Frana di Bondo, il caso è stato riaperto
Omicidio colposo plurimo. È questo il reato ipotizzato dalla procura dei Grigioni. Sotto accusa cinque persone indagate in relazione alla frana di Bondo del 2017 nella quale morirono otto escursionisti. Secondo una perizia esterna la frana era stata preannunciata da numerosi esperti.
Nel 2019 la Procura aveva chiuso una prima indagine sull’incidente. Era giunta alla conclusione che la frana non era prevedibile. Successivamente il Tribunale federale ha però accolto un ricorso dei parenti delle vittime rimaste sepolte sotto la colata detritica.
La Corte federale ha dichiarato che la magistratura non avrebbe dovuto basarsi esclusivamente sulle conclusioni dei funzionari, ma avrebbe dovuto richiedere una perizia. Il caso è stato quindi riaperto.
Gli inquirenti si sono basati su una perizia privata del geologo vodese Thierry Oppikofer, resa nota nel dicembre scorso, secondo la quale la frana dell’agosto 2017 era stata “preannunciata da numerosi esperti” e le autorità avevano corso un “rischio inaccettabile” decidendo di non chiudere in anticipo i sentieri escursionistici.
Altri sviluppi
Frana di Bondo, un anno dopo
La nuova indagine penale riguarda due esperti dell’Ufficio per le foreste e i pericoli naturali dei Grigioni, un geologo esterno e due rappresentanti del Comune di Bregaglia, tra cui l’ex sindaca e attuale consigliera nazionale Anna Giacometti. Da parte degli indagati non è stata rilasciata alcuna dichiarazione.
La frana
Il 23 agosto 2017, otto persone avevano trovato la morte su un sentiero escursionistico ai piedi del Pizzo Cengalo, in Val Bondasca sopra il villaggio di Bondo, in occasione di una delle più grandi frane cadute in Svizzera da oltre 130 anni. Fra di loro cittadini germanici, austriaci e svizzeri mai più ritrovati.
Dalla Val Bondasca, una valle laterale della Val Bregaglia nel Grigioni meridionale, precipitarono a valle circa tre milioni di metri cubi di roccia, raggiungendo il paesino di Bondo, che sfuggì per poco alla distruzione.
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