“La corruzione costa all’Italia 42 fantastilioni di euro”
Come si può combattere la corruzione? Quali strategie invece è meglio evitare? Sono alcune delle domande a cui il libro "Lo Zen e l'arte della lotta alla corruzione" tenta di dare una risposta. tvsvizzera.it ha incontrato uno degli autori a Ginevra.
“Nel campionato mondiale della corruzione, Italia-Brasile è la sfida classica”. Comincia con un’analogia calcistica la presentazione di Alberto Vannucci, professore di scienze politiche all’Università di Pisa e coautore del libro “Lo Zen e l’arte della lotta alla corruzioneCollegamento esterno“, scritto a quattro mani assieme al professore di politica economica all’Università di Bologna Lucio Picci.
In palio in questa sfida è il poco lusinghiero titolo di “detentore del più grande scandalo di corruzione della storia”. I punti si calcolano in arresti. Quanti ministri in manette, quanti deputati? Fino all’operazione “Lava-jato” (iniziata nel 2014) che ha investito l’amministrazione brasiliana, a permettere all’Italia di detenere il primato è stata senza dubbio Mani pulite, che ha portato alla fine del sistema di partiti della Prima Repubblica.
I più recenti scandali (Mose di Venezia, Mafia Capitale, Expo, Labirinto, la Dama Nera, p3, p4,…) lasciano ipotizzare che, dai tempi di Tangentopoli, le cose non siano cambiate poi tanto.
Si è ad esempio sempre riscontrata la presenza di un “garante”, il cui compito è far sì che le regole non scritte di un sistema corrotto (prima fra tutte: “la tangente si paga sempre”) siano rispettate.
“La cosa più inquietante”, spiega Vannucci, è che oggi a differenza di allora, a svolgere questa funzione sono tanti soggetti che lo fanno localmente. “Non c’è più un regolatore a livello nazionale, per cui scordiamocela un’altra Mani pulite”, afferma.
Quanto costa la corruzione
Quello appena accennato è uno dei molti aspetti toccati dal libro di Vannucci e Picci che, nella sua prima parte, accompagna il lettore nel tenebroso mondo della corruzione, da quella spicciola a quella istituzionalizzata, mettendo in evidenza le problematiche legate alla sua misurazione.
I diversi indici che tentano di spiegare quanto sia diffuso il fenomeno in un dato paese (come ad esempio quello di Transparency International basato sulla “percezione”) hanno infatti tutti dei meriti, ma anche molti difetti.
Da qui la difficoltà di stabilire quanto possa costare il malaffare a un paese.
Nei giornali è tuttora ancora di moda parlare di 60 miliardi di euro all’anno (circa 1’000 euro per cittadino italiano). Una cifra sexy per i media, ma “una leggenda metropolitana”, dice Vannucci.
Questa cifra è stata presentata qualche anno fa dalla Corte dei Conti ed è stata estrapolata da un’affermazione della Banca Mondiale che stimava i costi della corruzione, a livello globale, al 3% del del Pil. Per l’Italia questo significa, appunto, circa 60 miliardi. Una stima, dunque, scientificamente poco rigorosa.
Nel 2016 Picci aveva proposto un’altra cifraCollegamento esterno (a scopo puramente illustrativo date le difficoltà nel misurare questo tipo di fenomeno, un “esercizio di stile” di un ricercatore).
Aveva provato a calcolare di quanto maggiore sarebbe il reddito nazionale italiano se il suo livello di corruzione secondo l’indice di Transparency InternationalCollegamento esterno fosse pari a quello della Germania.
La corruzione nel mondo nel 2018 secondo il “Corruption Perception” Index di Transparency International
La risposta: 585 miliardi di euro in più rispetto al reddito nazionale attuale (dell’ordine di circa 1’700 miliardi). Una cifra volutamente provocatoria, ma che aiuta a rendere l’idea di quanto sia grave, economicamente, il fenomeno.
Purtroppo, però, il prezzo della corruzione va ben oltre la sfera economica e la somma delle tangenti. Come quantificare, ad esempio, le vite che sono andate perse a causa di valvole cardiache per i trapianti difettose, finite in ospedale grazie a una mazzetta pagata a chi di dovere? Quanto si è perso, invece, con la morte di chi è rimasto sepolto sotto una casa costruita con materiali scadenti a causa della mala edilizia?
Dare una risposta è impossibile. Anche per questo gli autori del libro, con amara ironia, quantificano il costo della corruzione in Italia a 42 fantastilioni di euro. L’ordine di grandezza è quello usato per riferirsi al patrimonio di Paperon de Paperoni. Il 42, alcuni l’avranno capito, è la “risposta alla domanda sulla vita, l’universo e tutto quanto” della serie di romanzi della Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams.
Combattere la corruzione
Come Vannucci spiega anche nel video, l’approccio Zen alla lotta alla corruzione consiste nello “scartare di lato”. Ovvero non attaccare e concentrarsi direttamente ed esclusivamente sul problema, ma guardare altrove, per capire dove si può agire per rendere le cose migliori.
Un possibile approccio è promuovere il ruolo delle donne nell’amministrazione. Dopotutto, diversi studi hanno dimostrato che chi è di sesso femminile è meno suscettibile alla corruzione. Quindi perché non provare?
Questo è solo uno dei molti aspetti sui quali agire. Alcuni sono al tempo stesso cause e conseguenze della corruzione. Prima fra tutte l’istruzione. È dimostrato che i paesi con un basso livello di istruzione tra la popolazione sono anche i più corrotti. Allo stesso tempo più l’amministrazione di un paese è corrotta, più tenterà di mantenere basso il livello di istruzione, così da non fornire alla gente le “armi” necessarie per contrastare il malaffare. E lo stesso schema si applica alla promozione della libertà di stampa.
Un’altra proposta riguarda la trasparenza. Ovvero la disponibilità dei dati riguardanti le amministrazioni pubbliche e soprattutto la loro leggibilità e “confrontabilità”. Come ogni cittadino è identificabile tramite il codice fiscale, così dovrebbe essere anche per le autorità amministrative.
In Italia è spesso impossibile procurarsi statistiche ufficiali che riguardano, ad esempio, i dettagli degli acquisti delle amministrazioni pubbliche. Chi ha accesso a queste informazioni spesso non ha le competenze per analizzarle e individuare i “campanelli d’allarme” che potrebbero indicare la presenza di corruzione.
Oggi la corruzione è in gran parte combattuta da giuristi che “non hanno né le conoscenze né la sensibilità per guidare il necessario cambiamento”, non da analisti. Si continuano quindi a emanare leggi su leggi, emendamenti su emendamenti. Si creano, insomma, sempre più cavilli e complicata burocrazia, che è l’habitat ideale dei corrotti.
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