La persecuzione di jenisch e manouche/sinti è stata un “crimine contro l’umanità”
Per la ministra dell'Interno Elisabeth Baume-Schneider, le ingiustizie commesse non devono essere dimenticate.
Keystone / Peter Klaunzer
Uno studio commissionato dal Governo elvetico ha stabilito che, anche se non c'è stato genocidio, l'allontanamento di centinaia di bambini dalle loro famiglie nomadi tra il 1926 e il 1973 può essere classificato come crimine contro l'umanità.
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Keystone-ATS
Le persecuzioni subite dagli jenisch e dai manouche/sinti in Svizzera nell’ambito del programma “Bambini della strada” nel XX secolo devono essere qualificate come “crimine contro l’umanità”, secondo il Consiglio federale che giovedì ha chiesto nuovamente scusa.
Tra il 1926 e il 1973, la fondazione Pro Juventute, che ha avviato il programma, ha sottratto circa 2’000 bambini alle persone nomadi e ha distrutto le loro famiglie. Nel gennaio 2024, le organizzazioni che rappresentano queste comunità hanno chiesto alla Confederazione di classificare questi atti come “genocidio culturale”.
Il servizio del TG 20.00 della RSI del 20 febbraio 2025:
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Data la gravità delle accuse, il Dipartimento federale dell’interno (DFI) ha commissionato un parere legale a un professore dell’Università di Zurigo, si legge in un comunicato stampa di giovedì. Il parere legale conclude che il rapimento di bambine e bambini e l’intenzione di rompere i legami familiari per eliminare lo stile di vita nomade e integrare nella società gli jenisch e i manouche/sinti, devono essere qualificati come “crimini contro l’umanità” secondo i criteri del diritto pubblico internazionale.
Lo Stato era corresponsabile degli atti commessi. Senza il suo coinvolgimento a tutti i livelli (Confederazione, Cantoni e Comuni), la persecuzione di queste persone non sarebbe stata possibile. In particolare, la Confederazione ha mantenuto stretti rapporti con la fondazione Pro Juventute.
Nessun “genocidio culturale”
Tuttavia, secondo il parere legale, non si può parlare di “genocidio culturale” (annientamento dell’esistenza culturale) da un punto di vista giuridico. Non si può nemmeno parlare di “genocidio” in senso stretto, dal momento che non c’è un “intento genocida” (intento di distruggere gli esseri umani fisicamente o biologicamente).
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Il Consiglio federale ha inviato una lettera alla comunità jenisch e manouche/sinti . Nella missiva ribadisce le scuse già espresse alle vittime di misure coercitive di assistenza e di collocamento fuori casa.
Per la ministra dell’Interno Elisabeth Baume-Schneider, le ingiustizie commesse non devono essere dimenticate. Entro la fine dell’anno, il Dipartimento federale degli Affari interni (DFI), in collaborazione con le persone interessate, stabilirà se l’opera di commemorazione già svolta debba essere estesa oltre le misure adottate finora.
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