La tratta di esseri umani è una realtà anche in Svizzera
È quanto constata la Plateforme Traite, istanza che riunisce quattro associazioni che forniscono consulenza e assistenza alle vittime, basandosi sulle cifre dell'anno scorso: rispetto al 2022, sono state identificate 197 vittime del fenomeno, in crescita dell'11%. In espansione lo sfruttamento della forza lavoro.
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Keystone-ATS
Se si sommano le 197 nuove persone identificate come vittime della tratta di esseri umani a quelle già individuate in precedenza, nel corso del 2023 i membri della Plateforme Traite hanno accompagnato e consigliato 488 persone in totale.
Le nuove vittime provenivano da 55 Paesi diversi. I Paesi di origine più frequenti erano l’Ungheria, la Repubblica Democratica del Congo, il Camerun e la Somalia. Per l’anno in rassegna si rileva una percentuale nettamente più elevata di vittime di origine africana (56%). Tra le vittime di altri Paesi, il 17% proveniva dall’Europa, il 14% dall’America Latina e il 12% dall’Asia.
La tipologia di vittime recensita – sia per quanto riguarda la loro origine, il genere o la sfera di attività – dipende fortemente dai settori in cui vengono condotti i controlli, dal grado di sensibilizzazione dei servizi che stabiliscono il primo contatto con le vittime e dalla presenza sul territorio di servizi con competenze specialistiche in materia di identificazione e di accompagnamento. Queste cifre illustrano quindi solo una parte della realtà del fenomeno che, per definizione, si svolge nell’ombra.
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Sebbene il numero di soggetti di sesso maschile continui ad aumentare, le donne rappresentano ancora la grande maggioranza delle vittime (75,5%). L’incremento degli uomini si spiega soprattutto col fatto che la consapevolezza della tratta di esseri umani e i relativi controlli si sono spostati sempre più in settori di attività a prevalenza maschile.
Le organizzazioni specializzate sono confrontate con sempre maggior frequenza con vittime della tratta di esseri umani ai fini dello sfruttamento del lavoro: sul totale delle nuove vittime identificate, sono state il 33% nel 2021, il 44% nel 2022 e il 47% nel 2023. In queste cifre sono comprese anche quei soggetti costretti a commettere reati come il furto o il traffico di stupefacenti.
A tale riguardo, i servizi specializzati deplorano che le persone oggetto di tale sfruttamento spesso non vengano riconosciute come vittime e non ricevano la protezione a cui hanno diritto in virtù della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani.
Un reato raramente condannato
Stando ai servizi specializzati, in merito allo sfruttamento della forza lavoro, in mancanza di prove sufficienti chi commette questo reato è raramente perseguito. In generale, il reato stesso di tratta di esseri umani è raramente condannato penalmente. Anzi. Spesso le vittime sono addirittura perseguite ed espulse dal Paese con l’accusa di soggiornarvi illegalmente e di non essere in possesso di un permesso di lavoro.
Nelle sue raccomandazioni alla Svizzera, il Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta di esseri umani del Consiglio d’Europa (GRETA) auspica che le vittime dello sfruttamento del lavoro vengano riconosciute come vittime della tratta di esseri umani e che sia applicato in modo uniforme il principio di non punibilità per i reati commessi in un contesto di sfruttamento.
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