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F-35, l’Italia rilancia, la Svizzera inciampa tra costi e polemiche

UnF-35 durante l'atterraggio.
Keystone / Ennio Leanza

Mentre l'Italia si prepara a investire altri sette miliardi di euro per 25 caccia F-35, portando la spesa totale a circa 25 miliardi per 115 velivoli, l'opposizione grida allo scandalo e parla di "scelte immorali". Nel frattempo, in Svizzera, un presunto "malinteso" sui costi ha trasformato l'acquisto di 36 caccia in uno scandalo nazionale, mettendo in discussione la credibilità dei contratti internazionali.

Il programma F-35 Lightning II rappresenta uno dei progetti militari più ambiziosi e controversi della storia moderna. Il costo di sviluppo di questo caccia di quinta generazione supera i 40 miliardi di dollari e la produzione prevista è di circa 3’500 velivoli (secondo le proiezioni più recenti di Lockheed MartinCollegamento esterno) per 16 nazioni partner.

Nel 2025, due paesi confinanti – Italia e Svizzera – offrono un confronto su come approcci diversi allo stesso programma possano generare risultati e controversie differenti. Da una parte, Roma ha scelto la strada dell’integrazione profonda, trasformandosi in partner industriale strategico con lo stabilimento Leonardo di Cameri e il nuovo centro di addestramento in Sicilia. Dall’altra, Berna ha optato per un acquisto “chiavi in mano”, confidando in un prezzo fisso che sembra rivelarsi una pericolosa illusione. 

Il caso italiano

Nel settembre 2024, il DocumentoCollegamento esterno Programmatico pluriennale per la difesa 2024-2026 ha ufficializzato l’intenzione del Governo italiano di acquisire ulteriori 25 caccia F-35 Lightning IICollegamento esterno. La decisione, che comporta una spesa aggiuntiva di 7 miliardi di euro entro il 2035, è stata giustificata dalle autorità con il “mutato scenario geopolitico e i potenziali risvolti operativi”. 

Questo nuovo ordine porterà la flotta italiana da 90 a 115 velivoli, avvicinandosi all’obiettivo originario di 131 caccia autorizzato dalle Commissioni difesa della CameraCollegamento esterno e del SenatoCollegamento esterno nel 2009, per un costo totale del programma che si aggirerà intorno ai 25 miliardi di euro che non copre solo l’aeromobile, ma anche motori, equipaggiamenti, aggiornamenti periodici e supporto logistico fino al 2035. 

F-35
Un F-35 dell’esercito italiano durante un’esercitazione NATO in Islanda. EPA/GIUSEPPE LAMI

Il dibattito parlamentare, previsto per la seconda metà del 2025, si preannuncia infuocato. Le critiche non si limitano ai costi, ma si estendono alla dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti, con alcuni parlamentari che sollevano dubbi sulla sovranità nazionale (ne parliamo più in basso). 

Le polemiche politiche

L’opposizione in Italia, guidata da Alleanza Verdi e Sinistra, ha definito “immoraleCollegamento esterno” la spesa di 7 miliardi per 25 nuovi caccia, sottolineando come ogni velivolo costi 280 milioni di euro, una cifra che, secondo i critici, dovrebbe essere destinata a settori più urgenti come sanità, istruzione e welfare. 

Il ministro Crosetto ha risposto alle critiche sottolineando la continuità del programma F-35 deciso nel 1996 dal primo Governo Prodi e in seguito sostenuto dai governi che si sono succeduti sia di centrodestra, sia di centrosinistra. Secondo il ministro, la decisione di aderire al programma, presa quasi 30 anni fa, ha sempre ricevuto l’avallo bipartisan, rendendo le attuali critiche politicamente strumentali. 

“La decisione di aderire al programma, presa quasi 30 anni fa, ha sempre ricevuto l’avallo bipartisan, rendendo le attuali critiche politicamente strumentali”

Guido Crosetto, Ministro della difesa italiano

Le critiche non sono una novità e affondano le radici nel movimento pacifista italianoCollegamento esterno. Come spiega Francesco Vignarca, coordinatore dell’Osservatorio sulle spese militari italiane (MilexCollegamento esterno), le organizzazioni pacifiste e disarmiste hanno condotto una delle più seguite e sostenute campagne contro l’acquisto degli F-35 già nel 2009. In tale iniziativa, ricorda Vignarca, “si sono sottolineati tutti i problemi relativi al programma Joint Strike FighterCollegamento esterno (JSF): di costo, militari strategici, di cattivo funzionamento degli aerei, di controllo diretto da parte degli USA che possono limitarne il dispiegamento, sottolineando anche come questo tipo di cacciabombardiere sia stato scelto perché disegnato con capacità nucleare”.  

Il nodo della sovranità tecnologica

Al di là dei costi, la questione più delicata resta la sovranità tecnologica. Nonostante gli investimenti miliardari, gli F-35 europei rimangono sotto il controllo tecnologico degli Stati Uniti, che mantengono l’autorità finale su software, logistica e manutenzione.  

Come spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi DifesaCollegamento esterno, magazine che si occupa di difesa, industria e tematiche militari, “stanno tutti scoprendo che gli F-35, da velivolo da combattimento di quinta generazione indispensabile per operare nei cieli finalmente integrati con gli alleati americani, sono diventati improvvisamente un fattore di dipendenza geopolitica dagli Stati Uniti che limiterebbe le capacità di intervento militare autonomo delle nazioni europee”. Gli F-35, sintetizza Gaiani, “sono come cavalli di Troia”. 

“Gli F-35 sono come cavalli di Troia”

Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa

Vignarca rincara la dose, descrivendo un controllo diretto da parte del Pentagono tramite il sistema informativo ALISCollegamento esterno, che gestisce i dati del velivolo. “Tale sistema – ricorda Vignarca – è gestito direttamente dal Pentagono che quindi può influenzare l’utilizzo dei caccia. Un controllo che potrebbe dipendere da situazioni politiche del momento e che credo sia inaccettabile per chi ha in carico la sicurezza militare di un Paese”.  

In teoria, gli F-35 italiani o svizzeri potrebbero non essere operativi senza l’autorizzazione di Washington. Come chiosa Gaiani, “se gli Stati Uniti attaccassero la Groenlandia, nessun Paese europeo potrebbe far decollare i suoi F-35 per difenderla”. Cosa già successa in passato: “nel 2014 – ricorda Gaiani – l’Egitto acquisì i Rafale francesi dopo che gli Stati Uniti si rifiutarono di consentire agli F-16 egiziani di effettuare attacchi in Libia”. 

Il caso svizzero: quando il “prezzo fisso” diventa scandalo

Mentre l’Italia si prepara al dibattito per l’acquisto di ulteriori 25 F-35, la vicina Svizzera si trova al centro di una controversia diplomatica con gli Stati Uniti che illumina i rischi dei grandi contratti militari internazionali. La Confederazione elvetica pensava di aver fatto un affare nel 2021, scegliendo l’F-35A Lightning II con la promessa di un “prezzo fisso” di 6 miliardi di franchi svizzeri per 36 velivoli. Oggi, quella certezza si è trasformata in quello che i media locali definiscono uno “scandalo nazionale”. 

La bomba è esplosa nel giugno 2025, quando il ministro della difesa svizzero Martin Pfister è stato costretto ad ammettere pubblicamente che gli Stati Uniti stanno chiedendo tra 650 milioni e 1,3 miliardi di dollari aggiuntivi rispetto al prezzo concordato. La giustificazione americana? Un “malinteso” sulla natura del prezzo fisso, che secondo Washington si applica solo alla fase di produzione finale, non all’intero processo di approvvigionamento. 

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Acquisto degli F-35, gli Stati Uniti chiedono fino a 1,3 miliardi in più

Questo contenuto è stato pubblicato al Il prezzo per i 36 caccia F-35 potrebbe essere più alto dei sei miliardi finora concordati. Il Governo svizzero ha però ribadito mercoledì che contrattualmente è stato stipulato un prezzo fisso.

Di più Acquisto degli F-35, gli Stati Uniti chiedono fino a 1,3 miliardi in più

La controversia sui costi assume tutta la sua importanza se consideriamo che nel 2020 i cittadini svizzeri avevano approvato per il rotto della cuffiaCollegamento esterno   un credito di sei miliardi –  non uno di più – per l’acquisto di nuovi caccia con il 50,1% dei voti, un margine di appena 8’670 preferenze. Un sondaggioCollegamento esterno condotto nell’aprile 2025 ha rivelato che l’81% dei cittadini svizzeri è ora contrario all’acquisto dei caccia F-35, un ribaltamento drammatico dell’opinione pubblica. Il Partito socialista ha già presentato mozioni per garantire che, in caso di costi aggiuntivi, il Parlamento e la popolazione abbiano un’altra opportunità di decidere sulla questione. 

Altro problema. Sebbene la maggior parte dei 36 caccia F-35 destinati alla Svizzera sarà assemblata presso lo stabilimento Leonardo di Cameri (vedi sotto), questo dato, come visto, non elimina la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti, aspetto particolarmente delicato per la Svizzera, paese neutrale che deve bilanciare le proprie esigenze di difesa con la tradizionale indipendenza politica. 

Quali opzioni rimangono alla Svizzera? 

La Svizzera si trova ora a un bivio con opzioni tutte problematiche. Se la Confederazione decidesse di finanziare i costi aggiuntivi tramite un credito supplementare, sono da prevedere aspre controversie politiche e possibili ritardi.

Come ultima risorsa, la Svizzera potrebbe considerare la rottura del contratto, ma una decisione del genere avrebbe conseguenze finanziarie imprevedibili e potrebbe danneggiare i rapporti con Washington. Berna sta inoltre negoziando con il Governo statunitense in merito ai dazi doganali e non vuole compromettere le relazioni bilaterali in un momento di particolare tensione commerciale globale. 

Cameri: hub europeo o contentino industriale?

L’Italia non è solo un acquirente, ma un partner produttivo chiave. Lo stabilimento Leonardo di Cameri (Novara) è l’unico impianto in Europa in grado di assemblare completamente un F-35. Come ha sottolineato il ministro Crosetto, il polo di Cameri assembla velivoli per Olanda, Polonia, Repubblica Ceca e Svizzera, con un ritorno industrialeCollegamento esterno previsto di 11 miliardi di dollari. 

“I ritorni occupazionali sono stati deludenti: a fronte dei 10’000 posti di lavoro promessi, oggi nella fabbrica di Cameri lavorano meno di 1’000 persone!”

Francesco Vignarca, coordinatore dell’Osservatorio sulle spese militari italiane

Francesco Vignarca offre però una visione meno rosea: “La presenza a Cameri di una delle pochissime strutture di assemblaggio, e non di produzione completa, di F-35 al mondo è sempre stata propagandata come un grande risultato”. Ma, secondo l’esperto, le commesse non compensano né i costi di acquisto né l’investimento pubblico di quasi un miliardo di euro per lo stabilimento FACO (assemblaggio finale e collaudo). Soprattutto, afferma Vignarca, “il trasferimento tecnologico è minimo perché le lavorazioni a Cameri non sono di alto livello e quindi le vere innovazioni sono in capo agli USA”. Anche i ritorni occupazionali sono stati deludenti: a fronte dei 10’000 posti di lavoro promessi, (stime poi ridotte a circa 6’500 con l’abbassamento del numero di aerei), “oggi nella fabbrica di Cameri – chiarisce Vignarca – lavorano meno di 1’000 persone!”. 

Centro di addestramento in Sicilia

Un ulteriore tassello nella strategia italiana per consolidare il proprio ruolo nel programma F-35 è stato aggiunto nel luglio 2025 con l’annuncio del ministro Crosetto: la Sicilia diventerà il primo centro al mondo per la formazione dei piloti F-35 al di fuori degli Stati Uniti.  

Il centro, con Sigonella come sede favorita, rafforzerà la posizione strategica dell’Italia nel Mediterraneo e i legami con i partner internazionali. 

La scelta della Sicilia non è casuale: l’isola offre condizioni meteorologiche favorevoli per l’addestramento tutto l’anno, spazi aerei adeguati alle esercitazioni e una posizione geografica strategica. 

L’aereo più pazzo del mondo

Le vicende legate al caccia statunitense hanno spinto Francesco Vignarca ha pubblicare un libro dal titolo emblematico: F-35, l’aereo più pazzo del mondoCollegamento esterno. Non a caso. “È stato naturale – racconta Vignarca – riassumere in un libro la storia del progetto, i suoi gravi problemi, gli errori commessi, le preoccupanti fragilità strutturali e militari e ovviamente i dati falsi e scorretti su costi e tempistiche. Mettere in fila tutti questi elementi davvero porta a pensare che quello dell’F-35 sia il progetto per l’aereo più pazzo del mondo”.  

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