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Intrappolati nella montagna, la frustrazione dei soccorritori

persone assistono a cerimonia di commemorazione delle vittime. Per terra candele accese formano un cuore
Una tragedia che ha colpito tutta la Val d’Hérens, in Vallese. KEYSTONE/© KEYSTONE / VALENTIN FLAURAUD

È stata ricostruita ora per ora la tragedia che ha portato alla morte di sei sci escursionisti a inizio marzo nel canton Vallese. Una persona risulta ancora dispersa.

Volevano percorrere il leggendario percorso della Patrouille des Glaciers: da Zermatt ad Arolla passando per la Tête Blanche. Una gita di sci escursionismo considerata impegnativa, con un dislivello di oltre 2’000 metri. La loro uscita però si è bloccata per sempre a 3’500 metri di altitudine a causa di una tempesta. Stiamo parlando dei sei sci escursionisti rimasti intrappolati sulla montagna, in Vallese, lo scorso 9 marzo. I corpi di cinque di loro sono stati trovati dopo oltre 24 ore. Una persona rimane ancora dispersa.

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Una tragedia che ha scosso la Val d’Hérens, nel canton Vallese, ma non solo. Le vittime sono i tre fratelli David, Laurent e Jean-Vincent, il cugino Marc, lo zio Joel ed Emilie, un’amica di Friburgo il cui corpo non è stato ancora trovato. La trasmissione Mise au point della RTS ha realizzato un servizio, proposto giovedì da Falò RSI, nel quale ha ricostruito con precisione le ore drammatiche di quei giorni.

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La partenza e il repentino arrivo della tempesta

Il gruppo era partito sabato 9 marzo da Zermatt. A quell’ora del mattino, il tempo era bello. Il percorso per raggiungere la Tête Blanche, un ghiacciaio immenso, è costellato da seracchi e ci vogliono circa cinque ore. La tempesta è arrivata all’improvviso: si parla di venti a 100 chilometri orari e visibilità zero. “In un attimo sei nella nebbia che potresti tagliare con un coltello”, ha spiegato la guida alpina vallesana Guy-Robert May, “il vento poi ti fa perdere l’equilibrio”. Una situazione molto temuta quando ci si trova così in altitudine. Perché si perde facilmente il senso dell’orientamento e tornare sui propri passi è praticamente impossibile. I sei si trovano quindi velocemente in una sorta di trappola.

Un solo contatto alle 17.19

Il primo allarme non viene lanciato dal gruppo, ma dalla sorella di uno dei componenti che poco dopo le 16.00 chiama la centrale 144 di soccorso del Vallese. Si dice preoccupata perché seguendo il percorso in diretta degli escursionisti grazie al GPS condiviso si è accorta che non si muovono e a quell’ora dovevano già trovarsi ad Arolla. Alexandre Briguet, responsabile delle operazioni di Vallese soccorso 144, racconta allora di aver più volte cercato di entrare in contatto con loro. Una finestra di comunicazione, l’unica, si apre alle 17.19. A rispondere è Emilie che sembra tranquilla e racconta che una persona non sta bene e che sono bloccati. Comunica che sono uniti e che avrebbero scavato una buca e fatto un igloo e che si sarebbero coperti con le coperte termiche. Questo unico contatto non fa pensare al peggio. Il gruppo è attrezzato e sa come gestire la situazione: hanno giacche, coperte e le pala pieghevole. Intanto cala la notte e con essa le temperature. Si trovano a 3’500 metri.

Il senso d’impotenza

A valle, nel frattempo, polizia, autorità e soccorritori si organizzano per raggiungerli. A livello di organizzazione non ci sono intoppi, il problema è il maltempo. Gli elicotteri non possono volare e le colonne di soccorso non possono muoversi sul terreno a causa del pericolo di valanghe. Un sentimento d’impotenza prevale. “Sapevamo che quel luogo è particolarmente difficile e che le probabilità di sopravvivenza sono minime. È una corsa contro il tempo e bisogna mobilitare più persone possibili. La frustrazione era tanta”.

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Vengono mobilitate anche le sezioni tecnologia e informatica per localizzarli. Anche in questo caso nessun problema. Il giorno dopo, domenica, il tempo non migliora. Tutti guardano alla montagna, senza poterci andare. Dopo 24 ore però finalmente gli elicotteri prendono il volo. Un primo gruppo, composto da due guide, un medico e un poliziotto, arriva sotto il rifugio Dent Blanche.

“Purtroppo, non appena scendiamo dall’elicottero, il cielo torna a chiudersi”, racconta  Grégory Bueche, soccorritore dell’Air-Glaciers, “ci ritroviamo noi quattro ai piedi della capanna. È comunque un grande momento di solitudine, perché non abbiamo dietro a noi tutta la squadra che avevamo organizzato. La nostra strategia condivisa era che saremmo avanzati sul ghiacciaio solo in presenza di un’équipe alle nostre spalle, del sostegno logistico e di quello medico. Non si può fare un salvataggio in quattro. Possiamo andare in esplorazione ma poi se dovessimo trovare le persone dobbiamo anche avere il sostegno per poterle effettivamente aiutare. Ci siamo confrontati tra noi, abbiamo deciso di continuare con il nostro piano, quindi di procedere in cordata lasciando una traccia visibile per poter tornare facilmente al rifugio in caso di necessità”.

Il gruppetto parte in sicurezza alla ricerca dei sei dispersi. Dopo due ore, trovano prima gli sci piantati sul terreno e poi i corpi, ormai senza vita, di cinque persone. Il buco che avevano scavato era troppo piccolo, molto probabilmente a causa della tempesta non sono stati in grado di costruire un riparo sicuro. Ancora una volta il sentimento è quello d’impotenza. All’appello manca poi Emilie, il cui corpo ad oggi non è stato ancora trovato. Dopo diversi giorni di ricerche la polizia ha comunicato di averle sospese. Le pattuglie effettueranno dei sopralluoghi occasionali nella zona. Della ragazza, sono stati trovati solo gli sci e lo zainetto.

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