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“Aiutare l’industria dell’acciaio è un errore. S’impedisce la trasformazione”

Aymo Brunetti, professore di economia all'università di Berna
Aymo Brunetti, professore di economia all'università di Berna. Keystone-SDA

Sovvenzionare l'industria siderurgica è un errore, perché si impedisce la necessaria trasformazione del settore e si rischia di favorire una cultura dell'aiuto statale che porta all'inefficienza.

È il pensiero di Aymo Brunetti, professore di economia all’università di Berna ed ex capo della Direzione della politica economica della SECO, la Segreteria di Stato dell’economia.

La decisione del Parlamento di accordare un aiuto alle imprese siderurgiche ritenute strategiche “è rappresentativa di una questione più ampia: quella della politica industriale”, afferma il 61enne in un’intervista pubblicata oggi dal periodico economico romando L’Agefi. “Stiamo assistendo a una rinascita della politica industriale, in Europa ma anche su scala più globale. Finora la Svizzera ha resistito ampiamente a questa tendenza e credo che questo sia un fatto molto positivo”.

“Sovvenzionare un’industria in declino impedisce l’importante processo di ristrutturazione economica”, argomenta l’esperto. “La giustificazione di questi aiuti è che l’industria è strategica, ma la realtà è che i prodotti metallurgici possono essere facilmente acquistati altrove. Se iniziamo a pensare che ogni settore possa essere strategico finiremo per dire che il 70% dell’economia elvetica ha una natura strategica, il che è assurdo. Ciò equivarrebbe a dire che nessuna azienda dovrebbe fallire, cosa che rappresenta una strada diretta verso l’inefficienza economica”.

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Vi sono comunque resistenze alle ultime novità. “La politica industriale rimane molto controversa nel nostro paese, soprattutto nella Svizzera tedesca”, si rallegra lo specialista con studi a Basilea e all’università di Harvard (USA). “Agli eventi a cui partecipo vedo un forte consenso contro questi tipi di intervento statale. Spero sinceramente che tale esempio di sostegno all’industria siderurgica rimanga un’eccezione”.

A suo avviso il rischio è infatti che la decisione delle camere federali possa creare un pericoloso precedente. “Qualsiasi impresa in difficoltà potrebbe ora chiedere aiuto in base alla sua importanza per l’economia regionale o nazionale. Questo porterebbe a una spirale di inefficienza che la Svizzera è riuscita a evitare fino ad ora, ad eccezione del ramo dell’agricoltura, che è un caso particolare”.

“Sono piuttosto ottimista perché, secondo la mia esperienza, la maggioranza dei politici e dei cittadini svizzeri capisce che la politica industriale è un approccio sbagliato”, sostiene l’economista che nel 2009-2010 ha fatto parte della commissione di esperti istituita dal Consiglio federale per studiare il problema delle banche troppo grandi per fallire. “Inoltre, gli aiuti all’industria siderurgica sono stati il risultato di un’intensa attività di lobbying e hanno comunque incontrato una solida opposizione, il che mi fa sperare che questa misura rimanga un caso isolato. È politicamente difficile formare una coalizione duratura a sostegno di questo tipo di politica, poiché richiede alleanze tra destra e sinistra”, conclude il saggista autore di diversi libri di natura economica nonché padre di famiglia.

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