I consumatori svizzeri non boicottano i prodotti “made in USA”
KEYSTONE/DPA/Jörg Carstensen
Smettere di comprare prodotti americani per segnalare la propria opposizione alle politiche del presidente Donald Trump? Così volevano fare gli svizzeri, secondo un sondaggio di circa due mesi or sono: ma la realtà appare diversa.
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ATS-Keystone
La quota dei marchi statunitensi nelle vendite del colosso del commercio online Digitec Galaxus controllato da Migros è stata del 17,5% in maggio, solo leggermente inferiore al 18,3% osservato nello stesso mese dell’anno precedente. “Un boicottaggio ha un aspetto diverso”, commenta Hendrik Blijdenstein, Chief Commercial Officer della società. Sebbene le persone in là con gli anni e gli uomini acquistino meno prodotti a stelle e strisce, le differenze rimangono minime.
Eppure in un sondaggio realizzato fra il 22 aprile e il 6 maggio in Svizzera, Germania, Austria, Francia e Italia oltre il 60% aveva affermato di voler ricorrere più ad articoli europei, invece dei concretamente citati – a titolo d’esempio – Apple, Nike, Tesla, Netflic, Microsoft, Coca-Cola o McDonald’s. Alla domanda “quanto è probabile che in futuro acquisterai o consumerai consapevolmente meno prodotti di aziende statunitensi?” il 54% degli svizzeri aveva risposto con molto o abbastanza probabile e quote ancora maggiori in tal senso erano state registrate in altre nazioni.
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I piani di boicottaggio dell’Europa erano quindi solo aria fritta? “È quello che sembra e non mi sorprende”, risponde Hendrik. A suo avviso la ragione principale di questa reazione esitante è da ricercare nelle abitudini d’acquisto e nella mancanza di conoscenza dell’origine dei marchi. “La maggior parte delle persone probabilmente si rende conto che Tesla, Barbie e Microsoft sono marchi americani, ma non va più in là”.
In effetti, ricorda l’azienda, molti marchi statunitensi non suonano affatto tali: il sapone Le Petit Marseillais, ad esempio, appartiene al gruppo statunitense Johnson & Johnson, i profitti delle vendite del cioccolato Milka vanno a Mondelez a Chicago e Mastro Lindo pulisce per Procter & Gamble a Cincinnati. “Chi vuole davvero evitare i prodotti statunitensi, deve ricercare l’origine e la struttura aziendale, cosa che quasi nessuno fa nella vita di tutti i giorni”.
L’abitudine è più forte del principio
Un’altra ragione sta nell’attaccamento emotivo: per molti, marchi come Apple o Nike fanno parte dello stile di vita personale e quindi sono più forti delle posizioni politiche. “I fan di Apple non passeranno improvvisamente a un Fairphone olandese solo perché Trump impone dei dazi”, osserva l’esperto. L’abitudine è quindi più forte del principio. Altri esitano anche perché le alternative europee sono più costose: nel sondaggio solo nove persone su 100 hanno dichiarato che sarebbero “sicuramente” disposte a pagare di più per prodotti o servizi che non provengono dagli Usa.
Conclusione, secondo Digitec Galaxus: la politica doganale, da sola, non cambia le abitudini dei consumatori europei. Ciononostante, il dibattito pubblico potrebbe essere il primo segnale di allarme per le aziende americane, soprattutto se il clima politico dovesse continuare a deteriorarsi.
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