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La tempesta Boris arriva in Italia e in Emilia Romagna torna la paura

fiume in piena
Gli eventi meteo estremi sono sempre meno eccezionali. Keystone-SDA

Dopo l'est dell'Europa e l'Austria, il ciclone Boris ha colpito ora anche l'Italia. In Emilia Romagna è allerta rossa, ma ci sono stati allagamenti e frane anche nelle Marche.

A un anno e mezzo di distanza torna la paura. Dopo l’alluvione che nel maggio 2023 ha devastato la Romagna, un altro evento meteorologico estremo è tornato a colpire una parte di quelle zone.

Forti piogge, persistenti e ininterrotte, hanno causato tracimazioni di fiumi, allagamenti e frane e hanno costretto un migliaio di persone a lasciare le loro abitazioni, soprattutto nel Ravennate.

Le criticità maggiori hanno riguardato i fiumi Lamone, Marzeno e Senio, nel Ravennate, e il Montone, nel Forlivese. Le piene dei corsi d’acqua hanno risparmiato i centri cittadini con gli argini che nella massima parte dei casi hanno retto la portata delle acque. Gravissima e ancora tutta da monitorare anche la situazione frane in Appennino.

La Regione Emilia Romagna ha seguito l’evolversi della situazione dei corsi d’acqua in piena per le forti precipitazioni di questi giorni. La macchina della protezione civile si è messa in moto e la conoscenza del pericolo ha facilitato gli interventi, grazie anche alla consapevolezza della popolazione e alla diffusione dei comportamenti di prevenzione.

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Al momento l’attenzione principale riguarda le piene dei fiumi, dei quali si attende il passaggio del colmo in molte zone che già furono alluvionate nel maggio 2023. Per il rischio di esondazione di un fiume dalla nottata la circolazione ferroviaria è sospesa tra Forlì e Faenza, tra Ravenna e Castelbolognese, tra Ravenna e Ferrara, e tra Ravenna e Faenza.

È emergenza maltempo anche nelle Marche. Ad Ancona è straripato il torrente Aspio, intere zone della città e gran parte delle strade sono chiuse e le frazioni di Paterno-Montesicuro sono isolate a causa di alcune frane

La Svizzera non è al sicuro

“Un evento estremo come quello attuale nell’Europa centrale e orientale è possibile anche in questo Paese”: parole di Andreas Zischg del Laboratorio Mobiliare di ricerca sui rischi naturali dell’Università di Berna in un’intervista rilasciata al quotidiano svizzero-tedesco Tages-Anzeiger.

L’Austria è stata particolarmente colpita dagli eventi meteo degli ultimi giorni e i danni sono stati ingenti, nonostante si fosse parzialmente a conoscenza del rischio. Qualche tempo fa, infatti, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha avvertito del crescente rischio di inondazioni nel Paese. Un rapporto diffuso a luglio mostrava che la popolazione austriaca è più a rischio di quella di molti altri Paesi e lo stesso vale per la popolazione svizzera.

Nella Confederazione, infatti, una persona su quattro vive in un’area ad alto rischio d’inondazione.

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Colpa della rapida industrializzazione

Secondo Zischg la maggiore esposizione a questo tipo di pericoli in Svizzera è dovuta al fatto che l’industrializzazione precoce del Paese ha portato alla costruzione di molti edifici industriali e successivamente anche residenziali in prossimità dei fiumi, a causa della necessità di energia idroelettrica.

“Allo stesso tempo, la popolazione è cresciuta notevolmente, soprattutto nelle regioni alpine esposte, grazie al turismo”, spiega l’esperto al quotidiano zurighese. La densità di popolazione in Svizzera è più alta che in altri Paesi.

Non c’è da preoccuparsi (troppo), comunque: stando alle spiegazioni di Zischg, “la Svizzera ha un buon sistema di protezione dalle inondazioni” e quelle che vi si verificano sono spesso solo localizzate e raramente eventi di grande portata. Lungo i fiumi, per esempio, sono state costruite strutture di protezione. In seguito alle alluvioni del 2005 sono stati realizzati numerosi progetti volti a proteggere il territorio.

C’è però anche da dire che gli eventi estremi, che in passato erano molto rari, oggi si verificano sempre più spesso a causa dei cambiamenti climatici. Ragione per la quale, l’OCSE ha chiesto di non costruire in aree a rischio e di non impermeabilizzare il suolo.

Secondo il Politecnico federale di Zurigo, scrive il giornale, le precipitazioni estreme sono già aumentate in Svizzera e, se il riscaldamento globale continueré incontrollato, diventeranno ancora più intense.

Secondo le analisi del Laboratorio Mobiliare, i danni aumenteranno a dismisura: a un aumento di deflusso del 10% rispetto al precedente valore di picco, i danni agli edifici in Svizzera cresceranno di oltre il 40%.

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