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Hong Kong, dichiarata “morta” la legge sull’estradizione

Carrie Lam al microfono
Carrie Lam ammette un "fallimento totale", ma il progetto, formalmente, non è stato ancora ritirato. Keystone / Vivek Prakash

La governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha annunciato martedì la "morte" del progetto di legge sull'estradizione verso la Cina, testo che ha scatenato un ondata di proteste di piazza a cui hanno partecipato milioni di persone. Le rassicurazioni, però, non convincono i manifestanti.

Nel suo discorso più conciliante dall’inizio delle proteste, la governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha riconosciuto che i suoi sforzi per far adottare il testo sono stati “un fallimento totale” e ha affermato che il governo non rilancerà l’iter parlamentare.

“Il progetto di legge è morto”, ha detto in conferenza stampa, senza però parlare di un ritiro puro e semplice del progetto. Per questa ragione i manifestanti non sono convinti ed esigono che il testo sia ritirato dall’ordine del giorno del Consiglio legislativo, il Parlamento locale. Fino ad allora le proteste continueranno. A metà giugno le discussioni sul tema in sede legislativa sono state sospese a tempo indeterminato.

Secondo Joshua Wong, volto dell’immenso movimento pro-democrazia dell’autunno 2014 e da poco uscito di prigione, quella di Lam è una “menzogna ridicola”, poiché senza un ritiro formale “il testo rimarrà in Parlamento fino al prossimo luglio”.

 Le proteste stanno proseguendo da diverse settimane nell’ex colonia britannica, la quale sta attraversando una profonda crisi politica. Le manifestazioni, perlopiù pacifiche, sono segnate comunque da qualche episodio di violenza tra le forze dell’ordine e gli attivisti più radicali. 

A far scendere in piazza i milioni di persone scese è stato il testo sull’estradizione verso la Cina, ma la protesta ha ottenuto un carattere più ampio e contrario all’erosione della libertà democratica nel territorio semi-autonomo. 

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