Ticino rifugio di latitanti mafiosi?
Da decenni le cronache riportano con una certa costanza casi di appartenenti a organizzazioni mafiose di cui viene segnalata la presenza in Svizzera e, in particolare, in Ticino.
Nei giorni scorsi è stato fermato un latitante calabrese 51enne a Magliaso, nel Luganese. Sulla sua testa pendeva un mandato di cattura internazionale spiccato dalla procura di Crotone per un duplice omicidio.
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Non è che l’ultimo episodio che attesta l’indubbio interesse dei clan per la Confederazione, dove generalmente non risultano però attività gestite direttamente dalle organizzazioni criminali, come avviene a pochi chilometri di distanza nei principali centri del Nord Italia: le associazioni criminali preferiscono mantenere una presenza defilata. In Svizzera vengono poste basi logistiche per i traffici di armi e di droga, vengono riciclati (con sempre maggiore difficoltà) i proventi delle attività criminali e si rifugiano latitanti.
Ma le norme sono diventate sempre più restrittive e la collaborazione tra investigatori internazionali funziona. Le modifiche della legge sulle armi, approvate dal popolo elvetico lo scorso 19 maggio e entrate in vigore il 15 agosto – fanno calare il sipario su quello che era un supermarket di fucili e pistole per le mafie, come hanno testimoniato numerose inchieste nei decenni passati.
Più arduo sembra invece stroncare il flusso di stupefacenti attraverso la frontiera, un problema irrisolto anche a livello internazionale. Nel 1994 finì in manette un insospettato agente della polizia cantonale, di stanza all’aeroporto di Agno, per aver agevolato il trasferimento di valigie piene di cocaina dalla Colombia all’Italia attraverso lo scalo luganese.
A testimonianza delle vaste infiltrazioni e della potenza delle organizzazioni internazionali che non si arrestano di fronte a un insuccesso. Ma se per il momento la presenza di queste organizzazioni è tutto sommato episodica in futuro la situazione potrebbe cambiare.
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