Il francese arrestato a Mosca per spionaggio rischia fino a cinque anni di carcere
Si tratta di un cittadino francese e collaboratore di una organizzazione non governativa (ONG) di Ginevra molto vicina al CICR e finanziata dal Dipartimento federale degli affari esteri. Un doppio avvertimento a Parigi e Berna a pochi giorni dalla conferenza di pace per l'Ucraina? Il DFAE lo esclude.
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tvsvizzera.it/MaMi/Keystone-ATS
Un ricercatore francese è stato fermato ieri a Mosca con l’accusa di spionaggio. Un fermo che è stato poi tramutato in arresto fino al 5 agosto. Lo riferisce l’agenzia di stampa non governativa russa Interfax.
L’uomo è impiegato nel Centro per il dialogo umanitario (Centro HD) di Ginevra. Si tratta di un quarantenne che, per questa istituzione diplomatica, lavora come consulente sulla Russia e sull’intera regione.
È accusato di non essersi registrato come agente straniero e di avere raccolto informazioni sulle attività militari della Russia. Il tribunale moscovita Zamoskvoretski ha preso la decisione su richiesta degli inquirenti, nonostante l’imputato si fosse “scusato” per non essersi registrato e avesse detto di aver “sostenuto la posizione della Russia” con la sua attività. L’uomo rischia fino a cinque anni di carcere.
Il servizio del TG della RSI:
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La conferma da Ginevra
In una breve dichiarazione ai media, il Centro HD ha stamane confermato che il suo dipendente è effettivamente la persona arrestata e ha precisato che sta “lavorando per ottenere maggiori informazioni sulle circostanze e per ottenere il rilascio” del francese.
In passato, questo ricercatore ha collaborato anche con altre organizzazioni con sede a Ginevra, come il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e lo Small Arms Survey.
Il Centro HD è coinvolto in numerosi colloqui e dialoghi di pace in vari Paesi. In Ucraina, l’istituzione ha avviato un dialogo su un accordo sulle esportazioni di cereali ucraini e fertilizzanti russi, finalizzato dalle Nazioni Unite a sbloccare il flusso di prodotti alimentari, in particolare verso l’Africa. Secondo l’ONU, questo approccio ha contribuito a evitare una crisi alimentare globale nel primo anno di guerra.
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