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Alcune verità sulla carne coltivata in laboratorio

Un piatto servito in un ristorante con della carne.
Un filetto di manzo classico. Presto lo si potrà mangiare anche coltivato in laboratorio. Keystone / Jason Redmond

Il divieto di produzione e vendita della carne coltivata, in Italia è realtà. Il Governo Meloni ha recentemente approvato un disegno di legge (DDL) in tal senso. Sul tema si sono state espresse molte opinioni pro e contro, creando spesso della confusione. Vediamo di fare un po’ di chiarezza.

Sostenibilità ambientale, sicurezza alimentare, benessere animale e disponibilità di cibo a prezzi accessibili: per il mondo scientifico sono tanti i vantaggi del cibo coltivato in laboratorio. Altri la vedono totalmente all’opposto, come la Coldiretti, secondo la quale la carne “sintetica” (meglio chiamarla “carne coltivata”) è rischiosa per la salute, dannosa per l’ambiente, consuma più energia e inquina di più. Coldiretti ritiene inoltre che gli alimenti creati in laboratorio siano una pericolosa deriva sostenuta da importanti campagne di marketing che “tendono a nascondere i colossali interessi commerciali e speculativi in ballo per esaltare invece il mito della maggior sostenibilità rispetto alle tradizionali attività di allevamento e pesca”.

Intanto il mercato mondiale di carne coltivata ha già registrato investimenti pari a 1,3 miliardi di euro, con aziende e startup (tra cui la svizzera Mirai Foods) che dal 2016 al 2022 sono aumentate da 13 a 117 e una stima di produzione per il 2030 pari a 2,1 milioni di tonnellate. (Nel 2020 Singapore è stato il primo Paese al mondo ad autorizzare il commercio di crocchette di pollo realizzate coltivando cellule animali).

Schema sul processo di produzione della carne coltivata.
PLACEHOLDER Kai Reusser / swissinfo.ch

Nell’ipotesi che l’Unione europea possa presto approvare il cibo sintetico, Coldiretti Collegamento esternoha lanciato alla fine dello scorso anno una petizione per promuovere una legge per vietare la produzione, l’uso e la commercializzazione del cibo sintetico in Italia. Una petizione che in breve ha raccolto oltre mezzo milione di firme e che ha portato alla proposta di disegno di legge del governo.

Moretti è Research Field Leader in Nutrizione e Dietetica presso il FFHS Collegamento esternoda settembre 2018. Dal 2013 al 2018 ha lavorato come ricercatore associato e assistente senior presso il Laboratorio di Nutrizione Umana del Politecnico di ZurigoCollegamento esterno. In precedenza, ha studiato scienze alimentari al Politecnico di Zurigo e ha completato il dottorato di ricerca nel campo della prevenzione della malnutrizione, con particolare attenzione agli oligoelementi. Ha progettato, condotto e pubblicato più di 20 studi clinici sulla nutrizione umana come nutrizionista presso la Unilever Research and Development di Vlaardingen, l’Università di Wageninen in Olanda e il Politecnico di Zurigo.

Contemporaneamente alla raccolta di firme, Coldiretti ha pubblicato un opuscolo con delle informazioni sul cibo creato in laboratorio. Vediamo se queste informazioni sono corrette. E lo facciamo con il ricercatore Diego Moretti:

La carne coltivata non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche.

In parte FALSO

Per i primi prodotti, nella fase pilota e anche per gli studi apparsi sui giornali scientifici, si usava in effetti il siero fetale del vitello per ottenere questo tipo di prodotto. Si sapeva però che questo sarebbe stato solo un passo intermedio. Oggi le ditte che producono queste carni sostengono che hanno sviluppato una tecnologia che permette di produrre carne coltivata senza l’utilizzo del siero fetale. Va aggiunto anche che se la carne coltivata fosse tuttora prodotta a partire dal siero fetale di vitello, i costi di produzione sarebbero insostenibili.

Ilmmanifesto di Coldiretti contro la carne coltivata.
@Coldiretti

Non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali.

Piuttosto FALSO, resta per ora una questione aperta.

Complicato in questo caso dare una risposta. Questi processi in parte non esistono ancora. Sono sperimentali. Se dovessero prima o poi trasformarsi in processi su vasta scala, è presumibile pensare che saranno più efficaci degli allevamenti tradizionali. È come pensare a un computer degli anni ’80 del secolo scorso. Una calcolatrice odierna funziona meglio. Ma le potenzialità erano già presenti del vecchio computer. Oggi non c’è gara tra una calcolatrice e un computer.

È anche vero che per un chilo di carne bovina servono in media 11’500 litri di acqua. Secondo Environmental Impacts of Cultured Meat Production, per la stessa quantità di carne coltivata bastano circa 500 litri di acqua. La ricerca dimostra anche che il consumo di suolo si riduce del 99%. La coltivazione della carne in laboratorio richiede però un notevole dispendio di energia, perché è necessario mantenere una temperatura costante di 37 gradi all’interno del bioreattore per consentire alle cellule staminali di proliferare. 

Al momento la carne coltivata è un prodotto in via di sviluppo per cui fare un bilancio sul consumo di acqua ed energia è assai complicato.

Non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare.

Piuttosto FALSO, fino a prova contraria

È chiaro che si tratta di prodotti nuovi, per cui non possiamo ancora conoscere la risposta esatta. Però a livello di biologia sono anch’esse cellule di animali come quelle che consumiamo mangiando la carne allevata al 100%. Ci sono rischi? Non ci sono, a priori, motivi per cui prodotti da colture cellulari potrebbero presentare rischi diversi rispetto a quelli da allevamento tradizionale. Al contrario ci sono molte ragioni per dire che le carni coltivate sono più sicure in quanto non contengono ormoni né antibiotici, non c’è il rischio di contaminazione da parte di organismi patogeni. La coltivazione avviene infatti in un ambiente sterile e controllato.

Non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore, utilizzando cellule impazzite.

VERO e FALSO

Per la produzione di questa carne si utilizza effettivamente un bioreattore. Ma di cosa si tratta? È semplicemente una “pentola” che fornisce un ambiente adeguato alla crescita di organismi biologici dove sono costantemente controllati temperatura, pressione e soprattutto ossigeno. Nel nostro caso riproduce le stesse condizioni del corpo animale. Solo per fare un esempio, il lievito per fare la pizza a casa è prodotto in un bioreattore. Così come il quorn per le diete vegetariane. È anche vero però che fino ad ora il bioreattore era utilizzato soprattutto dall’industria farmaceutica e non dall’industria alimentare.

Per quanto riguarda le cellule impazzite, non si tratta certo di un linguaggio scientifico. Probabilmente suggerisce che si utilizzano cellule cancerogene, cosa assolutamente falsa.

Non è neppure carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato.

In parte FALSO e in parte VERO

Dipende dalla definizione di “carne” e di “sintetico”. Se per cibo sintetico si intende principalmente la carne coltivata in laboratorio a partire da cellule staminali estratte da cellule di animali vivi o da carne fresca e fatte sviluppare in bioreattori, allora è vero.

Per contro si tratta pur sempre di carne a tutti gli effetti: a livello cellulare, infatti, la carne coltivata è fatta di cellule animali proprio come la carne allevata. E questo anche a livello di DNA. Non cambia dunque nulla: si tratta di carne a tutti gli effetti. Il processo di crescita naturalmente è completamente diverso considerato che le cellule staminali vengono moltiplicate in un bioreattore.

Una volta raccolte le cellule staminali tramite biopsia da mucche vive o da un pezzo di carne fresca, vengono isolati diversi tipi di cellule (ad esempio cellule muscolari e grasse). Le cellule vengono poi inserite in un macchinario chiamato bioreattore, dove crescono e si riproducono. Tale tecnologia utilizza i principi molto complessi della coltivazione delle cellule e dell’ingegneria dei tessuti. Questo rende la produzione molto costosa.

La coltivazione della carne in laboratorio richiede anche un notevole dispendio di energia, perché è necessario mantenere una temperatura costante di 37 gradi all’interno del bioreattore per consentire alle cellule staminali di proliferare.

Quando le cellule si sono riprodotte, vengono distribuite su degli “stampi” per stimolarle a differenziarsi in tessuti connettivi, muscoli e grassi. A questo punto, le cellule possono essere combinate per formare il taglio di carne desiderato, come una bistecca o un filetto.

Fonte: Carne coltivata: rivoluzione o fumo negli occhi? 

Per concludere in breve, nelle dichiarazioni di Coldiretti c’è sempre qualcosa di vero ma il tono, che fa la musica, è esagerato.

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