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Nelle città svizzere si riaffaccia lo spettro delle scene aperte della droga

persona fuma crack
Molto disponibile e a buon mercato: il crack sta invadendo le città svizzere. Keystone / Christof Schuerpf

Da un paio di anni la diffusione di crack sta dando filo da torcere alle autorità di molte città svizzere, che devono adattare le loro politiche di assistenza alle persone tossicodipendenti.

Trent’anni dopo il trauma provocato dalle cosiddette scene aperte della droga del Platzspitz e del Letten a Zurigo, diverse città elvetiche sono nuovamente confrontate con una recrudescenza del consumo di stupefacenti negli spazi pubblici.

A tirare per prima il campanello d’allarme è stata Ginevra. Da un paio d’anni, nella città sulle rive del lago Lemano si è assistito all’arrivo in massa sul mercato di crack, un derivato della cocaina che viene fumato.

Non che il crack non fosse presente prima in Svizzera, ma lo era in una forma diversa. Nella Svizzera tedesca, ad esempio, i consumatori erano soliti produrlo da sé mescolando la cocaina con ammonica o bicarbonato.

Crescita esponenziale

A Ginevra si è invece diffuso un modello già presente in Francia: la droga è venduta in piccole dosi pronte per l’uso a un prezzo molto basso, una decina di franchi o anche meno.

Acquistare queste palline di crack è molto facile, si fumano in 20 secondi, hanno un effetto potente e creano una forte dipendenza, spiega a Keystone-ATS Thomas Herquel, direttore di Quai 9, un’associazione ginevrina il cui obiettivo è di venire in aiuto alle persone tossicomani.

Una decina di minuti dopo aver consumato una dose, si sente già il bisogno di un nuovo ‘flash’. Molti chiedono l’elemosina e, non appena hanno altri dieci franchi in tasca, ricominciano. È un circolo vizioso, riassume Herquel. Inoltre, il consumo di crack rende spesso le persone aggressive.

Stando a uno studioCollegamento esterno sul crack dell’associazione Dipendenze Svizzera pubblicato a inizio giugno, se nel 2019 e nel 2020 solo un quarto delle persone che frequentavano il locale di Quai 9 dedito al consumo avevano consumato crack, nel 2021 la proporzione era del 45% e nel 2022 del 62%. Inoltre, “quasi tutti consumano anche eroina e altri prodotti”, si legge nel comunicato stampa.

Il crack si è diffuso rapidamente in altre città svizzere e oggi in diverse località vi sono dei luoghi caldi dove si ritrovano i tossicomani.

Ad esempio, a Coira, nei Grigioni, in pieno centro città vi è una zona dove si radunano fino a un centinaio di consumatori. Oppure, come mostra il servizio del telegiornale della RSI, in questo parco di Basilea, che appena sopraggiunge la notte si trasforma.

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La Svizzera, che negli anni Novanta aveva saputo innovare attuando la politica dei quattro pilastri (prevenzione, trattamento, riduzione del danno e regolamentazione), saprà ancora una volta dar prova di pragmatismo e acume per affrontare quella che sembra essere una nuova epidemia?

Strategie da adattare

“Bisogna adattare i dispositivi e aggiornare il nostro modo di affrontare il problema”, afferma Frank Zobel, vicedirettore di Dipendenze Svizzera a coautore dello studio sul crack, intervistato da Keystone-ATS. “Il federalismo permette di trovare soluzioni piuttosto sofisticate e adatte alle esigenze locali”, prosegue Zobel. “Le città stanno mettendo a disposizione risorse per affrontare i problemi causati dalla droga. È una buona notizia, anche se non esiste una soluzione magica che possa essere applicata ovunque”.

Il Canton Ginevra conta una sessantina di operatori e operatrici sociali e altre figure professionali che si occupano dell’aiuto alle persone tossicodipendenti. “La crescita esponenziale del consumo di crack ha cambiato drasticamente la situazione e gli strumenti per affrontare il problema”, osserva Frank Herquel. Il modo altamente compulsivo con cui si assume questa droga richiede un tipo di sostegno diverso da quello fornito alle persone dipendenti, ad esempio, dall’eroina, che impiegano molto più tempo per consumarla.

Decessi in netto calo

La Svizzera è comunque ancora lontana dall’incubo rappresentato dalle scene aperte di Zurigo negli anni Novanta, con migliaia di persone eroinomani e siringhe in bella vista. All’epoca”, ricorda Frank Zobel, “ogni anno morivano per overdose dalle 300 alle 400 persone, cifra che saliva a 700 se si aggiungevano i decessi per AIDS dovuti alle iniezioni”.

Oggi, tra i 100 e i 120 tossicodipendenti muoiono ogni anno come conseguenza diretta della loro dipendenza, molti dei quali hanno 50 o 60 anni e sono sopravvissuti al Platzspitz e al Letten, sottolinea il vicedirettore di Dipendenze Svizzera.

Le persone tossicodipendenti hanno imparato a proteggersi meglio, il sostegno è stato intensificato e i gruppi coinvolti (ospedali, assistenti sociali, polizia, medici) hanno ora un approccio più concertato.

Ma il problema rimane acuto e l’alloggio è una delle principali preoccupazioni. Le persone tossicomani di oggi sono particolarmente precarie ed emarginate, senza un tetto sulla testa o un lavoro. Lo stress causato dalla costante ricerca della sostanza crea un logorio che si aggiunge ai danni causati dalla droga stessa. L’auspicio di chi si occupa di dipendenze è che vengano realizzate strutture come dormitori o altri alloggi dove queste persone possano riposare e mangiare.

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