I dazi americani ostacolano la crescita economica elvetica
Il settore orologiero sarà particolarmente colpito dai nuovi dazi doganali americani.
KEYSTONE/Jean-Christophe Bott)
Sono entrati in vigore i dazi supplementari voluti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Le esportazioni elvetiche negli USA saranno soggette a una tariffa del 31%. Un sondaggio di Economiesuisse.
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Keystone-ATS
In Svizzera risultano particolarmente colpiti i produttori di orologi, l’industria dei macchinari e il settore medtech. I prodotti farmaceutici e le esportazioni di oro sono per il momento esenti.
La prima parte del pacchetto di dazi – tariffe universali del dieci per cento sulle merci provenienti da tutti i Paesi – era già entrata in vigore sabato. Da oggi, mercoledì 9 aprile, vengono applicate ulteriori misure per i Paesi con i quali gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale particolarmente elevato.
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Crescita economica contenuta
L’economia svizzera si ritrova trascinata nel vortice globale dei nuovi dazi. Gli economisti di UBS vedono nubi scure addensarsi all’orizzonte economico: è probabile che i dazi ostacolino in modo significativo la crescita economica della Svizzera quest’anno e il prossimo. I rappresentanti dell’economia elvetica hanno fatto appello ai politici chiedendo di negoziare.
I dazi americani del 31% contro la Svizzera colpiscono numerose imprese: lo afferma Economiesuisse, che ha tastato il polso al ramo.
Nell’ambito di un sondaggio non rappresentativo condotto il 3 e il 4 aprile l’associazione ha interpellato 94 entità, fra aziende e associazioni di categoria. Il 19% di tali realtà si è detto “molto significativamente colpito” dalle barriere doganali in questione, il 30% “significativamente colpito” e un ulteriore 27% “leggermente colpito”. Solo il 24% afferma di non subire l’impatto delle decisioni dell’amministrazione di Donald Trump.
I partecipanti al rilevamento d’opinione temono in particolare una contrazione della domanda (50%) e il rallentamento congiunturale (31%), ma vengono visti anche rischi in relazione alle catene di approvvigionamento e all’aumento delle tariffe doganali su altri mercati.
Circa l’80% delle imprese interpellate non ha ancora adottato alcuna misura per mitigare a breve termine l’impatto dei dazi. Sul medio periodo si sta però discutendo la possibilità di passare, con i prodotti, attraverso altri paesi con dazi più bassi; si pensa inoltre di adeguare i contratti per trasferire i costi sugli importatori statunitensi. Altro punto: le ditte valutano l’opportunità di diversificare maggiormente i mercati di vendita.
Le associazioni e le imprese intervistate si aspettano che il Consiglio federale faccia tutto il possibile per ridurre i dazi – considerati “eccessivamente elevati” – attraverso i canali diplomatici, afferma Economiesuisse. La Svizzera ha dalla sua parte i migliori argomenti economici. È il sesto investitore estero più importante negli Stati Uniti e guida la classifica nell’ambito della ricerca e sviluppo.
La direttrice della Segretaria di Stato dell’economia (Seco), Helene Budliger Artieda, è negli Stati Uniti da domenica. Tra le altre cose, si trova a Washington per preparare la visita della presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e del ministro dell’Economia Guy Parmelin. Ieri, la Seco non ha fornito alcuna informazione su incontri o sui progressi compiuti. L’ufficio stampa del Dipartimento federale dell’istruzione e della ricerca (DEFR) ha dichiarato che pubblicherà un comunicato su eventuali incontri “a tempo debito”.
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Le possibili contromisure sono all’ordine del giorno dei rappresentanti dei 27 Paesi dell’UE che mercoledì voteranno sulla risposta all’offensiva commerciale degli USA.
I nuovi balzelli doganali statunitensi prevedono maggiorazioni del 20% sui prodotti provenienti dall’UE. La Commissione europea sta esaminando varie possibilità, ma non intende proporre misure concrete prima della prossima settimana. Le contro tariffe verranno messe in campo in tre tranche: una prima entrerà in vigore il 15 aprile, una seconda il 16 maggio, una terza il primo dicembre.
Botta e risposta tra Cina e Stati Uniti
La scorsa settimana, Trump ha inizialmente annunciato tariffe aggiuntive del 34% per la Cina, a cui Pechino ha risposto con sovrapprezzi dello stesso importo. Trump ha poi minacciato la Cina con ulteriori tariffe del 50% e avvertito che nuovi dazi saranno imposti da oggi. Per la Cina, le nuove misure punitive significherebbero tariffe aggiuntive di oltre il 100%.
I dazi statunitensi colpiscono anche altri Paesi asiatici come il Vietnam e la Cambogia, mentre il governo Trump sta negoziando un accordo con la Corea del Sud e il Giappone.
Con la sua politica tariffaria, Trump vuole rafforzare la produzione nazionale e allo stesso tempo convincere i partner commerciali stranieri a fare concessioni. Secondo molti commentatori però un conflitto commerciale globale potrebbe far precipitare l’economia mondiale in una profonda crisi.
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