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La Svizzera offre il suo aiuto all'Italia

La Confederazione ha proposto a Roma di inviare materiale sanitario e di eventualmente accogliere pazienti italiani.

Questo contenuto è stato pubblicato il 05 aprile 2020 - 18:38
tvsvizzera.it/mar
Il 28 marzo scorso il Cervino è stato illuminato coi colori dell'Italia su iniziativa del comune di Zermatt e dell'artista Gerry Hofstetter. © Light Art by Gerry Hofstetter / Foto Frank Schwarzbach

L'offerta di aiuti era stata annunciato sabato in un'intervista alla Neue Zürcher ZeitungLink esterno (NZZ) del ministro degli esteri elvetico Ignazio Cassis e confermata domenica dal suo omologo Luigi di Maio con un tweet:

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"La Confederazione ha un piano di aiuti pronto che ha proposto all’Italia, ma prima di procedere attende di sapere da Roma quali sono le reali esigenze - indica a tvsvizzera.it il Dipartimento federale degli affari esteri. Sia nell’ambito del trasferimento di pazienti dall’Italia alla Svizzera, sia per quanto riguarda l’invio di materiale sanitario o personale medico nel Paese".

Nell'intervista alla NZZ, Ignazio Cassis aveva indicato che l'aiuto sarà soprattutto sottoforma di materiale di protezione, logistica e infrastrutture. "Oltre ai posti di terapia intensiva, l'Italia ha urgente bisogno di maschere protettive, disinfettanti e apparecchi respiratori. Queste merci potranno naturalmente essere fornite solo se abbiamo delle quantità sufficienti. La Svizzera ha sempre la priorità", ha dichiarato il ministro degli esteri, medico di formazione.

Ricordiamo che una delle aziende leader nella produzione di apparecchi respiratori, la Hamilton Bonaduz AG, ha sede in Svizzera.

+ intervista all'amministratore delegato della Hamilton Bonaduz AGLink esterno

Per quanto concerne il personale, Cassis ha ricordato che nelle regioni di confine, in particolare in particolare in Ticino, il settore sanitario dipende fortemente dai lavoratori frontalieri. "Tuttavia - ha precisato - la Svizzera ha ancora delle riserve".

La Svizzera accoglie già circa una trentina di pazienti provenienti dalla Francia, mentre l'Italia finora non ne aveva fatto richiesta. Giuliano Gallera, responsabile della cellula di crisi in Lombardia, ci aveva indicato che effettivamente non era stato intrapreso nessun passo in questo senso, poiché si era preferito rivolgersi alle strutture di altre regioni italiane.

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