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Corona Leaks, Alain Berset “non sapeva”

alain berset pensieroso
Il direttore del DFI non sapeva delle indiscrezioni, ma non ha fatto nulla per fermarle. Keystone / Anthony Anex

Nel corso della pandemia Alain Berset ignorava che dal Dipartimento federale dell'interno (DFI) uscissero indiscrezioni sulle riunioni del Consiglio federale e in particolare sulle misure anti-Covid che il Governo si accingeva a mettere in vigore. Queste le conclusioni dell'indagine sui cosiddetti Corona Leaks.

Le indiscrezioni relative agli affari del Dipartimento federale dell’interno (DFI) e del Consiglio federale durante la pandemia di Covid-19 trapelate sono molte. Secondo un rapporto non vi sono però indizi che Alain Berset abbia commissionato queste rivelazioni.

L’indagine sui cosiddetti Corona-Leaks – che ha riguardato tutte le “soffiate” provenienti dal Consiglio federale e dall’amministrazione – è stata condotta da un gruppo di lavoro di sei persone istituito a gennaio dalle Commissioni della gestione (CdG) del Parlamento. I risultati sono stati presentati venerdì a Berna.

Nel loro lavoro le CdG si sono rigidamente attenute alla separazione dei poteri, rinunciando a chiedere gli atti ancora sigillati del Tribunale dei provvedimenti coercitivi, è stato precisato dagli oratori. Al momento dell’indagine diversi documenti erano peraltro già stati distrutti – in particolare l’ex responsabile delle comunicazioni di Berset, Peter Lauener, aveva cancellato le sue email private – o comunque non erano più disponibili.

Le fonti si sono rivelate estremamente lacunose. In generale le CdG hanno constatato che le indiscrezioni “hanno portato a una perdita di fiducia in seno al Consiglio federale, con ripercussioni concrete sui suoi processi decisionali”.

Fuoriuscita continua di informazioni

Il rapporto presentato venerdì conferma che gli affari del Consiglio federale sono stati regolarmente oggetto di indiscrezioni: diversi media disponevano con particolare frequenza di informazioni classificate e le diffondevano. Cosa certa – secondo i relatori – è che il CEO di Ringier AG, Marc Walder, abbia ricevuto informazioni classificate come riservate da Peter Lauener. La valutazione della copertura mediatica tuttavia “non ha rivelato alcuna indicazione dell’uso delle informazioni trasmesse nel servizio”.

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Berset era, sì, a conoscenza di questi scambi, ma non sono stati trovati indizi del fatto che fosse al corrente del loro contenuto. “Giuridicamente parlando – ha precisato il liberal-radicale neocastellano Philippe Bauer, presidente della CdG del Consiglio degli Stati (la Camera alta del Parlamento) e del gruppo di lavoro – non è stato possibile stabilire il legame di causalità tra l’indiscrezione e il risultato pubblicato nei media. La nostra conclusione è che Berset non sapeva e non ha mentito al Consiglio federale”.

Tuttavia per le CdG è difficile capire perché il ministro della salute, a conoscenza di questi contatti e delle numerose e ripetute indiscrezioni riguardanti gli affari del suo dipartimento, non abbia adottato alcuna misura specifica. Nel loro rapporto scrivono che vi è l’impressione che presso il DFI “informazioni classificate o non pubbliche fossero trattate con leggerezza”.

Migliaia di articoli

Il lavoro del gruppo di lavoro è stato certosino: gli articoli pubblicati nel periodo in rassegna sono stati migliaia. Il focus è stato posto su quelli relativi alle 50 sedute del Governo tenutesi nella fase calda della pandemia pubblicati dai media stampati. È emerso che gli articoli redatti sulla base di soffiate erano circa 200, riguardanti 38 delle 50 sedute del Consiglio federale: solo 12 riunioni sono risultate “incontaminate”.

Le indiscrezioni possono essere classificate in tre ondate principali: marzo 2020 (prima fase della pandemia), dicembre 2020 (seconda ondata) e settembre 2021 (introduzione dei certificati Covid), ha precisato il consigliere nazionale democentrista (destra conservatrice) basilese Thomas de Courten, membro del gruppo.

Sono stati soprattutto i media in lingua tedesca, in particolare dei gruppi Ringier e Tamedia, a trarre vantaggio dalle indiscrezioni dell’amministrazione federale e a ottenere informazioni riservate. Blick, SonntagsBlick, Tages-Anzeiger e SonntagsZeitung hanno infatti pubblicato ciascuno circa una sessantina di articoli basati su indiscrezioni; mentre per la Svizzera italiana l’appendice al rapporto menziona solo una manciata di articoli del Corriere del Ticino e de laRegione.

Esecutivo troppo lento nel reagire

Oltre a ciò il gruppo ha visionato per quanto possibile le email professionali e private di numerose persone, tra cui Berset e Lauener. “Abbiamo voluto mantenere le cose proporzionate. Non è possibile controllare tutti gli indirizzi email privati e pubblici di tutti coloro che potrebbero essere stati coinvolti nella vicenda”, ha precisato Bauer.

Le CdG si rammaricano che, nonostante la perdita di fiducia chiaramente percettibile in seguito alle numerose indiscrezioni trapelate durante la pandemia, il Consiglio federale abbia affrontato la questione solo nel gennaio 2023. Nel rapporto pubblicato venerdì rivolgono quindi nove raccomandazioni al Governo, il quale dovrà presentare il suo parere entro il 2 febbraio 2024.

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