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Accordo quadro con l’Ue, la Svizzera potrebbe anche non firmarlo

Guy Parmelin e Ursula von der Leyen
Guy Parmelin e Ursula von der Leyen al termine dell'infruttuoso incontro a Bruxelles tenutosi venerdì 23 aprile. Keystone / Francois Walschaerts / Pool

Il Consiglio federale ha chiarito di essere disposto, se necessario, a non firmare l'accordo: senza soluzioni soddisfacenti, il governo crede infatti che l'accordo non sarebbe in grado di ottenere una maggioranza in Svizzera.

Dopo l’incontro di martedì col presidente della Confederazione, Guy Parmelin, sui rapporti tra la Svizzera e l’Ue, i Cantoni hanno chiesto più tempo prima dell’avvio della consultazione ufficiale e maggiori informazioni sull’accordo istituzionale, ora in fase di stallo, con Bruxelles.

Lo ha dichiarato lo stesso Parmelin dopo la riunione. “I governi cantonali hanno bisogno di tempo per discutere il risultato dei colloqui – infruttuosi, n.d.r. – con Ursula von der Leyen”, ha spiegato Parmelin dopo l’incontro presso la Casa dei Cantoni a Berna.

Nel primo pomeriggio, Parmelin ha informato la Conferenza dei governi cantonali sui colloqui avvenuti venerdì scorso con la presidente della Commissione europea. Il segretario generale della Conferenza dei governi cantonali, Roland Mayer, ha dichiarato a Keystone-ATS che “il Consiglio federale ha dato prova di trasparenza fornendo informazioni complete e chiare. Ci consulteremo con i governi cantonali per fare una valutazione politica”.

La consultazione richiederà del tempo, ha aggiunto Mayer. “Non abbiamo ancora definito un calendario. Tuttavia, il Consiglio federale ha espresso il desiderio che il parere sia dato rapidamente. Si è stabilito che la consultazione avverrà per iscritto: “Per noi è importante che i governi cantonali siano adeguatamente coinvolti e ciò richiede che la consultazione avvenga per iscritto”, ha sottolineato Mayer.

A differenza dei Cantoni, la Commissione di politica estera del Consiglio nazionale ha preso lunedì una posizione chiara sull’accordo quadro, raccomandando al Consiglio federale di proseguire senza indugio i negoziati con l’UE e di presentarne il risultato al Parlamento.

L’omologa commissione degli Stati, dal canto suo, si è mostrata più prudente, astenendosi dal pubblicare una posizione per non indebolire il Consiglio federale. Il presidente della commissione Damian Müller ha tuttavia dichiarato ai media che la rottura dei negoziati rimane ancora un’opzione. 

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Pomo della discordia

Pomo della discordia tra l’Ue e la Confederazione rimane la libera circolazione delle persone, ha affermato lunedì sera il ministro degli affari esteri Ignazio Cassis. Per la Svizzera, la libera circolazione delle persone è soprattutto la possibilità per i lavoratori e le loro famiglie di stabilirsi in Svizzera, mentre Bruxelles vuole estendere tale principio a tutti i cittadini europei.

La seconda “differenza fondamentale” è la diversa interpretazione delle misure riguardanti il diritto del lavoro. Per la Svizzera, le misure di accompagnamento prevedono la protezione dei salari al fine di contrastare eventuali abusi, mentre l’Ue desidera evitare distorsioni della concorrenza sul mercato del lavoro.

Sentiamo sul tema René Schwok del dipartimento scienze politiche e relazioni internazionali dell’Università di Ginevra.

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tvsvizzera.it/fra con RSI


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