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Il Pil svizzero scende del 2.9% ma non preoccupa

Collaboratori di Ikea mentre preparano i pacchi da spedire, visto che i negozi sono ancora chiusi.
Keystone / Alexandra Wey

Nel 2020 il Prodotto interno lordo (Pil) della Svizzera è sceso del 2.9%. Questo secondo i risultati provvisori disponibili pubblicati dalla Segreteria di stato dell'economia (Seco). Un dato che non allarma gli economisti grazie alla forte capacità di indebitamento della Confederazione.

Contrariamente agli effetti della pandemia sulla salute, la seconda ondata del coronavirus ha avuto effetti molto più blandi sull’economia rispetto alla prima ondata della scorsa primavera. Nonostante ciò, la diminuzione reale del Pil elvetico è del -2.9%, ovvero in misura molto maggiore rispetto alla crisi finanziaria del 2009 (−2,1 %). Per trovare un calo ancora più significativo si deve tornare al 1975 in seguito alla crisi petrolifera.

“Il vantaggio della Svizzera non sta nell’entità della caduta del Pil, bensì nella sua capacità fiscale e di indebitamento”. Giovanni Pica professore di economia all’USI

“Più che comparare il dato del 2020 con altri momenti storici – ci spiega Giovanni Pica, professore di economica all’Università della Svizzera italiana – dobbiamo confrontare i dati elvetici con quelli degli altri Paesi. Osserviamo così che la caduta del Pil svizzero è decisamente meno pronunciato”.

La Seco sottolinea che il settore dei servizi è stato particolarmente colpito dalla crisi. I consumi privati, dal canto loro, hanno subìto un calo di portata storica. Al contrario, la contrazione dell’industria manifatturiera e delle esportazioni è stata meno forte rispetto a quella registrata durante la crisi finanziaria.

“Il vantaggio della Svizzera – continua il professor Pica – non sta nell’entità della caduta del Pil (ci sono paesi che hanno retto meglio), bensì nella sua capacità fiscale e di indebitamento. Nel bisogno, la Svizzera può infatti indebitarsi senza compromettere il futuro delle prossime generazioni. D’altra parte – ricorda Giovanni Pica – dopo anni grassi, se non ci indebitiamo ora, quando mai lo faremo?”  

I dati danno ragione al professor Pica: a fine 2019 il Dipartimento delle finanze ha comunicato che il debito lordo della Confederazione ammontava a 96,9 miliardi di franchi, ovvero il 13,9% del Pil. Aggiunti i debiti di cantoni e comuni, il debito pubblico corrisponde appena al 27% del Pil.

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Indebitamento e capacità fiscale

La situazione finanziaria elvetica è solida grazie al principio del freno all’indebitamento votato dall’85% dei cittadini elvetici nel 2001. Si tratta di un meccanismo per il controllo delle uscite complessive della Confederazione, che serve a bloccare sul nascere i deficit cronici e, di conseguenza, un aumento del debito.

Entrato in vigore nel 2003 il principio è semplice: sull’arco di un intero ciclo congiunturale le uscite non possono essere superiori alle entrate. I conti possono essere a volte in positivo e a volte in negativo, ma su più anni devono essere in equilibrio.

“L’uscita dalla crisi sarà veloce in Svizzera grazie alla politica fiscale espansiva della Confederazione”. Giovanni Pica, professore di economia all’USI

Il freno all’indebitamento ha permesso di ridurre sensibilmente il debito della Confederazione. Grazie alle riduzioni nel corso degli anni, la Svizzera risparmia ogni anno cospicue uscite a titolo di interessi, creando un margine di manovra per investimenti e nuovi compiti importanti. Come ad esempio, affrontare la crisi attuale.

La pandemia però ha fatto un po’ inceppare gli ingranaggi ben oliati di questo strumento, riaccendendo il dibattito su un suo eventuale adeguamento. Quest’anno infatti per il Covid-19 sono stati sbloccati quasi 80 miliardi di franchi e numerosi parlamentari hanno cominciato a chiedersi come allentare le regole per scongiurare lo spettro dell’austerità negli anni a venire.

Altri parlamentari ritengono che la crisi pandemica va affrontata come una crisi congiunturale, con uscite importanti e poche entrate fiscali. Nei prossimi anni la situazione dovrebbe tornare alla normalità, in quanto la struttura economica della Svizzera non è stata minata.

Dibattito a parte, grazie anche a questo strumento il Consiglio federale ha potuto stanziare, come detto, quasi 80 miliardi di franchi per arginare le conseguenze economiche della propagazione del coronavirus. I provvedimenti di questo ampio pacchetto, indirizzati a diversi gruppi target – scrive la Seco – sono pensati per evitare licenziamenti, preservare l’occupazione, garantire gli stipendi e sostenere i lavoratori indipendenti. Queste misure devono essere efficaci, rapide e mirate. Così sembra che sia.

Con la vaccinazione in corso e i nuovi allentamenti previsti nelle prossime settimane, è presumibile che anche l’economia elvetica possa finalmente uscire dalla pandemia nel corso del 2021. “L’uscita dalla crisi quando ci sarà – sottolinea il professor Pica – sarà veloce in Svizzera grazie alla politica fiscale espansiva della Confederazione. In generale la ripresa sarà molto più rapida rispetto a quanto accadrà ai nostri vicini e questo grazie al grande sostegno finanziario messo a disposizione a imprese e lavoratori. La domanda dunque può solo aumentare”.

Sul tema, il servizio del telegiornale:

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