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Cambio in vista alla testa della Banca nazionale

Thomas Jordan esce dal palco.
Jordan se ne andrà a fine settembre. KEYSTONE/© KEYSTONE / ANTHONY ANEX

Il presidente Thomas Jordan ha annunciato che lascerà l'incarico alla BNS il prossimo 30 settembre.

Entrato alla Banca nazionale svizzera nel 1997, Thomas Jordan ha assunto la presidenza dell’istituto centrale nel gennaio 2012, dapprima in forma provvisoria e, tre mesi dopo, come presidente a tutti gli effetti della Direzione generale.

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In una nota il dirigente sessantenne ha detto che, “superate le svariate sfide degli ultimi anni, è giunto ora il momento giusto per dimettermi”.

“Un grande privilegio”

Thomas Jordan ha anche riconosciuto che “è stato un immenso privilegio poter servire la Banca nazionale e l’interesse generale del Paese” e ha rivolto al Consiglio federale, al Parlamento e alla popolazione “un sentito ringraziamento per la grande fiducia riposta nella Banca nazionale e per averne preservato il mandato e l’indipendenza”.

+ Cinque anni di lotta al franco forte

Da parte sua il Consiglio di banca e la Direzione generale, nel prendere atto “con grande rammarico di questa decisione, manifestano a Thomas Jordan un sentito ringraziamento per lo straordinario impegno profuso in tanti anni nell’interesse di una politica monetaria votata alla stabilità e per gli eccellenti servizi resi alla Banca nazionale e al Paese, augurandogli fin da oggi ogni bene per il futuro”.

Affrontate diverse crisi

Sono state comunque numerose le sfide che Thomas Jordan ha dovuto affrontare durante la sua presidenza. A cominciare dalla soppressione del cambio minimo tra franco svizzero ed euro a inizio 2015, con l’obiettivo di mantenere il controllo sulla propria politica monetaria, assicurandone l’efficacia. Una decisione che ha avuto ripercussioni sul mondo dell’economia e provocato un apprezzamento della valuta elvetica.

+ La BNS e le sue ingenti perdite

Vi è poi stato il crollo dell’economia mondiale provocato dalla pandemia nel 2020. E non da ultimo il salvataggio, coordinato con il Governo, del Credit Suisse in piena crisi, attraverso l’intervento dell’altra grande banca svizzera UBS.

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