La televisione svizzera per l’Italia

Chiaroscuri d’Italia: tra scandali, indignazioni e tradizioni infrante

Giorgia Meloni con il primo ministro albanese Edi Rama.
Keystone-ATS

Dalla politica migratoria deludente del governo Meloni alle tensioni per le Olimpiadi 2026. Dagli orrori dei 'safari di tiro' a Sarajevo indagati a Milano, alla svolta 'rosa' del Chianti. Ecco come i media svizzeri raccontano un'Italia tra luci e ombre, scandali e tradizioni infrante. 

Disillusione sulla politica migratoria del Governo Meloni

La rassegna stampa di questa settimana inizia con un articolo della Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno che analizza criticamente i risultati della politica migratoria del Governo italiano guidato da Giorgia Meloni. La NZZ evidenzia una forte disillusione rispetto ai successi inizialmente proclamati. Sebbene il Governo vanti un calo del 29% degli arrivi e un aumento del 52% dei rimpatri rispetto al 2022, il quotidiano svizzero sottolinea come questi dati nascondano una realtà più complessa. 

Inizialmente, nel 2023, scrive il quotidiano svizzero, si è registrato un drastico aumento degli sbarchi (quasi 158’000), seguito da un crollo nel 2024, in gran parte attribuito agli accordi con Tunisia e Libia. Tuttavia, i numeri si sono ora stabilizzati su livelli simili a quelli del dicembre 2021, sotto il Governo Draghi, vanificando di fatto i progressi a lungo termine. Inoltre, l’aumento dei rimpatri si traduce in cifre assolute modeste (circa 3’500 persone in sette mesi), paragonabili a quelle della Svizzera. 

Il giornale esamina anche il fallimento di due misure chiave. Le restrizioni imposte alle navi delle ONG non ne hanno diminuito l’operatività. Soprattutto, il cosiddetto “modello Albania”, presentato come una soluzione innovativa, si è rivelato un progetto costoso e inefficace. I centri di accoglienza in Albania, costati oltre 670 milioni di euro, sono quasi vuoti a causa di ritardi e ostacoli legali, sollevando un’accesa polemica sui costi a carico dei e delle contribuenti. 

Paradossalmente, la NZZ nota come il Governo Meloni, spinto dalla necessità di manodopera, abbia aumentato le quote per i lavoratori e le lavoratrici extra-UE, diventando, secondo il quotidiano Il Foglio, “più immigrazionista dei Governi di sinistra”. Questa apertura contrasta però con la continua “fuga dei cervelli”, con decine di migliaia di giovani italiani qualificati che lasciano il Paese ogni anno. 

Ogni settimana proponiamo un riassunto dei temi che riguardano l’Italia di cui si è occupata la stampa della Svizzera tedesca e francese. Se vi interessa riceverla comodamente nella vostra casella di posta elettronica, potete abbonarvi alla nostra newsletter gratuita “La selezione della settimana”.

Gente che scappa a Sarajevo durante la guerra.
AP Photo/Michael Stravato

Orrore a Sarajevo, l’Italia indaga sui “safari di tiro” a pagamento

Diversi quotidiani svizzeri, tra cui il Der BundCollegamento esterno bernese e il Tages-AnzeigerCollegamento esterno zurighese, riportano con grande evidenza una notizia sconvolgente che getta un’ombra sinistra sul passato recente: la procura di Milano ha aperto un’indagine per omicidio nei confronti di facoltosi “turisti di guerra” italiani. L’accusa, di una gravità inaudita scrive il Tagi, è che questi turisti abbiano pagato ingenti somme di denaro alle truppe serbo-bosniache durante l’assedio di Sarajevo (1992-1996) per partecipare a veri e propri “safari di tiro” in cui i bersagli erano i civili inermi della città. 

Entrambi i quotidiani svizzeri spiegano come l’inchiesta sia scaturita da un esposto di 17 pagine presentato a gennaio dal giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni e dall’ex magistrato Guido Salvini. La loro iniziativa è stata innescata dalla visione del documentario sloveno “Sarajevo Safari” (2022) del regista Miran Zupanic, che per primo ha riacceso i riflettori su queste pratiche atroci. Sebbene le voci su questi “turisti del cecchinaggio” circolassero da tempo – Der Bund ricorda un articolo del Corriere della Sera del 1995 intitolato “Vacanze in Bosnia, sparatoria inclusa” – è la prima volta che una procura italiana avvia un’indagine formale per omicidio. 

Secondo le ricostruzioni riportate dai due quotidiani, l’organizzazione era meticolosa. La ricca clientela, non solo italiana ma anche di altre nazionalità occidentali, partiva da Trieste per raggiungere Belgrado. Da lì veniva scortata dai soldati serbi sulle colline che circondavano Sarajevo. Armati di fucili di precisione, potevano sparare per puro “divertimento” e “soddisfazione personale”, come sottolinea Gavazzeni. Il movente non era né politico né religioso, ma una perversa e macabra forma di intrattenimento per persone amanti delle armi. 

L’orrore, come evidenziano entrambi i giornali svizzero-tedeschi, arrivava alla definizione di un vero e proprio “tariffario”, con prezzi che variavano a seconda del bersaglio: civile, soldato o, nella sua forma più disumana, bambino. Le cifre potevano arrivare fino a 100’000 euro. Grazie alle indagini di Gavazzeni, alcuni dei presunti partecipanti italiani sarebbero già stati identificati e la Procura di Milano si appresta a interrogarli. L’avvocato che ha assistito Gavazzeni, Nicola Brigida, citato da entrambi i quotidiani, afferma che le prove raccolte sono “ben fondate” e potrebbero portare a un’indagine seria per identificare le persone colpevoli di questi crimini efferati. 

Il simbolo dei Giochi olimpici in uno scenario invernale.
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Olimpiadi 2026, tensioni tra Svizzera e Italia sulla gestione del traffico

Parliamo ora degli imminenti Giochi olimpici. L’Engadiner PostCollegamento esterno mette in luce le crescenti tensioni tra il cantone Grigioni e l’Italia riguardo alla gestione del traffico per le Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026, che si terranno dal 6 al 22 febbraio, in piena alta stagione turistica. Il cuore del problema è il contributo finanziario, ritenuto irrisorio, che l’Italia ha previsto per sostenere il piano di gestione del traffico svizzero, dal costo stimato di 5,5 milioni di franchi. 

Il quotidiano grigionese riporta che, a fronte di questa spesa, Roma ha previsto una partecipazione di appena 564’000 franchi. La cifra è considerata del tutto inadeguata, soprattutto perché si stima che nei giorni di punta circa un terzo dei 12’000 spettatori attesi a Livigno, una delle sedi di gara, transiterà attraverso la Svizzera.  

Il foglio engadinese dà ampio spazio alla posizione critica di Anita Mazzetta, parlamentare cantonale dei Verdi, che esprime scetticismo sulla reale volontà dell’Italia di onorare l’impegno finanziario. Mazzetta sottolinea come gli stessi organizzatori italiani non abbiano ancora un piano definitivo e stiano affrontando un’esplosione dei costi. Critica, inoltre, il Governo grigionese per aver atteso troppo a lungo le risposte da Roma. 

Di fronte all’incertezza, prosegue l’Engadiner Post, i Grigioni procedono autonomamente con un piano che privilegia il trasporto pubblico, potenziando le frequenze e le capacità dei treni e istituendo parcheggi di interscambio (P+R) a Zernez e in Val Müstair, con servizi navetta per Livigno. Il Governo cantonale ha già messo in chiaro che, se il contributo italiano non sarà adeguato, i costi del servizio verranno scaricati interamente sull’utenza, applicando un principio di causalità. La vicenda, conclude il quotidiano di St. Moritz, dipinge un quadro di frustrazione da parte svizzera verso un’organizzazione italiana percepita come carente e inaffidabile. 

Un bicchiere di chianti
Chianti classico

La Toscana rompe un tabù, arriva il Chianti Rosé

Concludiamo con una storia più leggera. Il Tages Anzeiger,Collegamento esterno a firma di Elisa Britzelmeier, annuncia una svolta epocale nel mondo del vino italiano: il Chianti, da sempre sinonimo di vino rosso, potrà essere prodotto anche in versione rosé, ottenendo la prestigiosa denominazione di origine controllata e garantita (DOCG). La decisione, già approvata dal consorzio dei produttori e dalla regione Toscana, attende solo il via libera, quasi certo, del Ministero dell’Agricoltura. 

Il quotidiano zurighese descrive questa novità come la “caduta dell’ultimo tabù”, una rottura con una certezza consolidata per generazioni di consumatrici e consumatori, specialmente in Svizzera, dove il Chianti è da sempre legato all’immagine delle vacanze in Toscana. La ragione principale di questa rivoluzione, spiega il presidente del consorzio, è puramente commerciale: il mercato dei vini rosati è in costante crescita e l’obiettivo è sfruttare un nome di fama internazionale, reso celebre anche da film come “James Bond” e “Il silenzio degli innocenti”, per conquistare nuove fette di mercato, soprattutto all’estero. L’articolo suggerisce che anche i dazi statunitensi, che hanno messo in difficoltà i produttori, potrebbero aver contribuito a questa scelta strategica. 

La decisione, tuttavia, non è esente da critiche. Il foglio zurighese riporta il commento polemico e rassegnato del presidente Assoenologi Riccardo Cotarella, che accoglie la notizia con un ironico “Congratulazioni!”: la logica del mercato, secondo Cotarella, sta prevalendo sulla tradizione. La svolta, sottolinea il Tages Anzeiger, appare ancora più stridente se si considera il lungo percorso fatto dai produttori per elevare la reputazione del Chianti, un tempo considerato un vino di massa a basso costo, attraverso l’introduzione di disciplinari di produzione sempre più rigidi. Ora, conclude il Tages Anzeiger, con l’arrivo del Chianti Rosé si apre un capitolo nuovo e controverso per uno dei simboli del Made in Italy. 

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