
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha annunciato di aver richiamato parte del personale diplomatico dall'Iran e da Israele, ma al momento non sta valutando la possibilità di rimpatriare cittadine e cittadini svizzeri - una questione che si ripropone in occasione di ogni grande conflitto o emergenza nel mondo.
Buona lettura,

Mercoledì il Consiglio nazionale ha votato per un inasprimento delle condizioni di ammissione al servizio civile. Il Consiglio degli Stati, nel frattempo, sostiene l’assegnazione di maggiori risorse alle radio e alle TV locali.
Mercoledì il Consiglio nazionale ha deciso di rendere meno attraente il servizio civile, che sostituisce il servizio militare, ma ha una durata una e volta e mezza superiore. Con 119 voti favorevoli e 73 contrari, i consiglieri nazionali hanno adottato una serie di misure proposte dal Governo che dovrebbero ridurre il numero di persone ammesse al servizio civile ogni anno, da 6’600 a 4’000.
Come il Nazionale in marzo, oggi anche il Consiglio degli Stati ha raccomandato, con 34 voti contro 9, di respingere l’iniziativa popolare “Per una Svizzera che si impegna (Iniziativa Servizio civico)”, senza presentare un controprogetto. Essa chiede di introdurre l’obbligo, per tutte le persone di cittadinanza svizzera, di prestare un servizio a beneficio della collettività e dell’ambiente.
La Camera alta ha inoltre adottato con 34 voti contro 5 un pacchetto di misure a favore dei media, che prevede un aumento della quota del canone assegnata alle radio e alle televisioni locali con un mandato di prestazioni. Il Consiglio nazionale deve ancora esprimersi in merito.

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha richiamato cinque dei dodici diplomatici svizzeri di stanza in Iran con le loro famiglie. A seguito del conflitto tra Israele e Iran, il ministero di Ignazio Cassis ha ricevuto 130 richieste di cittadine e cittadini svizzeri che desiderano lasciare lo Stato ebraico o la Repubblica islamica.
“Il DFAE ha deciso di concentrare le sue attività a Teheran su questioni diplomatiche. Il personale svizzero non attivo sul fronte diplomatico ha lasciato l’Iran via terra“, ha dichiarato alla RTS il responsabile della comunicazione del DFAE, Nicolas Bideau.
L’ambasciatrice Nadine Olivieri è ancora in Iran. È lei a guidare la diplomazia svizzera in Iran, attualmente attiva nell’ambito del suo mandato di protezione degli interessi statunitensi nel Paese. “Il canale svizzero è attivo per entrambe le parti e in entrambe le direzioni”, ha spiegato Bideau.
A causa del conflitto tra Israele e Iran, molte cittadine e cittadini svizzeri sono in attesa di lasciare la regione devastata dalla guerra. Circa 70 di loro si trovano in Israele e circa 60 in Iran. Per il momento, il Governo svizzero non prevede partenze o evacuazioni organizzate.
Allo stesso tempo, le persone iraniane che vivono in esilio in Svizzera temono per i loro cari in patria. Alcuni nutrono la flebile speranza che il regime dei mullah finisca.

La Svizzera deve fare di più per proteggere gli informatori, i cosiddetti “whistleblower”, come l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) chiede da vent’anni. L’assenza di un quadro legislativo in materia rende il Paese un’anomalia a livello europeo.
In seguito a una visita di follow-up a Berna, il Gruppo di lavoro dell’OCSE sulla corruzione ha riconosciuto il ruolo attivo della Svizzera nel perseguire i casi di corruzione all’estero, ma ha sottolineato l’importanza che il Paese adotti due riforme legislative essenziali.
La prima consiste nell’istituire un quadro giuridico per la protezione degli informatori nel settore privato. La seconda prevede l’innalzamento delle multe massime applicabili alle aziende riconosciute colpevoli di corruzione di funzionari pubblici stranieri.
Una nuova versione della strategia federale anticorruzione per il periodo 2025-2028 è in preparazione. Tuttavia, nella sua verifica dello scorso aprile, il Controllo federale delle finanze ha rilevato che, nonostante visioni e obiettivi chiaramente definiti, lo scopo ultimo della strategia “rimane poco chiaro e la sua ambizione è timida”.

UBS e la banca privata ginevrina Pictet sono tra le vittime di un attacco informatico che ha colpito il loro subappaltatore Chain IQ. I dati di 130’000 dipendenti di UBS, compresa la linea diretta del CEO Sergio Ermotti, sono stati resi disponibili sul dark web, secondo quanto riportato mercoledì da Le Temps.
Chain IQ è stato bersaglio di un enorme attacco informatico condotto da un gruppo di hacker chiamato “Hunters International”. La ditta ha dichiarato di aver allertato la polizia di Zugo, il cantone in cui ha sede, e di aver informato la clientela della situazione.
Sia UBS che Pictet hanno assicurato che i file rubati non contengono informazioni sui clienti. Tuttavia, contengono dati sensibili sul personale di UBS e linee di fatturazione di Chain IQ per Pictet.
Per Steven Meyer, direttore della società di cybersicurezza Zendata, “l’attacco illustra ancora una volta quanto la minaccia legata alla fornitura di servizi esterna sia uno dei rischi più complessi da gestire. Una volta firmato un accordo di non divulgazione (NDA), le aziende condividono grandi volumi di informazioni sensibili con i loro subappaltatori, senza una reale verifica della loro maturità in materia di sicurezza informatica”.
Oltre a UBS e Pictet, tra i clienti di Chain IQ figurano la catena di supermercati Manor, il gigante delle costruzioni Implenia e la società di revisione e consulenza KPMG.

Foto del giorno
Nell’ambito della fiera ArtBasel attualmente in corso, la Galerie Thaddaeus Ropac ha venduto l’opera Playmate dell’artista pop americano James Rosenquist a un’istituzione europea per 1,8 milioni di dollari.
Tradotto con il supporto dell’IA/Zz

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