Comunità jenisch: “La Svizzera riconosca di aver perpetrato un genocidio culturale”
In una lettera aperta, i "nomadi" svizzeri chiedono alla Confederazione di condannare il programma "Bambini della strada" come genocidio culturale.
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tvsvizzera.it/mrj con Keystone-ATS
La campagna “bambini della strada” si è svolta tra il 1926 e il 1972. Nel corso di questi 46 anni la Fondazione Pro Juventute sottrasse centinaia di bambini jenisch e sinti ai loro genitori. Membri di questa minoranza furono anche sterilizzati e internati. Ora queste comunità nomadi chiedono in una lettera aperta alla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider che la Svizzera proclami quanto accaduto come “genocidio culturale”.
Si stima che Pro Juventute, sostenuta dalla Confederazione, strappò circa 2’000 bambini nomadi alle loro famiglie e al loro ambiente. Il numero esatto, però, non è noto, sottolineano organizzazioni e personalità jenisch.
Nella missiva viene inoltre precisato che Berna ha perseguitato queste popolazioni anche in altri modi, in particolare internandoli per “vagabondaggio”. Nonostante le scuse e i risarcimenti versati, la Confederazione deve ora riconoscere che c’è stato genocidio culturale se vuole assumersi la responsabilità delle proprie azioni, sottolineano i firmatari, che ricordano che le vittime non sono solo le persone direttamente coinvolte, ma anche i e le loro discendenti, la parentela, le loro famiglie e l’intero popolo jenisch e sinti.
La lettera è stata firmata dalla “Radgenossenschaft der Landstrasse”, l’organizzazione che rappresenta gli interessi dei nomadi jenisch, sinti e rom elvetici, dall’associazione transnazionale per la cooperazione e lo scambio culturale jenisch “Chefft Quant”, nonché dall’organizzazione “Jenisch-Manouche-Sinti”, attiva nella Svizzera romanda.
La campagna “Bambini della strada” è tornata a far parlare di sé negli scorsi mesi. All’ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia il regista italo-svizzero Giorgio Diritti ha presentato in anteprima il suo ultimo film Lubo, che affronta il tema concentrandosi sia sulla dimensione individuale che su quella comunitaria del dramma che ha colpito la comunità jenisch. Il film racconta 30 anni della vita di un uomo la cui moglie viene uccisa e i cui figli gli vengono portati via.
L'”Opera d’assistenza per i bambini della strada” – questo il nome completo della campagna – aveva come scopo quello di rimuovere bambini e bambine nomadi dal loro ambiente per avviarli a una vita sedentaria e a un lavoro disciplinato in centri o famiglie di accoglienza, manicomi o prigioni. La campagna è stata sciolta nel 1973 in seguito a pressioni politiche alimentate dai media. In seguito, a partire dagli anni Ottanta il Consiglio federale e Pro Juventute avevano fornito scuse ufficiali e tra il 1988 e il 1993 la Confederazione sbloccò 11 milioni di franchi a titolo di risarcimento.
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