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Come proteggere la propria agricoltura, il caso del burro

Un panetto di burro.
Ogni anno ogni residente in Svizzera consuma più di cinque chilogrammi di burro. Keystone / Steffen Schmidt

L’agricoltura è ancora il solo settore economico nel quale vige un certo protezionismo. I Paesi, con l'avallo dell’Organizzazione mondiale del commercio, tramite dazi e contingenti scoraggiano le importazioni. È il caso anche del burro che in questi giorni ha fatto parlare in Svizzera.

Se il mercato interno produce abbastanza burro non deve essere importato dall’estero. Si può riassumere così una mozione della zurighese Meret SchneiderCollegamento esterno, discussa in Consiglio nazionale, che vuole proteggere ulteriormente i produttori elvetici di latticini.

La mozione della Verde zurighese, accetta dalla maggioranza del plenum, chiede in breve alla Confederazione di modificare le condizioni d’autorizzazione per l’importazione di burro: in caso di disponibilità all’interno del Paese non deve essere permessa alcuna importazione dall’estero. L’equazione sembra semplice. Ma non lo è.

La rivincita del burro 

Le persone residenti in Svizzera, poco più di 8 milioni, consumano in un anno 5,2 Kg di burro a testa (dato relativo al 2021). Dopo l’ostracismo che ha subito a causa delle campagne “anti-grassi”, il burro sta vivendo una seconda giovinezza. Nell’UE il consumo medio pro-capite è di 4,2 Kg, anche se l’Italia, che predilige l’olio d’oliva, ha un consumo pro-capite di soli 2 Kg.

Nel 2021 i contadini elvetici hanno prodotto 39’700 tonnellate di burro: sebbene la domanda di burro resti forte o addirittura sia in aumento, la produzione indigena scende costantemente ogni anno e non basta più per coprire il fabbisogno del mercato interno. Questo perché la materia prima, il latte, viene soprattutto utilizzata per la produzione di formaggio. (Tutti i dati su latte e derivati in SvizzeraCollegamento esterno).

“Il Covid che ha costretto le persone a vivere e lavorare da casa – ci dice Reto Strebel responsabile all’Ufficio federale dell’agricoltura del settore importazioni ed esportazioni – ha decisamente influito sull’aumento del consumo di burro. A causa di questo mutamento di abitudini abbiamo dovuto incrementare la quantità di burro importato dall’estero.”

Infatti, sempre nel 2021, la domanda di burro in Svizzera è stata decisamente superiore alla produzione indigena, toccando quota 45’878 tonnellate. L’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG) – prosegue Strebel – ha così aumentato il contingente doganale 2021 per l’importazione di burro di 6’100 tonnellate.

Contingenti e dazi doganali

Cosa significa aumentare il contingente doganale? L’agricoltura elvetica è fortemente protetta dalla concorrenza estera. A questo scopo la Confederazione utilizza due strumenti particolari: i dazi doganali e i contingenti.

“I contingenti doganali permettono di importare un determinato prodotto a condizioni favorevoli”.

Reto Strebel, responsabile del settore importazioni ed esportazioni all’UFAG

“La Svizzera – sottolinea Michèle Däppen, responsabile del settore relazioni commerciali internazionali dell’UFAG – non è il solo Paese che attua dei contingenti, che tra l’altro esistono solo per i prodotti agricoli. Questi contingenti prima o poi scompariranno. All’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), al momento dei negoziati si è infatti voluto fare un passo intermedio. In futuro si arriverà a togliere quest’ultima misura di protezione del mercato interno”.

Per il momento, però, i contingenti esistono e sono validi: essi costituiscono una limitazione quantitativa: dall’estero è ammesso importare solo una certa quantità di un determinato prodotto.

Ogni anno la Confederazione, fissa un contingente di burro, e in generale di latticini (o ancora più in generale di prodotti agricoliCollegamento esterno) che possono essere importati in Svizzera durante un anno solare.

Se si importa all’interno di questi contingenti, i dazi doganali da pagare da parte dell’importatore sono modici per non dire nulli. Al di fuori di questi contingenti, i dazi applicabili (sui prodotti lattieri vige un dazio minimo del 154,4%) sono nettamente più elevati.

“L’obiettivo di avere dazi doganali decisamente alti – chiarisce Michèle Däppen – è quello di scoraggiare e impedire completamente le importazioni”. Solo per fare un esempio, aggiunge Reto Strebel, “se si vuole importare del burro fuori contingente, esso costa circa 16 franchi al chilo (invece di meno di sei franchi). Un prezzo non sostenibile. Sebbene esorbitanti, questi dazi non scoraggiano proprio tutti: esiste anche un’importazione fuori contingente, un burro irlandese, ad esempio, venduto da un dettagliante del lusso”.

“I contingenti, che permettono di importare un determinato prodotto a condizioni favorevoli, sono fissati dall’ordinanza concernente l’importazione di prodotti agricoliCollegamento esterno. Per il burro – ricorda Strebel – si tratta di una quantità davvero minima, 100 tonnellate. Tanto per capire, è il consumo di burro in una giornata in Svizzera. E queste 100 tonnellate esenti da dazi, previsti dall’ordinanza, devono per forza essere concessi”.

Ma, come capita ormai da anni, queste 100 tonnellate supplementari – sommate alla produzione elvetica – non sono sufficienti per coprire il fabbisogno di burro in Svizzera. È in questo momento che il contingente doganale di burro viene aumentato. Ma come funziona? Ci risponde ancora Reto Strebel: “L’IP Latte – l’interprofessionale del latteCollegamento esterno – si occupa delle importazioni di burro ed è responsabile di esaminare costantemente la situazione dell’approvvigionamento in burro e, in caso di approvvigionamento insufficiente, presenta a noi dell’UFAG una domanda di aumento del contingente doganale parziale”.

L’obiettivo dell’Accordo dell’OMCCollegamento esterno del 1995 sull’agricoltura (siglato durante l’Uruguay Round che ha visto la nascita dell’attuale OMC) è riformare il commercio agricolo per creare condizioni di mercato più competitive e norme commerciali eque. L’accordo prevede una progressiva riduzione del sostegno agricolo e della protezione doganale. Dal profilo tematico, l’accordo agricolo è costituito dai tre pilastri seguenti: sostegno interno, accesso al mercato e competitività all’esportazione.

Nel nostro caso, si parla di ‘accesso al mercato’: gli Stati membri si sono impegnati a trasformare tutte le misure di protezione doganale in dazi e a ridurre i dazi sui prodotti agricoli. Parallelamente l’accordo sull’agricoltura prevede un meccanismo di salvaguardia speciale che consente, in casi estremi, di aumentare temporaneamente i dazi sulle importazioni di determinati prodotti agricoli. Soltanto gli Stati membri che si sono riservati questo diritto possono ricorrere al meccanismo di salvaguardia speciale. La Svizzera è uno di questi. Per questo motivo nell’ambito dell’accesso al mercato la Svizzera non ha ridotto i dazi sui prodotti agricoli. Cosa che però a lungo termine dovrà fare.

Anche partendo da questo caso particolare del burro, si è inclini a pensare che l’agricoltura elvetica sia particolarmente protetta dalla Confederazione. Se però guardiamo ai negoziati tenutisi in seno all’OMC, che volevano creare condizioni di mercato più competitive e norme commerciali più eque, con una progressiva riduzione del sostegno agricolo e della protezione doganale, si capisce, sottolinea ancora Michéle Däppen che “la Svizzera non è il solo Paese che prevede contingenti. Anche l’UE e tantissime altre nazioni se ne avvalgono”. In generale ricorda Däppen, “ogni Paese definisce i prodotti che vuole ‘proteggere’. Sempre e solo in ambito agricolo. La Svizzera ne ha 28, tenendo presente che un contingente riguarda ad esempio tutti i latticini, e non un singolo prodotto, come il burro. L’UE ha molti più contingenti della Svizzera, ma ripeto, ogni Paese ha negoziato e definito i propri contingenti”.

“L’obiettivo dei dazi doganali che sono decisamente alti è quello di impedire completamente le importazioni”.

Michèle Däppen, responsabile del settore relazioni commerciali internazionali dell’UFAG

Quando però il settore agricolo interno non produce a sufficienza per coprire i bisogni elvetici – anche semplicemente a causa delle condizioni meteorologiche sfavorevoli – si può sempre chiedere di aumentare questi contingenti, tenendo presente che il processo dalla domanda definitiva del settore fino all’effettiva liberazione di un contingente supplementare da parte dell’UFAG dura circa sei settimane.

Questo lasso temporale tra la richiesta di aumentare i contingenti e la loro liberazione è importante da tenere presente per capire meglio la mozione Schneider e la risposta del Consiglio federale.

Mozione Schneider

Al momento di inoltrare la mozione (ottobre del 2021), Meret Schneider parte da un esempio concreto. “Il 20 settembre 2021 – scrive la consigliera nazionale zurighese – sono state importate 900 tonnellate di burro per la società Mondelez, successivamente trasformate nel famoso Toblerone”. Questa importazione sarebbe stata permessa sebbene, a suo dire, “in Svizzera fosse disponibile una quantità sufficiente di burro”. Secondo Schneider, si tratta di un esempio tra tanti di domande d’importazione autorizzate che mettono sotto pressione il prezzo del latte svizzero, il che va a scapito soprattutto dei piccoli contadini.

Il Governo federale ha risposto che a livello pratico non è possibile autorizzare importazioni di burro soltanto se non è più disponibile burro indigeno. Viste le scadenze di consegna (come anticipato, dalla domanda di aumento del contingente doganale alla liberazione del contingente ci vogliono 6 settimane almeno) in Svizzera si rischierebbe di restare senza burro per diverse settimane.

Per questo motivo l’esecutivo ha chiesto di rigettare la mozione che però è stata accolta dal Consiglio nazionale con 107 voti contro 71 (9 gli astenuti). Ora il dossier passa al Consiglio degli stati. Se la mozione dovesse passare anche alla Camera alta, scrive l’esecutivo federale, “sarebbe necessario modificare l’intero disciplinamento del mercato lattiero”.

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