In Svizzera la libertà di stampa è pienamente garantita
La Svizzera continua a figurare tra i paesi in cui la libertà di stampa è meglio protetta, dopo alcuni paesi nordici, mentre altrove nel mondo, anche in taluni paesi europei, i rischi per i giornalisti si aggravano.
Nell’edizione 2019 della Classifica mondiale della libertà di stampa messa a punto annualmente dal 2002 da Reporter senza frontiereCollegamento esterno (RSF) e comprendente 180 paesi, la Svizzera scende dal quinto al sesto posto. Un dato tuttavia non significativo, dovuto al migliore risultato ottenuto dalla Danimarca che ritrova il posto occupato due anni fa.
Tagli di giornalisti e mezzi d’inchiesta
Un’analisi dettagliata mette in mostra la principale zona d’ombra calata sulla libertà di stampa in Svizzera. La precarietà economica in cui versano molti media ha avuto quali conseguenze, in particolare, tagli del personale, mezzi ridotti per il giornalismo d’inchiesta, una perdita di diversità dei contenuti, una copertura insufficiente degli avvenimenti locali.
Nordici virtuosi
Le difficoltà evocate non impediscono alla Svizzera di figurare, nell’indice mondiale di RSF, nella “zona bianca” dei paesi in cui la libertà di stampa è pienamente assicurata. Solo alcuni paesi nordici fanno meglio: la Norvegia mantiene il primo posto per il terzo anno consecutivo, seguita da Finlandia, Svezia e Paesi Bassi.
L’Italia figura al 43esimo posto, superata da paesi come il Burkina Faso, Namibia e Ghana. Questo nonostante abbia migliorato di tre posizioni la graduatoria rispetto allo scorso anno.
Dalla classifica – che vede all’ultimo posto il Turkmenistan al posto della Corea del Nord, ora 179esima, preceduti da Eritrea, Cina e Vietnam – emerge che i paesi in cui i giornalisti possono esercitare il loro mestiere in completa sicurezza continua a ridursi e che nel mondo si fa strada una ostilità sempre maggiore verso i media.
Meccanismo della paura
RSF constata l’apparire di un “meccanismo della paura” che si estende ormai non solo ai regimi non democratici o in preda a conflitti armati, ma alla stessa Europa. I successivi assassinii di tre giornalisti a Malta, in Slovacchia e in Bulgaria mostrano che il Vecchio Continente non è più un “santuario” per i professionisti dell’informazione.
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