“No” degli Stati a una migliore regolamentazione dell’aiuto al suicidio
La consigliera agli Stati Heidi Z'graggen.
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Il Consiglio degli Stati ha respinto una proposta per regolamentare meglio il suicidio assistito, ma ha approvato l’idea d'introdurre un monitoraggio nazionale, aprendo così la strada a una maggiore trasparenza senza modificare il quadro giuridico esistente.
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In Svizzera, l’aiuto al suicidio non sarà meglio regolamentato. Giovedì – con 22 voti contro 16 e 7 astensioni – il Consiglio degli Stati ha respinto una mozione in tal senso. I “senatori” hanno tuttavia approvato – con 24 voti a 17 e 3 astensioni – un altro atto parlamentare volto a istituire un monitoraggio.
Per quel che concerne la regolamentazione quadro, non si tratta di rendere più difficile l’accesso al suicidio assistito né di inasprire le condizioni in materia, ha spiegato Heidi Z’graggen (Centro) a nome della commissione della Commissione degli affari giuridici (CAG-S), che ha depositato la mozione. Secondo la “senatrice” urana, è tuttavia opportuno chiarire la situazione giuridica fissando le condizioni preliminari per il suicidio assistito e la procedura da seguire.
Ma, alla fine, la maggioranza del plenum non ha accolto tale richiesta. In aula, gli oratori intervenuti hanno sottolineato come la questione tocchi ciascuno in modo diverso. E i vari gruppi non hanno votato in modo uniforme.
Ha avuto maggiore successo la seconda mozione, presentata sempre dalla CAG-S, che chiede l’istituzione di un monitoraggio del suicidio assistito in Svizzera. Le statistiche dovranno registrare sia il numero di suicidi assistiti sia le circostanze di questi decessi. Il Consiglio nazionale dovrà ancora pronunciarsi su questo testo.
Non nelle mani del Consiglio federale
Il quadro giuridico del suicidio assistito è già sufficientemente chiaro oggi e non è necessario legiferare ulteriormente, ha sottolineato la ministra dell’interno Elisabeth Baume-Schneider. Poiché la Confederazione ha competenze legislative limitate in materia, occorrerebbe prima esaminare se siano ammissibili altre regolamentazioni sotto forma di legge quadro.
Inoltre, spetta ai Cantoni emanare una regolamentazione generale delle organizzazioni senza scopo di lucro che prestano assistenza al suicidio e delle loro attività, compresa la vigilanza su queste ultime. In linea di principio, le autorità cantonali sono competenti anche per regolamentare il suicidio assistito nei sistemi sanitari e negli ospedali.
In Romandia, i Cantoni di Ginevra, Neuchâtel, Vaud e Vallese hanno emanato leggi che disciplinano in particolare l’accesso al suicidio assistito nelle istituzioni pubbliche. Nel Canton Zurigo, le case di riposo e le case di cura pubbliche sono tenute a tollerare il suicidio assistito, ma non, ad esempio, gli ospedali, gli istituti psichiatrici o le carceri. Altri Cantoni hanno consapevolmente rinunciato a stabilire regole proprie e si rifanno al diritto federale.
Richiesta degli esperti di etica
Dopo il primo utilizzo di una capsula per il suicidio in Svizzera un anno fa nel Canton Sciaffusa, gli esperti di etica si sono pronunciati a favore di una regolamentazione e di una sorveglianza più severe. Già nel 2005 e nel 2006, la Commissione nazionale d’etica in materia di medicina umana (CNE) aveva chiesto la creazione di una normativa giuridica dettagliata. Questa doveva includere in particolare un obbligo di sorveglianza delle organizzazioni di aiuto al suicidio, cosa che non è stata fatta.
Attualmente, in Svizzera, l’aiuto al suicidio è punibile solo se motivato da egoismo. Secondo gli esperti, negli ultimi anni nella Confederazione si è registrato un forte aumento dei casi di suicidio assistito. Tuttavia, questi rappresentano meno del 2% di tutti i decessi. Altre forme di eutanasia, ad esempio la rinuncia o l’interruzione delle misure di sostegno vitale, sarebbero praticate molto più frequentemente.
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