ha perso 254’000 residenti tra i 25 e i 34 anni. La questione è economica (pensioni, manodopera) ma anche identitaria: Meloni ha proposto incentivi fiscali alle madri di due figli per il loro “contributo importante alla società”. La natalità diventa “un dovere verso la nazione”, legato al triptico “Dio, patria, famiglia”. In questa visione, è “impossibile vedere nell’immigrazione una soluzione”: nonostante l’aumento dei permessi di lavoro, il Governo “non porta avanti alcuna politica d’integrazione” e ha persino “bloccato una riforma sulla cittadinanza”.
Ogni settimana proponiamo un riassunto dei temi che riguardano l’Italia di cui si è occupata la stampa della Svizzera tedesca e francese. Se vi interessa riceverla comodamente nella vostra casella di posta elettronica, potete abbonarvi alla nostra newsletter gratuita “La selezione della settimana”.
La sessualità nelle scuole italiane: tra divieti e paure
La Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno dedica un servizio al dibattito sulla sessualità nelle scuole italiane. La destra al Governo vuole introdurre l’obbligo di “consenso informato” dei genitori per i corsi di educazione sessuale. “Dragqueen in classe? Pornostar che parlano di contraccezione?”, ha tuonato il deputato leghista Rossano Sasso, denunciando “LGBT-attivisti e ideologi trans” che “confondono i bambini”. L’obiettivo dichiarato è “proteggere l’innocenza dei bambini”, spiega la maggioranza, che vorrebbe spostare la responsabilità dell’educazione sessuale sulle famiglie. “La responsabilità non è della scuola”, ha sottolineato Paola Frassinetti, sottosegretaria all’Istruzione:
In Italia, a differenza di altri Paesi europei, la sessualità non è mai stata materia obbligatoria. Il Governo propone che se ne parli solo dai 14 anni, “quando molti adolescenti hanno già avuto le prime esperienze sessuali”, rileva la NZZ. Il primo progetto prevedeva addirittura un divieto totale. La legge non è ancora stata votata, ma il dibattito è acceso: “Il sesso è naturale. Tutti lo fanno”, ha replicato una deputata del Movimento 5 Stelle.
Secondo i critici, la misura rischia di accentuare le disuguaglianze: “I genitori informati firmeranno subito, gli altri no”, avvertono associazioni e psicologi. Più del 70% delle famiglie vorrebbe che la scuola affrontasse “emozioni, relazioni e sessualità”. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ricorda che “l’educazione sessuale dovrebbe iniziare intorno ai cinque anni” e che “la prevenzione precoce aiuta contro abusi e violenze”. In Italia, invece, l’insegnamento resta facoltativo e spesso limitato a “giornate o settimane di progetto”, con contenuti su corpo, sentimenti, contraccezione e, talvolta, diversità sessuale.
Gli esperti sottolineano che “l’educazione sessuale non è un pericolo, è una protezione”, come ha dichiarato Gino Cecchettin davanti al Parlamento. Sua figlia Giulia è stata uccisa dal fidanzato nel 2023, un femminicidio che ha riacceso il dibattito sulla necessità di “insegnare il rispetto e prevenire la violenza di genere”. Per OMS e Unesco, la sessualità non riguarda solo malattie e gravidanze indesiderate, ma “il rispetto reciproco e la conoscenza delle diverse forme di relazione”.
Barilla punta sull’Asia e su nuove ricette
Questa settimana la rivista BilanzCollegamento esterno dedica la sua attenzione a Barilla, uno dei giganti dell’agroalimentare italiano e leader mondiale nella produzione di pasta. Nonostante le sfide degli ultimi anni – consumatori sempre più orientati verso piatti veloci, il boom delle consegne a domicilio e la percezione dei carboidrati come nemici della linea – il gruppo ha chiuso il 2024 con un fatturato di 4,9 miliardi di euro. A complicare il contesto, si sono aggiunti anche i dazi sulla pasta italiana annunciati da Donald Trump.
Dietro a questi numeri c’è una storia familiare che attraversa generazioni. La famiglia Barilla, oggi alla quarta generazione, è tornata alla guida dell’azienda nel 1979 grazie a Pietro Barilla e al sostegno di Hortensia Anda-Bührle, figlia del magnate svizzero Emil Georg Bührle. “Tutti avevano sconsigliato a mio padre di ricomprare l’azienda. Lo fece comunque”, ricorda Paolo Barilla, sottolineando il coraggio che ha permesso al marchio di restare indipendente.
Oggi la produzione è fortemente automatizzata: nello stabilimento di Parma oltre 100 veicoli senza conducente movimentano pallet di pasta, una tecnologia che si è rivelata cruciale durante la pandemia per gestire una domanda record. Il gruppo conta 30 stabilimenti nel mondo, con la pasta che rappresenta il 48% del fatturato e i prodotti da forno oltre il 40%. Nonostante la vocazione internazionale, il 36% delle vendite proviene ancora dall’Italia.
Per sostenere la crescita globale, Barilla ha spostato il team di sviluppo ad Amsterdam e lanciato il “Pasta Plan”, introducendo novità come la pasta trafilata al bronzo e varianti proteiche. L’obiettivo è conquistare mercati complessi come la Cina, mentre negli Stati Uniti due fabbriche locali aiutano a ridurre l’impatto dei dazi. “Vogliamo capire come essere vincenti in Paesi come la Cina”, afferma Paolo Barilla, che vede nell’Asia la principale opportunità di espansione.
Sul fronte interno, la sfida è il passaggio alla quinta generazione: “L’impulso deve venire da loro stessi. Nessuno si lascia costringere”, spiega Paolo, ex pilota e vincitore della 24 Ore di Le Mans nel 1985. Ammette che decidere tra pasta e biscotti non dà lo stesso brivido delle corse, ma per compensare Barilla è diventata sponsor della Formula 1, anche per rafforzare il brand in Asia.
Il mercato svizzero, tra i primi dieci in Europa, conferma la crescita in tutte le categorie. “La pasta al bronzo è un vettore importante”, sottolinea il country manager Ronen Dimant. Tra le innovazioni spiccano la pasta con proteine di piselli e nuove salse, segmento in forte espansione. Paolo Barilla conclude con una filosofia semplice: “Una dieta sana è fatta di verdura, frutta, carboidrati e proteine. Non è fisica nucleare”.
Il sacrilegio della carbonara Made in Belgio
Sempre in tema di alimentazione, sulla stampa della Svizzera francese e tedesca rimbalza anche la diatriba sulla carbonara. “Una salsa che ha un gusto d’i incidente diplomatico”, scrive il quotidiano gratuito 20 MinutesCollegamento esterno, riferendosi alla polemica innescata nei giorni scorsi dal ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, che a Bruxelles, nel supermercato del Parlamento europeo, si è imbattuto in una salsa carbonara il cui barattolo sfoggia la bandiera italiana, sebbene sia prodotta in Belgio. E soprattutto – “doppio sacrilegio” – contiene pancetta e non guanciale e il 40% di… panna.
Un oltraggio di lesa maestà che ha fatto montare il sangue alla testa di Lollobrigida: “Sorvolando sulla pancetta nella carbonara… tutti questi prodotti rappresentano il peggio dell’Italian Sounding. È inaccettabile vederli sugli scaffali del market del Parlamento Europeo. Ho chiesto di avviare subito le verifiche”, ha scritto il ministro dell’agricoltura su Facebook. “Secondo le norme dell’UE, un prodotto alimentare può essere considerato fuorviante per i consumatori se la sua etichettatura altera il reale Paese di origine”, precisa la BaslerZeitung.Collegamento esterno
La polemica – rilevano i quotidiani elvetici – è però tutt’altro che folcloristica. “Il principale sindacato agricolo italiano, Coldiretti, stima che lo ‘scandalo dei prodotti italiani contraffatti’ costi al Paese 120 miliardi di euro all’anno”, scrive la BaslerZeitung. L’Italia lotta da anni contro i prodotti cosiddetti “Italian Sounding”, ovvero “articoli che giocano con i colori della bandiera italiana, simboli o nomi del Paese, ma che in realtà non provengono affatto dall’Italia”, osserva 20 Minutes. Il giornale gratuito sottolinea inoltre che per Roma la posta in gioco non è solo finanziaria, ma riguarda anche la sua identità culturale. “Il Paese – ricorda 20 Minutes – attende attualmente la decisione dell’Unesco sul riconoscimento della sua cucina come patrimonio culturale immateriale. Una risposta positiva darebbe a Roma ulteriori strumenti per combattere sulla scena internazionale le presunte diluizioni della propria cultura culinaria”.
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