Il primo studio sulla materia punta il dito sulla distruzione in Ticino di documenti su casi di abuso sessuale in strutture cattoliche della regione.
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TVS/tins con RSI
Il progetto era stato annunciato nel 2022 dalla Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS). Un gruppo di ricerca presso il Seminario storico dell’Università di Zurigo ha indagato negli archivi della Chiesa cattolica su casi di abusi sessuali.
Oggi sono stati annunciati i risultati dell’indagine, la prima di questo genere nel Paese. Gli episodi di cui si sia trovata traccia negli archivi a partire dal 1950 riguardano 510 aggressori e 921 vittime, che in tre casi su quattro (74%) erano minorenni: salvo rare eccezioni, i reati risultano commessi da uomini. “È solo la punta dell’iceberg”, ha commentato la storica Marietta Meier, che ha diretto i lavori insieme alla collega Monika Dommann con il supporto della Società svizzera di storia (SSS).
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Abusi nella Chiesa, oltre 900 vittime “ma è solo la punta dell’iceberg”
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Documentati oltre mille abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica in Svizzera dalla metà del secolo scorso.
Alla conferenza di presentazione dei risultati martedì, è emerso in particolare il comportamento della Chiesa cattolica del canton Ticino. La diocesi di Lugano è stata oggetto di pesanti accuse, per essersi contraddistinta per la tenacia nel distruggere documenti probatori su presunti casi di abusi sessuali nelle strutture ecclesiali presenti nel suo territorio. Sono solo quattro, su 1’002, i casi che il gruppo di ricerca ha potuto ricostruire in relazione al cantone italofono a sud delle Alpi.
I ricercatori ora chiedono accesso agli archivi di collegi e scuole cattoliche ticinesi, mentre da più parti si è sottolineata l’esigenza che, data la cancellazione di prove su episodi avvenuti nel cantone, in Ticino si vada a fondo della questione con indagini mirate sul territorio, alla ricerca di potenziali vittime.
I servizi del Telegiornale della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana RSI, con un’intervista al vescovo di Coira Joseph Bonnemain e alla Consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, responsabile del dicastero federale della Giustizia.
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