Tassazione imprese OCSE, la Svizzera presa in contropiede da Donald Trump
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La Svizzera ha introdotto il primo gennaio 2024 l'imposizione minima del 15% sulle multinazionali prevista dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ma ora viene presa in contropiede da Donald Trump.
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Fra i primi decreti firmati dal presidente americano vi è infatti l’uscita dall’accordo globale sulle tasse. Di fronte alla posizione di Trump – che ha detto che l’intesa OCSE “non ha né forza né effetto” sugli Stati Uniti e che ha minacciato ritorsioni contro i paesi che applicano tasse ritenute discriminatorie o extraterritoriali – Berna farebbe bene ad assumere un atteggiamento attendista, indica all’agenzia AWP Olivier Eichenberger, esperto fiscale della società di consulenza KPMG Svizzera. “È troppo presto per dire come si comporterà la Confederazione in relazione alla convenzione OCSE, ma dovrà riconsiderare se il sistema in vigore è quello giusto: la questione potrebbe emergere, a seconda degli sviluppi, non solo negli Stati Uniti ma anche in Cina”.
Nell’ottobre 2021, più di 140 paesi si erano impegnati a imporre un’imposta di almeno il 15% sugli utili dei grandi gruppi attivi a livello internazionale con un fatturato di almeno 750 milioni di euro. Per Vincent Simon, esponente della federazione delle imprese elvetiche Economiesuisse, si sta verificando una frenata sull’aliquota in questione: sebbene sia ancora troppo presto per valutare le conseguenze della decisione del presidente americano, lo stop da lui decretato è “fastidioso per la Svizzera”, che ha attuato le direttive insieme a “una minoranza” di paesi.
“Questo ci ha reso meno competitivi, perché le nostre condizioni quadro non sono più buone come un tempo: non abbiamo più un’offerta migliore delle altre”, osserva l’esperto. “La nostra posizione non è buona, perché abbiamo altri fattori di costo come gli stipendi e il costo della vita”. “Se gli Stati Uniti non applicano la tassazione minima, altri paesi a loro volta non la introdurranno”, ha aggiunto.
“Una situazione non facile”
Che la situazione non sia facile lo ha ammesso anche la stessa presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter: intervenendo al forum economico mondiale di Davos la responsabile del Dipartimento federale delle finanze ha detto che la minum tax, in vigore da oltre un anno, ha portato a una “perdita di competitività”.
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In Svizzera e in alcuni cantoni, “l’onere fiscale dei gruppi che rientrano nell’imposta minima OCSE è leggermente aumentato”, spiega Eichenberger. “L’attrattiva della Svizzera è quindi lievemente diminuita, ma non dobbiamo dimenticare che anche negli altri paesi in cui è in vigore l’accordo le multinazionali sono tenute a versare tale imposta”.
Secondo Quentin Parrinello, dirigente presso l’Osservatorio fiscale europeo, un laboratorio di ricerca indipendente con sede a Parigi, lo scopo della riforma OCSE è “mettere tutti sullo stesso piano”. Con tale sistema fiscale si eliminano le distorsioni “tra le piccole e medie imprese, che costituiscono la maggior parte del tessuto economico di un Paese, e le multinazionali, che spesso rappresentano l’1%”.
Di fronte alle minacce di ritorsione commerciale di Trump, resta da vedere come reagiranno le altre nazioni. Parrinello sostiene che i paesi che rinunciano alla lotta contro l’evasione fiscale rischiano di perdere molti soldi, considerando che “il 40% dei profitti delle multinazionali sono artificialmente trasferiti nei paradisi fiscali”.
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