“Giorgia Meloni sa come parlare con Donald Trump”

Mentre Donald Trump è atteso a Roma per i funerali di Papa Francesco, la stampa svizzera ritorna questa settimana anche sulla visita di Giorgia Meloni a Washington. I giornali elvetici puntano i riflettori anche su uno dei prodotti che meglio simboleggia il Made in Italy passato in mani cinesi e sull’ottantesimo Anniversario della Liberazione.
La scomparsa di Papa Francesco è naturalmente su tutte le prime pagine dei quotidiani svizzeri d’oltralpe questa settimana. Dai bilanci sul pontificato a interviste a persone – in particolare guardie svizzere – che lo hanno conosciuto, ai possibili papabili e ai funerali in programma sabato, gli articoli dedicati a Jorge Mario Bergoglio pubblicati da lunedì sono moltissimi e riassumerli qui sarebbe impossibile.
Ci focalizziamo quindi su altro, a partire dalla visita – una settimana fa – di Giorgia Meloni a Washington. Una visita contraddistinta da “un ambiente molto più caloroso rispetto a qualche settimana prima, quando a sedersi sulla stessa poltrona era stato Volodymyr Zelensky”, osserva il BlickCollegamento esterno. “A differenza del presidente ucraino, Giorgia Meloni ha saputo come lusingare il presidente americano perseguendo i propri interessi”. Promettendo di aumentare il budget militare, di investire dieci miliardi di dollari negli USA e di aumentare le importazioni di gas naturale americano, la presidente del Consiglio italiano ha guadagnato punti agli occhi dell’inquilino della Casa Bianca. “In cambio, ha strappato a Trump la promessa di visitarla a Roma e di incontrare i leader dell’Unione Europea per negoziare i dazi commerciali”, scrive il giornale, sottolineando come questo incontro “conferma una tendenza globale: il fatto che i populisti di destra si stanno imponendo come i nuovi leader della politica mondiale”.
Il settimanale WeltwocheCollegamento esterno, di stampo conservatore e su posizioni sovraniste, tesse le lodi di Giorgia Meloni, definita “la nuova leader europea” che è riuscita a dare al suo Paese “un ruolo di primo piano sulla scena mondiale, come mai prima d’ora dalla fondazione della Repubblica. “Giorgia Meloni sa come parlare con Donald Trump”, annota da parte sua il Tages-AnzeigerCollegamento esterno. Solo dopo aver discusso di temi cari al presidente americano, come le migrazioni o le droghe sintetiche, “ha detto quelle parole che le altre capitali europee stavano aspettando”, affermando che “non si tratta solo dell’Italia ma di tutta l’Europa”. “La leader di un partito euroscettico con radici neofasciste si è recata a Washington espressamente come rappresentante dell’Unione Europea”, prosegue il giornale. Trump, che riservando un trattamento preferenziale a Giorgia Meloni sta “ovviamente” cercando di dividere e indebolire l’UE, si è dal canto suo detto convinto che un accordo commerciale con l’Europa è “al 100% probabile”. “Rimane però poco chiaro – prosegue il quotidiano zurighese – in quale forma sia stata discussa la proposta dell’UE, che Meloni aveva concordato in precedenza con le altre capitali, ovvero abolire tutti i dazi industriali reciproci”.
È possibile che una prima schiarita arrivi nei prossimi giorni. Donald Trump sarà infatti sabato a Roma per presenziare ai funerali di Papa Francesco. Oltre al presidente statunitense, nella capitale italiana sono attesi non meno di 50 capi di Stato e di Governo, tra cui tutti i principali pesi massimi della politica europea.

Se ne va un pezzo d’italianità
Il passaggio in mani cinesi della Bialetti, annunciato a metà aprile, suscita una certa commozione a nord delle Alpi. “Die Mutter aller Espressokannen wird chinesich”, “La madre di tutte le moka diventerà cinese”, titola ad esempio il Bündertagblatt, mentre la Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRFCollegamento esterno sottolinea che vi sono “pochi prodotti che simboleggiano meglio il Made in Italy e lo stile di vita italiano” di questo “indistruttibile utensile da cucina”.
La Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno si congeda dalla leggendaria macchinetta con un semplice “ciao moka” e ricorda come Alfonso Bialetti con la sua invenzione del 1933 ha cambiato la vita quotidiana degli italiani e delle italiane: “Ha portato l’espresso dal bar nella sfera privata. Con la sua resistente ed economica macchinetta in alluminio, l’elisir di vita nero degli italiani poteva essere preparato improvvisamente nella propria cucina. Da allora, Bialetti è diventato sinonimo di piacere del caffè a casa e ha accompagnato il rituale quotidiano di milioni di persone”. L’azienda di Omegna, ceduta per 53 milioni di euro al fondo di investimento Nuo Capital dell’imprenditore di Hong Kong Stephan Cheng, lotta da decenni contro il declino, ricorda la NZZ. Inizialmente a causa della globalizzazione, con la forte concorrenza dei Paesi a basso salario. Poi, l’arrivo delle macchine da caffè automatiche ha messo sotto forte pressione la ditta di proprietà di Francesco Ranzoni. “Nel bel mezzo della pandemia, scrive il quotidiano, gli sfrigolanti e fumanti elettrodomestici hanno registrato un vero e proprio boom delle vendite e anche in Italia, nel 2021, le vendite di macchine per caffè espresso hanno superato quelle delle moka in alluminio”.
La rivista dedicata al lifestyleCollegamento esterno dell’edizione domenicale della Neue Zürcher Zeitung rivela da parte sua tutti i segreti dell’espresso e sfata qualche mito, intervistando il fisico del Politecnico di Zurigo Thomas Michaels e Shem Leupin, un famoso barista della città sulle rive della Limmat. A proposito della moka, Shem Leupin osserva che uno dei miti legati alla macchinetta è che non va lavata, soprattutto con detersivo: “Non è vero, afferma. Deve essere lavata accuratamente dopo ogni utilizzo. Inoltre, anche per la Bialetti l’acqua filtrata e un caffè appena macinato sono un must”. Thomas Michaels consiglia dal canto suo di preparare il caffè in modo scientifico anche a casa: “Oltre agli accessori menzionati, bisogna seguire alcune regole di base. Per la Bialetti, non è necessario macinare il caffè troppo finemente, non bisogna premerlo e non si deve utilizzarne troppo, perché ciò aumenta la resistenza e quindi la pressione necessaria per l’estrazione”.

La Liberazione d’Italia e il ruolo della Chiesa valdese
L’ottantesimo Anniversario della Liberazione d’Italia fa capolino anche sulla stampa svizzera. La WochenZeitungCollegamento esterno ricorda questi giorni di fermento attraverso i racconti di tre partigiani e partigiane di confessione valdese, residenti a Torre Pellice, fulcro della Chiesa valdese, in Piemonte, a pochi chilometri dalla frontiera francese. Affiliato al movimento Giustizia e Libertà, Giulio Giordano, oggi 99enne, osserva che forse l’influenza della Chiesa valdese in questa valle discosta potrebbe essere stato uno dei motivi per cui proprio qui così tante persone combatterono contro i fascisti. “Come membri di una comunità religiosa perseguitata – scrive il periodico – potrebbero aver reagito in modo più sensibile alle privazioni di libertà”.
Staffetta per una formazione garibaldina, l’ormai centenaria Maria Airaudo passò a un soffio dalla morte dopo essere stata catturata e messa al muro il 26 marzo 1945. Un frammento di proiettile è ancora conficcato nei suoi polmoni. Per anni la donna ha visitato le scuole, raccontando le sue esperienze durante la guerra. Una questione di umanità prima che politica. “I ragazzi devono sapere cosa sia la guerra, afferma. Io ho cercato di dimenticare, ma è impossibile”.
Il portale Watson.chCollegamento esterno dedica invece questa settimana un articolo al soggiorno svizzero di Benito Mussolini, che tra il 1902 e il 1904 trascorse 27 mesi nella Confederazione. Un periodo non esattamente facile per colui che diventerà 20 anni più tardi il duce. Appena due settimane dopo il suo arrivo fu infatti fermato per qualche ora per vagabondaggio dalla polizia a Losanna, che lo aveva trovato a dormire sotto un ponte. Nel marzo 1903 si trasferì a Berna, lavorando come manovale e continuando a svolgere un’intensa attività sindacale. In giugno venne di nuovo arrestato e detenuto per nove giorni con l’imputazione di essere un agitatore politico. Espulso dalla Svizzera, torn`ò però dopo poco tempo dapprima in Ticino e in seguito a Losanna, svolgendo diversi lavori occasionali. Nel capoluogo vodese frequentò anche alcuni corsi all’università, ciò che negli anni Trenta gli valse un dottorato honoris causa da parte dell’ateneo (ne avevamo parlato in questo articolo). Nel novembre 1904, dopo altre vicissitudini con la polizia svizzera e le autorità italiane, Mussolini lasciò definitivamente la Confederazione per tornare nel suo villaggio natale ad assistere la madre morente.

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