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Il fiume Negro che esce dal buio

Discesa in una grotta (Archivio)
© Keystone / Gian Ehrenzeller

Tre donne unite per scoprire i segreti della vita nel cuore delle grotte di Petrosa-Auletta.

“Sapete perché è importante fare ricerca unendo l’archeologia, la geologia fino ad arrivare all’ecologia e quindi all’ambiente? Perché questo ci offre una visione a 360 gradi del luogo in cui viviamo e ci permette di conoscerlo e proteggerlo meglio”.

A parlare è Rosangela Addesso, 30 anni, scienziata ambientale ed ecologa, specializzata in vermicolazioni in grotta e gestione sostenibile del turismo speleologico. Completano il team di lavoro: Simona Cafaro, 36 anni, geologa con un dottorato in geologia morfologica carsica e Filomena Papaleo, 30 anni, archeologa specializzata in archeologia medievale.

Le loro ricerche si incrociano nelle grotte di Pertosa-AulettaCollegamento esterno, situate nel parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, gestite dalla Fondazione MIdA – Musei integrati dell’ambienteCollegamento esterno. Qui loro studiano il suolo, la micro-vita, la biodiversità e l’archeologia nella cornice delle uniche grotte non marine navigabili in Italia e in Europa, attraversate dal fiume NegroCollegamento esterno.

È proprio in queste grotte che sono stati ritrovati reperti che hanno dimostrato che furono abitate fin dall’età della pietra. L’ingresso della grotta, in epoca greco-romana, fu adibito a santuario e infine in epoca medievale, la grotta fu consacrata a San Michele Arcangelo.

Oggi le grotte ricoprono un ruolo principalmente turistico anche se, come ricorda Addesso, “è importante studiare la vita in grotta perché questi sono ambienti ancora poco conosciuti, dove si possono trovare sempre nuove specie che possono avere un risvolto anche nel campo delle biotecnologie. Pensate alle comunità degli attinobatteriCollegamento esterno che vivono in grotta e vengono utilizzati per la produzione di antibiotici”.

Accanto al lavoro di ricerca storico-archeologica, c’è infine quello dei suoli e geologico. “Uno dei concetti chiave che vogliamo trasferire a tutti è l’importanza del suolo inteso come un contenitore, uno scrigno dei tesori. Il suolo è serbatoio di vita, pensate che in un cucchiaino di suolo ci sono più organismi che sulla superficie terrestre, migliaia e migliaia di organismi che permettono al suolo di essere fertile. Il suolo è qualcosa che non ricade sotto i nostri sensi, ma permette lo svolgimento dei servizi ecosistemici. Per questo va studiato e protetto”, conclude Rosangela Addesso.

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