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Salario minimo, il caso di Neuchâtel

Banconote
Nel 2017, nel cantone Neuchâtel è entrata in vigore la legge che prevede un salario minimo orario di 20 franchi all'ora. © Keystone / Gaetan Bally

Il popolo del cantone Ginevra ha recentemente accettato un'iniziativa volta a garantire un salario minimo di 23 franchi all'ora in tutti i settori. A livello svizzero, simili disposizioni sono in vigore in due altri cantoni, e presto lo saranno in un terzo (il Ticino). Neuchâtel è stato il primo ad introdurre un uno stipendio minimo legale. Dopo circa tre anni, che bilancio si può trarre?

In controtendenza rispetto alla maggior parte degli Stati europei, la Svizzera non dispone di un salario minimo legale su tutto il suo territorio e, se si considera il risultato della votazione popolare del maggio 2014, non sembra neanche volerlo.

Salario minimo in Europa

Nel gennaio 2020, erano previste retribuzioni minime nazionali in 21 dei 27 Stati membri dell’UE (le eccezioni sono rappresentate da Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia), nonché nel Regno Unito e in tutti i paesi candidati all’adesione all’UE (Montenegro, Macedonia del Nord, Albania, Serbia e Turchia). Dal primo di gennaio 2020, l’importo delle retribuzioni minime mensili variava notevolmente tra gli Stati membri, passando da 312 euro in Bulgaria a 2’142 euro in Lussemburgo.

Il salario minimo di 22 franchi all’ora che nel 2014 era stato respinto alle urne, è stato definito “il salario minimo più elevato al mondo”. Questo primato spetterà, probabilmente, al cantone Ginevra.

Fonte: Eurostat/swissinfo

L’iniziativa “Per la protezione di salari equi”, che chiedeva l’introduzione di un salario minimo in Svizzera di 22 franchi l’ora (circa 4’000 fr. al mese per 42 ore di lavoro a settimana), era stata affossata alle urne con un sonoro 76% di “no”.

Già allora, però, i cantoni Giura e Neuchâtel avevano approvato analoghe proposte nel loro piccolo, a livello cantonale. Il Ticino ha fatto lo stesso nel 2015, accettando l’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino”. Nel caso del cantone sudalpino, la legge di attuazione dovrebbe entrare in vigore nel gennaio del 2021.

Quest’anno è stato il turno di Ginevra, dove i votanti lo scorso 27 settembre hanno detto “sì” a un salario minimo di 23 franchi orari. Le discussioni tra sindacati e padronato per la legge di attuazione sono attualmente molto accese e, così come successo durante la campagna in vista del voto, il cantone in cui il salario minimo è in vigore da più tempo (dal 2017) viene citato spesso.

Dopo tre anni, si possono trarre insegnamenti dal caso di Neuchâtel?

Nel cantone, una delle culle dell’orologeria elvetica, il salario minimo è stato fissato a 20 franchi all’ora, poi adeguato ogni anno in funzione dell’indice dei prezzi al consumo (attualmente è di 20,08 franchi). Questa cifra è stata calcolata, in base ai dati delle assicurazioni sociali federali, per permettere a una persona che abita sola di vivere al di sopra della soglia di povertà senza dover ricorrere all’aiuto dello Stato.

Secondo i sindacati, la bontà della misura è al di fuori di ogni dubbio, anche se avrebbero auspicato una paga oraria più sostanziosa.

La paura che un salario minimo avrebbe fatto crescere la disoccupazione nel cantone si è rivelata infondata, anzi: “I fatti dimostrano il contrario”, si legge sul sito di UniaCollegamento esterno. Il sindacato sottolinea come nel 2018 e nel 2019 il tasso di disoccupazione si sia abbassato considerevolmente (dal 5,3% all’entrata in vigore della misura nell’agosto del 2017 al 3,8% nel marzo del 2019).

Un bilancio positivo è stilato anche dal Consigliere di Stato (“ministro” cantonale) Jean-Nathanaël Karakash. Il responsabile del Dipartimento dell’economia e dell’azione sociale vuole comunque sottolineare che la riduzione della disoccupazione non può essere considerata una conseguenza diretta dell’introduzione della misura.

Mappa della Svizzera con il canton Neuchâtel evidenziato
A Neuchâtel, cantone francofono della Svizzera occidentale, lavorano circa 13’000 frontalieri. Getty Images

Pochissime difficoltà

“Non abbiamo constatato nessun problema nell’attuazione”, indica Karakash a tvsvizzera.it. Il cantone non ha registrato effetti di freno sull’impiego e nemmeno un livellamento dei salari verso il basso per chi guadagnava di più della soglia minima introdotta.

“Ci sono stati dei casi di imprese che non hanno adattato spontaneamente le condizioni salariali. Siamo intervenuti, abbiamo raccomandato di adattarsi, anche in retroattivo, e tutte le richieste hanno avuto un seguito. Non c’è mai stato bisogno di alzare i toni”, spiega il Consigliere di Stato.

Sono risultati che vanno però relativizzati, ricorda. La situazione di Neuchâtel, infatti, è particolare. Lo sottolinea anche Florian Németi, direttore della CNCICollegamento esterno, associazione padronale che raggruppa più di 1’000 aziende nel cantone.

Quando nel 2015 è stata stabilita la soglia salariale minima di 20 franchi all’ora, si e calcolato su base statistica quante persone ne avrebbero beneficiato. “C’erano pochissimi  lavoratori a cui erano versati salari inferiori”, spiega Németi, “2’700 persone su 91’000 in impiego, circa il 3%”. 

Oltretutto, tra chi guadagnava meno, lo scarto tra il loro stipendio e il salario minimo era, nella grande maggioranza dei casi, molto esigua.

Interessante è notare che le persone che risultavano essere pagate meno erano perlopiù residenti. Nel cantone Neuchâtel lavorano circa 13’000 frontalieri, ma tra questi “la proporzione di chi lavorava per meno di 20 franchi all’ora era dell’1,3%”, precisa Karakash che aggiunge: ” Il grosso del volume del lavoro dei frontalieri a Neuchâtel è nell’industria e nel settore sanitario. Sono settori in cui sono in vigore dei contratti collettivi di lavoro (ccl) che prevedono già paghe superiori”.

“Neuchâtel è uno dei cantoni, se non il cantone, con più ccl in Svizzera. C’erano pochi settori dove i salari erano inferiori alla soglia minima”, dice Németi, secondo cui questo dimostra che la misura non era particolarmente necessaria.

Già all’epoca della votazione popolare “avevamo la convinzione, e questa non è cambiata, che avere un salario minimo con lo Stato che fa la polizia dei salari non è il modo migliore per avere paghe che corrispondono alla reale situazione di un settore e di una regione. Lo strumento migliore resta il partenariato sociale” che stabilisce i salari all’interno di un ccl, aggiunge il direttore della CNCI.

Prevenzione

“Il salario minimo introdotto a Neuchâtel deve essere letto come una misura di carattere preventivo, piuttosto che una misura con carattere di cambiamento”, spiega Karakash, “ed proprio perché corrispondeva alla situazione reale che è stata stabilita la soglia di 20 franchi all’ora.”

Secondo il consigliere di Stato, benché il fenomeno del dumping salariale con frontalieri pagati poco non sia un problema a Neuchâtel, il contesto di confine fa sì che la popolazione sia comunque preoccupata. Un salario minimo offre una garanzia al 50% dei lavoratori che non sono protetti da un ccl.

Ma il vantaggio non è solo dei lavoratori, dice Karakash. È anche delle imprese che pagano salari corretti e non devono temere la concorrenza sleale di chi gioca al ribasso sui salari.

“Anche se il salario minimo rientra nell’ambito della politica sociale, per effetto indotto si proteggono le imprese corrette e lo Stato”, sottolinea.

Piccole realtà

Dall’introduzione del salario minimo qualche malcontento comunque c’è stato. Un esempio è quello dei tassisti, citato nel servizio che trovate in questo articolo. Un altro viene dalla ristorazione. Qui il ccl prevede tre tipi di orario settimanale: di 42 ore (che già sancisce uno stipendio superiore al salario minimo), 43,5 (dove la paga prevista è molto vicina alla soglia minima) e 45 ore (dove lo stipendio è inferiore al salario minimo).

“Non ci sono state ondate di licenziamenti, ma il salario minimo ha colpito specialmente gli stabilimenti dove erano in vigore le 45 ore. Per loro la differenza era grande”, spiega la direttrice della federazione degli esercenti GastroNeuchâtel, Collegamento esternoKaren Allemann. “Si tratta perlopiù di piccole realtà con meno di quattro impiegati, che hanno sicuramente dovuto fare ristrutturazioni”.

Oltre a ciò. quando la paga prevista dal ccl è vicina al salario minimo, che varia di anno in anno, si creano complicazioni burocratiche per gli esercenti che devono ricontrollare di continuo a quale regola devono attenersi (tra il salario previsto dal ccl e il salario minimo va versato il più alto).

Incognite

A parte pochi casi, per le ragioni elencate, l’introduzione del salario minimo a Neuchâtel non ha portato a grandi cambiamenti nel mercato del lavoro. Ma questo non vuol dire che accadrà lo stesso in Ticino e a Ginevra.

In quest’ultimo cantone, le persone che potenzialmente dovranno ricevere un aumento sono circa 30’000, secondo i sindacati. Molti datori di lavoro potrebbero ritenere di non essere in grado di pagare i 23 franchi all’ora previsti. Questa cifra, ipotizza Karakash, potrebbe entrare in contrasto con vari ccl, anche a livello nazionale, costringendo a rivalutare le scale salariali.

In Ticino gli occhi sono puntati sui frontalieri, che tra i beneficiari della misura rappresentano una percentuale più alta rispetto ai residenti.

Entra poi in gioco il fattore coronavirus. “Noi abbiamo avuto la fortuna di far entrare in vigore il salario minimo in periodo favorevole”, dice Karakash. In una situazione di difficoltà economica per molte aziende come quello attuale, l’introduzione di uno stipendio minimo potrebbe non essere priva di scossoni.


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